10 giugno 2004

Il caso Kurtz

 
Il Critical Art Ensemble, collettivo artistico di fama mondiale, indagato con l’accusa di bioterrorismo, in un paese le cui libertà cadono vittima di una legislazione nata dalla paura. Una vicenda assurda, che racconta dello stato dell’arte al tempo della guerra globale. Exibart ne ripercorre le tappe. Da quel tragico 11 maggio...

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Quella che segue è la storia di un dramma, insieme umano e collettivo. Il dramma umano è quello di un artista e professore universitario: sua moglie muore nel sonno per un arresto cardiaco, lui chiama il pronto intervento e nel giro di poche ore si ritrova trattenuto dall’FBI con l’accusa di bioterrorismo, la casa sequestrata, il lavoro sequestrato, il corpo della moglie sequestrato. Il dramma collettivo è quello di un paese che, in preda ai propri incubi, finisce per infliggere a se stesso (cioè ai suoi cittadini) nuove ferite, violare diritti di cui va fiero, incapace di distinguere l’arte dal terrorismo.
Il protagonista di questa assurda vicenda si chiama Steve Kurtz, ed è professore associato d’arte all’Università di Buffalo e membro del Critical Art Ensamble, storico collettivo che dagli anni Ottanta opera sul crinale tra arte e attivismo politico. L’opera incriminata si chiama Free Range Grain. Il CAE la definisce un “laboratorio portatile e pubblico per effettuare sui cibi i test necessari a individuare le manipolazioni genetiche più comuni”. Nasce dallo scetticismo sulla applicabilità della recente legge europea che prevede che tutti i cibi siano provvisti di una etichetta che indichi il contenuto; e offre al pubblico che partecipa alla performance la possibilità di controllare da solo la “purezza” dei cibi di cui si nutre quotidianamente. L’opera non nasce da una posizione pregiudizialmente contraria agli OGM: anzi, il motivo principale che ha indotto il CAE, dalla fine degli anni Novanta, a lavorare con le biotecnologie è la constatazione dei numerosi misunderstanding che ne caratterizzano la percezione pubblica. In questa situazione, resistenza culturale significa innanzitutto creazione di consapevolezza: “demistificare la produzione transgenica, neutralizzare la paura pubblica, promuovere il pensiero critico, mettere in discussione la retorica dell’utopia edenica, aprire le aule della scienza, eliminare la specializzazione e i vincoli culturali, ingenerare rispetto per la pratica amatoriale.” Sono parole straordinarie, che restituiscono all’arte una funzione che sembrava aver perso da tempo.
Steve Kurtz
Tecnicamente, Free Range Grain si compone di una strumentazione relativamente semplice, non diversa da quella di qualsiasi università, e assolutamente innocua. Ma se si può ancora capire il sospetto insorto nella polizia locale, verosimilmente incapace di stabilire la natura degli accessori trovati a casa di Kurtz, è difficile farsi una ragione dei due giorni spesi dagli agenti specializzati della Joint Terrorism Task Force per controllare l’attrezzatura; dell’isolamento dell’abitazione e dell’intero quartiere; del sequestro del corpo di Hope Kurtz, restituito 2 giorni dopo; della requisizione degli scritti, del computer e di parti dell’installazione, non ancora restituiti.
E qui si entra nella seconda fase della vicenda, ancora più torbida e inquietante della prima. Sì, perché stabilito che la casa di Kurtz non conteneva nulla di pericoloso, tolti i sigilli e restituito il corpo della moglie, l’FBI non ha affatto chiuso l’indagine, ma l’ha estesa ad altri componenti e collaboratori del collettivo. Così il 15 giugno 2004 Beatrix Da Costa (artista e docente alla University of California), Steve Barnes, Dorian Burr e Beverly Schlee (membri del CAE), Adele Henderson (responsabile dell’Art Departement all’Università di Buffalo) e Paul Vanouse (anch’egli artista e docente a Buffalo) dovranno comparire insieme a Kurtz davanti a un Grand Jury federale per verificare se abbiano o meno violato, secondo l’accusa dell’FBI, lo USA Patriot Act, che proibisce il possesso di materiale biologico se non per la ricerca profilattica o per altro motivo pacifico. Ma che altro motivo si può presupporre in una installazione artistica, presentata in gallerie e altri ambienti istituzionali, e nell’operare totalmente pubblico di un collettivo artistico? “Non capisco perché continuino a investigare”, ha detto Da Costa. “E’ già assurdo che questa indagine sia partita. Il fatto che continui fa positivamente paura, mostrando quanto il Patriot Act abbia resto vulnerabile la libertà di espressione in questo paese.” Crollata l’accusa di bioterrorismo, è quasi inevitabile pensare che l’FBI continui a trovare il CAE interessante per altri motivi. Magari, proprio per le sue “idee impopolari”.
Steve Kurtz
Nel frattempo si è costituito un comitato di difesa che sta organizzando una manifestazione e la raccolta dei fondi per la difesa di Kurtz e del CAE. Alla vicenda si sono interessate alcune importanti testate, come il Washington Post e Newsday.

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domenico quaranta

[exibart]


1 commento

  1. La raccolta di firme è giusta ed opportuna per due motivi: la ricerca non è mai ad appannaggio di alcun partito politico, inoltre chi informa il pubblico sui pericoli degli OGM non deve, e non può essere perseguito. L’unico rammarico è quello di abitare in un paese dove niente è speso per la ricerca, le cifre vengono demagogicamente ventilate come per le estrazioni del lotto, soprattutto in campagna elettorale. L’amerika farebbe bene ad indagare su bush anzichè sperperare i fondi pubblici su presunti casi di terrorismo. Jean

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