14 aprile 2006

fiere_resoconti Transizione MiArt

 
Una minestrina per il grande malato delle fiere italiche. Che avrebbe bisogno di una cura da cavallo. Miart fa notizia soprattutto per l’invasione cinese. Con un orecchio alle aste che si svolgono a NY. Per il resto la kermesse riserva pochi sussulti...

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Il problema di Miart è la terza via. Trovare cioè un modello alternativo credibile ad Artissima di Torino e ad Artefiera di Bologna. Un progetto articolato e niente affatto semplice. Che per forza di cose deve partire dalla città. C’è da stuzzicare l’impegno delle istituzioni, che in tanti anni non sono state in grado, Museo del presente docet, di creare un’offerta adeguata di strutture ed iniziative collaterali, tali da attrarre un interesse realmente internazionale. In buona sostanza MiArt continuerà ad esistere (invece che a resistere) soltanto nella misura in cui la città di Milano –pubblicamente e privatamente- deciderà di ‘realizzarsi’ attraverso le arti visive contemporanee allo stesso modo in cui si realizza attraverso il design, la tecnologiainformatica e la moda.
C’è poi soprattutto da riconquistare la fiducia degli operatori privati i quali, quasi da separati in casa, stanno infoltendo le fila nell’Associazione Start per arrangiarsi da soli e muoversi in autonomia. Opening collettivi, addirittura una vetrina aperta all’Hangar Bicocca, ma fuori dalla fiera. La linea dura l’hanno tenuta molti big milanesi come De Carlo, Raffaella Cortese, Emi Fontana, Curti e Gambuzzi, Kaufmann, Giò Marconi, Pack, Suzy Shammah, Zero, ecc. Così mentre altrove si fanno severe selezioni, qui i galleristi bisogna andare a tirarli per la giacca: solo la metà, di quelli di Start, hanno alla fine ceduto alle lusinghe di Miart. Alcuni, candidamente dichiarano di aver subordinato la loro partecipazione a precise condizioni.
Simon Keenleyside, Lost innocent on a summer evening, 2005, olio su tela, cm. 180x180

Ma siccome Milano rimane una piazza importante, siccome Miart resta la terza fiera italiana, siccome in questo periodo le gallerie nascono come funghi e il mercato tira, alla fine la fiera, in un modo o nell’altro, tra polemiche e malumori, và sempre in scena. E si trovano anche gli entusiasti.
Alcune frecce al suo arco però, ammettiamolo, questa edizione le aveva. Speriamo sia un segno positivo per il futuro. Un futuro all’insegna, per lo meno, della seria programmazione se è vero come è vero che su www.miart.it si possono trovare le date delle prossime fiere sino al 2008. E un futuro che, per lo meno, la finirà di riservare alla fiera continui traslochi da un’area all’altra del quartiere fieristico meneghino: d’ora in avanti MiArt resterà ferma a Fieramilanocity.
Le sezioni Anteprima e Video at Miart sono un tentativo di smuovere le acque e ripensare il modello.

Il grand tour
Riuscita la messa in scena dell’enclave cinese. Da un lato una buona selezione di gallerie cinesi, dall’altro gli italiani che hanno sposato la causa. Emerge subito una considerazione: in Italia si vedono i migliori artisti cinesi. Il lavoro fatto dai nostri operatori è serio e competente.
Arash Radpour, Lugano 1&2, Buenos Aires, 2006, stampa lambda su alluminio, (ed. 3)

Parliamo innanzitutto delle gallerie che a Pechino si sono bilocate, come Marella (Mi), specie per le foto di Ma Liuming, Li Wei e Huang Yan, e la toscana Continua, che presenta un lavoro installativo di Chen Zhen. A loro bisogna aggiungere almeno Lipanjepuntin, che pur avendo scelto Trieste e Roma come sedi, è qui tra gli altri (tutti vendutissimi) con Zhang Huan lanciato a Roma qualche mese fa con una performance organizzata assieme alla ex-amica galleria Pack di Milano. Tra le indigene, segnaliamo invece Shanghart Gallery, per Liang Yue e le sue foto bianche e l’artista cult Zhao Bandi, per le sue famose foto con il panda. Di nuovo foto per Pekin fine art: Zhang Dali ritrae spiazzanti paesaggi in rovina, Wang Quingsong scenari ironici e surreali. Dalla giapponese Hanart TZ Gallery c’è Chen Chieh-Jen con il noto progetto Factory (foto e video) ma anche l’interessante scultore Zhao Guaghwi.
Tornando in Europa, Archeus Austin (UK) dedica lo stand alla trendissima pittura tedesca. I nomi sono quelli di Daniel Richter e Neo Rauch. Risponde la milanese Cannaviello con l’inglese Simon Keenleyside, le cui foreste sono tra le cose migliori viste in galleria negli ultimi mesi. E un altro milanese, Davide Di Maggio, ha un paio di lavori di uno dei suoi artisti più interessanti, anche se meno strombazzati: lo svedese Peter Ern.
Giuseppe Uncini, Mattoni con ombra
Per la fotografia, Ca’ di Fra’ dedica lo stand ai capiscuola Witkin, Araki, Morimura e Giacomelli. Assai suggestivi, allo Studio Trisorio (NaRm) due scatti metafisici di Ghirri dell’86, di Ferrara e della Certosa di Parma. Sui big contemporanei punta invece Ben Brown (UK), con grandi Hofer, Gursky e Ruff (un trittico Nacht), ai quali associa Haring e Boetti. Non è da meno Peola (To), con Sugimoto, Hatakeyama, Crewdson, Hofer, Becher, ma qui le dimensioni tendono a ridursi per intercettare un mercato più ampio. La giovanissima milanese Luger Gallery si presenta con il venezuelano Luis Molina Pantin e il croato Igor Eskinja che dialogano bene nello stand, anche con la pittura di Django Hernandez. Spruth Magers Lee (D) si gioca Lorca di Corcia e Rosemary Trockell, Antonia Jannone (Mi) Carlo Orsi, mentre la londinese Max Wigram incuriosisce per la storica serie di Dannis Morris dedicata ai Sex Pistols.
A proposito di curiosità. Da Rino Costa di Valenza Po si rivedono i finti reperti storici ironici di Antonio Riello, da Artopia (Mi) le vecchie tempere su carta incollata su tavola di Adrian Paci.
E mentre Lia Rumma (Na-Mi) attira i collezionisti con i grandi Ruff e la foto della Abramovic divenuta manifesto della grande retrospettiva all’Hangar Bicocca, Artiscope di Bruxelles fa altrettanto con la scarpa femminile di Marilyn Minter che è uno dei simboli della Biennale al Whitney.
Roberto Ago, Flower, 2005

Qualcuno sceglie la linea del ‘900 storico. Spazia ad esempio, ma anche Niccoli, con un allestimento che percorre alcune tappe fondamentali dell’arte italiana, dall’astrattismo allo Spazialismo e oltre, Lorenzelli, con un famoso Nudo di Viani, Fumagalli, per i Mattoni con ombra di Uncini, artista rilanciato da Cardi, con Calzolari, Kounellis e Zorio. Le Case d’Arte punta su Boetti, Claudia Gianferrari alterna nuovi big, Maloney, ai classici italiani di qualità del primo ‘900.
E veniamo a qualche italiano. C’è Pier Paolo Maggini, con i suoi foto-dipinti di folle e discariche per Nowhere, Beppe Restano con nuove gomme da cancellare per Poleschi, Leonardo Greco e Gabriele Arruzzo per San Salvatore. Torna Andrea Aquilanti con olii su PVC di per Oddi Baglioni e si segnalano gli acrilici su foto digitali di Eugenio Tibaldi per Umberto Di Marino. Un lavoro di cancellatura efficace, allestito in forma di mini personale.
Meritano di essere sottolineati i progressi della galleria Pianissimo (forse il migliore stand della fiera). Programma interessante e alcune belle sorprese, come il metalinguaggio di Roberto Ago nella scultura. Il pallone da calcio rovesciato trasformato in fiore è senza dubbio un lavoro convincente, mentre non passa inosservata la disturbante lavatrice di Michele Bazzana per Unorossodue.
Sul genius loci scommette la giovane cagliaritana Capitol. Gli artisti sono tutti sardi: Greta Frau e Cristian Chironi, che concede una delle poche performance della fiera, insieme a quella di Marco Di Giovanni per Il Chiostro, dove si fa notare anche un interessante opera scultorea, un vortice di libri realizzato da Fabio Di Camillo.
Classico veicolo di Tuttofuoco per Guenzani, vicino a un disegno di Paul McCarthy e buono stand per SALES con Marisaldi, Arienti e Schafer. VM21 punta tutto (troppo?) sull’Italia e spiega una intera parete con goldiechiari che si scaldano per la cover del prossimo Exibart.onpaper.
Un’opera di Alì Hassoun

16 gallerie si sono spartite gli stand della sezione Video at Miart. Per chi li avesse persi, l’occasione per vedere il mondo capovolto del LA based Martin Kersels di Guido Costa e la cruenta Regina José Galindo da Prometeogallery. La più bella sorpresa è il catalogo speciale, accanto alla classica mattonella, per le sezioni Anteprima e Video: immagini in b/n e schede dettagliate: degli artisti, delle gallerie e delle opere in mostra.
Nella sezione del moderno una nota la riserviamo ad un artista sempre divertente. La pasticceria politica di Bocchini per l’Affiche è un bel diversivo ludico. Meriterebbe qualcosa di più.
Lodevoli i progetti espositivi articolati di Colossi, per l’approfondimento sul Nouveau Realisme e la Poesia Visiva, e di Giovanni Di Summa, che dedica l’intero stand alla storia di Corpora, con tanto di tabelle Gabrius sulle quotazioni dell’artista appiccicate all’ingresso.
Nota d’obbligo per la Tomba di Mussolini, della coppia PisaniDe Dominicis esposta da Cardelli e Fontana e anche per il Paul Jenkins doc di Open Art.
Cafiso ripercorre il suo ‘900: da De Pisis anni ’20, a De Chirico del ’30, da Guttuso del ’50 a Sassu del ’60. Mazzoleni risponde con Casorati del ’30-’40, Vedova di fine anni ’40, Birolli del ’50 e Tancredi e Riopelle del ’60.
Al Mappamondo le acqueforti di Morandi a cavallo tra anni ’30 e ’40 e un catrame e smalto su tela del ’57 di Piero Manzoni anomalo del ’57. Il Centro Steccata punta invece su Ruggeri, De Luigi e Riopelle.
La veneziana Contini fa le cose in grande con doppio stand gigante. Ci sono gli Schnabel dal ’90 al 2003 ma, udite udite, anche i piombi di Kiefer.
Ci permettiamo il lusso di fare ciò che tutti vorrebbero. Eleggere la più brutta opera della fiera. Il cucchiaio di legno lo diamo ad uno a scelta tra i dipinti di Alì Hassoun. Le sue rivisitazioni di De Chirico in chiave global sono realmente impresentabili.
Nota finale per J&G (Mi). Sfora nell’’800 ma con nomi museali: Renoir (Deux femmes avec des chapeau a fleurs, 1915), Degas (1885/95), Utrillo (’49) e Sisley (1879).

alfredo sigolo

[exibart]

11 Commenti

  1. gli spazi quest’anno erano molto ampi ,
    bella rassegna video , mancano i direttori di museo italiani.. un bel programma di convegni,
    uno stupendo casorati… un bellissimo boetti.
    e poi kounellis.. paolini , castellani.. io a frieeze non li vedo…
    tanti affari per i collezionisti anti glamour..
    zecchi..a casa!!

  2. tra miart e salone del design 2 settimane piene… stupenda la festa absolut
    purtroppo penso che a comprare arte giovane siano sempre in pochi e con la solita lista della spesa…

  3. la sezione video può pure essere una bella idea, ma andava pensata e non buttata lì con cubicoli non insonorizzati davvero impossibili da fruire.
    e alla vernice il catalogo non era ancora pronto!
    insomma, manca di organizzazione e respiro come sempre, ahinoi

  4. Forse la minestrina, in questo caso, l’hai fatta proprio te caro Sigolo.
    Sarà ma non capisco cosa ci sia di tanto interessante nelle fotografie ritoccate ad acrilico di Tibaldi (!) e nei quadri di Bocchini (?).
    Potevi citare le fotografie di Francesconi da Marella, e altre gallerie giovani ma con una certa consistenzae e delle novità: B&D, Ugolini, Not Gallery, ecc.
    Forse avrai perso il taccuino degli appunti e sei andato a braccio….capita.

  5. Una miart davvero bella. Sigolo, prova tu a trovare a Bologna la stessa classe? e finalmente la città si muove, tra feste, opening e gallerie aperte fino a notte. miart rimane un punto fisso.

  6. SIGOLO impari l’italiano o no?
    va in scena si scrive così e non “và in scena” vuoi fare cultura, vuoi fare il super critico ma scivoli, ahimè, sulla base: l’italiano.
    con preghiera di pubblicazione.

  7. ma senti senti quanti sapienti arbiter elegantiarum che fanno i fichi con L’ITAGLIANO e finirebbero a culo in terra se word non avesse il correttore ortografico! ma per piacere! badate al sodo, e trombate di più

  8. Gentile Sigolo, grazie per l’accurato e puntiglioso articolo, di cui cogliamo volentieri lodi e riserve.
    Tuttavia in merito all’affermazione per cui “qui i galleristi bisogna andare a tirarli per la giacca: solo la metà, di quelli di Start, hanno alla fine ceduto alle lusinghe di Miart. Alcuni, candidamente dichiarano di aver subordinato la loro partecipazione a precise condizioni” , la segreteria di MiArt sente il dovere di precisare che nessuna galleria di Start è stata “tirata per la giacca” né tantomeno ha ottenuto condizioni economiche di favore per la partecipazione alla Fiera.
    Ringraziamo infinitamente per la vostra collaborazione.

    L’ufficio stampa MiArt.

  9. forse il comitato di questa fiera non è selettivo abbastanza o si imbarcano gallerie
    x fare mq… il resto è milano oggi nel bene e nel male,,, snob e senza anima.zecchi a casa.

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