18 settembre 2006

arteatro_festival Wild Gift a show of live art

 
Atti di illusione, artifici scenici, finzione e scanzonata serietà: questi gli obiettivi del festival londinese Wild Gift. Abitare diversi luoghi della città, miscelare azioni reali e vaudeville, installazioni e performance. Per uno show di live art…

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Nel saggio scritto per Wild Gift il teorico Gavin Butt sostiene che l’attuale diffidenza pubblica per le “azioni reali”, sia politiche che culturali, possa richiedere una nuova messa in discussione delle pratiche artistiche contemporanee, orientandole verso quella che lo studioso definisce una più flessibile e “scanzonata serietà”*. Se la disonestà politica ha ormai eroso ogni possibile fede in verità universali, gli otto artisti inclusi in Wild Gift a show of live art suggeriscono che potrebbe essere più efficace rivivificare l’artificio teatrale senza però tralasciarne il contenuto critico.
In un momento della sua performance Magic War, Marisa Carnesky ha chiesto ad uno spettatore di spararle. Di fronte a questa azione il pensiero corre alla celebre opera di Chris Burden, espressione della più viscerale body art degli anni Settanta, caratterizzata da quel rifiuto del teatrale a favore dell’azione e dell’autenticità, che è poi diventato il discorso dominante nella live art. In ogni caso la performance della Carnesky è un gioco di prestigio che nella sua scherzosa irrealtà ha esemplificato la provocazione che Wild Gift lancia verso la retorica dell’autenticità dell’agire artistico, miscelando serio e triviale e sfidando in questo modo le dominanti convenzioni dell’actionism. Sebbene la Carnesky appaia ridicola nel suo sgangherato costume da showgirl, ballonzolando senza eleganza nella goffa imitazione della gestualità di uno spettacolo di magia, in realtà nella sua azione performativa è in gioco un contenuto molto serio: attraverso il trucco della pistola viene descritto lo spiegamento militare degli illusionisti da palcoscenico nell’Algeria coloniale. Utilizzando la parodia la Carnesky ha tracciato abili paralleli tra l’illusionismo da palcoscenico e la disinformazione messa in opera dai militari, senza per questo trattare in modo didascalico la realtà politica esistente. Marisa Carnesky
Attraverso un simile revival del vaudeville, molti degli artisti di Wild Gift sono riusciti a rendere in maniera concreta il senso del suo artificioso raggiro e del suo disconoscimento attraverso la recitazione, strategia che ha portato gli artisti a rincorrere i temi dell’intangibilità: magia, emozioni e memoria. Rose English li ha esplorati nel suo lavoro The After-image of the Act presentato al Theatre Museum. Mentre offre in dono ad ogni visitatore un pezzo di ephemera teatrale dalla sua collezione, la English racconta il ruolo di ogni oggetto nella sua personale storia scenica. La contrapposizione tra l’oggetto, malconcio e silenzioso, e la sua rappresentazione attraverso fotografie o video è tesa ad enfatizzare un’insufficienza nel reale. Ed è proprio su questa aporia che il meccanismo dello spettacolo si innesta, enfatizzandola. Creando un museo personale all’interno di un vero museo, la English riesce inoltre ad esplicitare completamente gli echi immaginifici che contraddistinguono le brillanti scelte degli spazi in cui sono ospitate le performance di Wild Gift.
Il tema dell’emozione è presente anche nella promessa di Kathe Izzo di amare il mondo cantando per uno spettatore alla volta, ospitato nella sua camera d’albergo. Tuttavia la scelta di canzoni pop compiuta per adesione sincera rivela, forse inconsapevolmente, la subdola coercizione a sentimenti commerciali. Video pop sessualmente provocanti hanno caratterizzato Extreme Happiness, lavoro psicologicamente complesso di Fabienne Audeoud. Si tratta di un autoritratto realizzato attraverso uno spettro di sentimenti iperbolico ed eccessivo. In modo avvincente e distaccato la Audeoud tiene una conferenza sulla sua fuga dalla repressione religiosa, mentre i video ricreano un teatro immaginario di personae erotiche. La perversione sessuale riappare attraverso la ri-scrittura ‘senza senso’ di Last Tango in Paris per mezzo di pittura dal vivo di Wayne Lloyd.
Il festival è attraversato anche da un senso di malinconia, come nel progetto Anthem 2006: Is this all there is?, un’installazione di luci da discoteca realizzata da Nike Savvas. Installazione muta, programmata per funzionare seguendo i ritmi della canzone che dà il titolo all’opera ma che non può essere udita dagli spettatori, questa illuminazione psichedelica su una pista da ballo vuota sottolinea l’assenza di gioia. Tutti gli artisti di Wild Gift hanno unito delle forme di intrattenimento leggero con argomenti cupi, cosa che nel caso della Audeoud ha avuto una resa mortalmente commovente.
Nella sinistra decadenza della Limehouse, i kozek-hoerlonski hanno presentato il loro morboso Wollblut. Rannicchiati precariamente sopra un altare, i due artisti, entrambi maschi, lavoravano ai ferri una fune con del filo rosso, mentre in un video due gambe penzolano sopra le loro teste. Questo lavoro, riguardante l’impiccagione di due omosessuali iraniani, ha creato un’atmosfera carica di presagi ma troppo trattenuta per essere veramente perturbante.
La pittura dal vivo di Wayne Lloyd
Ai piani superiori del Boxing Club, Elena Kovylina ha riproposto la performance della Whitney Biennal, Waltz, suggerendo il potenziale per un compromesso tra recitazione e action art. Marciando tra la folla, la Kovylina recluta partner per danzare sulle canzoni di Marlene Dietrich. Per ogni compagno ottiene una medaglia e beve un bicchiere di vodka. Visibilmente ubriaca dopo dieci bicchieri, tanto da dover essere fisicamente sostenuta, la sua nostalgica riproposizione del tempo di guerra diventa un atto di resistenza. Il suo corpo agisce come un sito trans-storico che abbraccia sia le vittime sovietiche della seconda guerra mondiale che la tragedia femminile del virulento commercio sessuale nella post Unione Sovietica. In questo modo Waltz comprende sia la riflessività dell’illusionismo teatrale sia l’urgenza incorporata dell’actionism.
È forse in questo uso astuto del reale che Wild Gift presenta al meglio la rilevanza critica della teatralità nella live art e dimostra come questi “atti di illusione” richiedano buona fede e complicità con il pubblico, cosa che mette a rischio molto di più del solo corpo dell’artista.

paul clinton
traduzione a cura di lucia oliva

*Butt Gavin, You cannot be serious? , 2006


Wild Gift a show of live art
26 maggio – 1 giugno
Diversi luoghi nella città di Londra – www.wildgift.org.uk


[exibart]

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