20 luglio 2007

fino al 22.VII.2007 Format Exchange Château-Thierry, La Suite

 
In una ex fabbrica fuori Parigi l'inglese Stephen Maas, l'italiano Bernhard Rudiger e la giovane francese Sarah Tritz aprono i propri lavori al dialogo con le opere altrui. E con uno spazio carico di tracce...

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I margini, si sa, sono luoghi privilegiati. Intorno e attraverso di essi il centro -di una cultura, di un linguaggio- si apre agli scambi che lo rinnovano e lo espongono alla prova di un irriducibile fuori. Il viaggio sul treno urbano che conduce dal centro di Parigi all’ex biscottificio de La Suite, oggi spazio artistico autogestito, prepara l’esperienza di un progetto espositivo fondato sull’apertura e lo scambio.
In Format exchange tre artisti di formazione, generazione e cultura differente –l’inglese Stephen Maas, l’italiano di cultura italo-tedesca Bernhard Rüdiger e la giovane francese Sarah Tritz- espongono i propri lavori al dialogo con i progetti altrui e alla risonanza con uno spazio carico delle tracce del proprio passato industriale. Lo fanno sulla base di una riflessione teorica comune che ha preso forma in una corrispondenza tra gli artisti: “Non è tanto sulle forme che lo scambio avviene, bensì sulla loro messa a distanza. Lo scambio si fa piuttosto sugli ‘schemi’ che ci permettono di tenere insieme delle forme diverse, persino contraddittorie”, dice Rüdiger. Il percorso nelle tre sale invita allora a rintracciare oltre le forme e le figure di ciascun artista o, meglio, nel dialogo che si fa tra gli alfabeti figurativi e formali di ciascuno, un terreno più profondo, un format, appunto, fondo figurale oltre la figurazione.
Il respiro di questa operazione è ampio, poiché si tratta di additare quel terreno su cui gli oggetti dell’arte ritessono i nodi del reale e della storia, in modo autonomo e ben oltre l’idea di rappresentazione. La grande campana-teschio in bronzo di XX° FIN (2004) e i grandi cappucci di terracotta di Ku Klux Klan (2007) che pendono dal soffitto nelle tre sale, fanno intravedere questo terreno di scambio. In questi lavori di Bernhard Rüdiger qualcosa si fa tra le figure di teschio, campana e cappuccio, qualcosa che ha a che fare con la risonanza e l’ammonimento.
Sarah Tritz – Orgie grise – 2007 - mattoni, cemento, gesso, materiali vari; Stephen Maas – Lostyrene – 2000 – calco di silicio
Il rintocco inesorabile e regolare rivolto all’esterno, in XX° FIN, si rovescia nelle vibrazioni interne della cassa cranica, mentre tra gli spettatori che “indossano” i grandi cappucci bianchi -e con essi lo sguardo asimmetrico della discriminazione- pochi rinunciano a farvi risuonare la propria voce, ascoltandola risuonare, d’improvviso, altra e sinistra.
Le consonanze si moltiplicano: al centro della seconda sala la grande istallazione di Sarah Tritz, Orgie grise, è una struttura indecidibile tra costruzione e rovina; i mattoni disegnano brecce articolate nelle pareti aperte, mentre una finestrella ermeticamente chiusa protegge un interno inesistente. Di fronte alla rovina di Tritz, su due vetri opachi sospesi da lunghe braccia di legno, sfila la proiezione di un paesaggio astratto, accompagnato da una cantilena blues (The Rising of XXth Century – After Blind Lemmon Jefferson di Bernhard Rüdiger). Lo spettatore, intuendo un nesso profondo tra suono e immagine, è chiamato a ricostruire il montaggio tra gli elementi e le relazioni che lo governano: sullo schermo scorre infatti la traduzione grafica del canto, uno dei primi blues del 900. L’opera ruota intorno ad una traccia storica, una vera registrazione, ma la mette a distanza attraverso un dispositivo tecnico che rovescia il suono in paesaggio astratto. Questa traccia si fa testimonianza ed entra in dialogo con i solchi che i vecchi macchinari, ormai assenti, hanno lasciato sul pavimento della fabbrica. Stephen Maas costruisce strutture a scaffali alle quali si aggrappano oggetti o piccole masse plastiche, per lui il format exchange si fa anche nella relazione col linguaggio: le mensole sono inclinate, incapaci di sorreggere i piccoli oggetti che il titolo dichiara trofei “atrofizzati” evocando le celebrazioni illusorie o menzognere dell’inizio del millennio (Trophies Atrophiés 2001). In On the shelf n.1 una piccola bicicletta di fili metallici sta in equilibrio sulla struttura di Maas, accanto alla grande macchina celibe di Rüdiger che fa correre avanti e indietro due trenini elettrici lungo binari di legno divergenti sospesi su un’impalcatura di alluminio. Tra forme, materiali, linguaggi differenti nasce così un dialogo intenso che lo spettatore intuisce e costruisce.
Bernhard Rüdiger - The Rising of XXth Century. After Blind Lemmon Jefferson – 2005/2007 – legno, vetro, videoproiezione di analisi sonora
Da questo dialogo emergono i dispositivi attraverso i quali gli oggetti, le tecniche, i materiali dell’arte mediano il reale per conservarne traccia e rivelarlo: “Costruisco dei ponti, scavo dei tunnels, costruisco delle strutture perché la realtà mi appaia. Dunque costruisco, c’è un percorso e c’è, certamente, una forma di costruzione del reale” (Rüdiger). Nell’oscillazione tra forme singole e relazioni profonde, tra opere differenti e il fondo che le accomuna emerge un senso specifico che solo questo movimento liminale produce. Lo spettatore è chiamato a compiere queste oscillazioni molteplici, per poter infine pensare il movimento che mette gli oggetti dell’arte in tensione con la realtà storica.

angela mengoni
mostra visitata il 24 giugno 2007


fino al 22.VII.2007
Format exchange. Stephen Maas, Bernhard Rüdiger, Sarah Tritz
La Suite – lieu de création et de diffusion d’art contemporain
53 rue Paul Doucet, 02400 Château-Thierry – Treno regionale dalla stazione di Paris Gare de l’Est, fermata Château-Thierry, seguire indicazioni per La Suite
www.lasuite.info – venerdi-domenica h. 14–19 – ingresso gratuito
info: +33 (0)3 23690375; contact@lasuite.info


[exibart]

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