19 febbraio 2008

exibinterviste – la giovane arte Francesca Conchieri

 
Può un’artista che accumula oggetti anelare a un’arte immateriale? Certo che sì. Succede a Brescia, città non proprio di provincia che prova a svegliarsi. Tra manualità e filosofia, alla riscoperta di una metafisica della visione quotidiana...

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Hai già all’attivo mostre che reputi importanti?
Sì. Le collettive Il Grande Disegno e Behind the mirror. A cura, rispettivamente, di Elisa Gusella e Tiziana Conti. In entrambi i casi non si è trattato soltanto di mostrare ciò che faccio, ma anche di ex-pormi, mettermi in gioco in uno scambio artistico e umano con altri artisti. Due mostre che hanno coinciso con l’inizio di rapporti di collaborazione per me importanti.

Che aria tira a Brescia, dove vivi?
Brescia è una città intellettualmente pigra ma in questo momento sta vivendo un timido risveglio. Chi non è scappato comincia a premere per fare delle cose. Si stanno creando situazioni interessanti, ci sono realtà neonate meritevoli di attenzione.

Che formazione hai?
Ho intrapreso studi filosofici da pittrice, per così dire. Quello che faccio è il frutto di queste due impostazioni, di questi due modi di intendere la ricerca.

Come presenteresti il tuo lavoro?
Con il mio lavoro intendo riscoprire la radice metafisica del quotidiano, svelare in esso la nascita e l’urgenza della teoresi. Credo che la mia ricerca si possa approcciare facilmente, in modo intuitivo. Semmai a essere ricche sono le implicazioni concettuali, con molti possibili risvolti.
Francesca Conchieri - Astratto quotidiano - 2006-2007 - work in progress-installazione ora giunto a m 4x1,5 ca., peli di cane, cornici smaltate (cm 17x13 ognuna)
Dov’è che lavori? Come procedi?

Lavoro in due luoghi distinti: un luogo piuttosto asettico dove disegno e progetto, con i libri, il computer e il tecnigrafo; un altro, destinato al lavoro manuale, è la stanza di una villetta a schiera condivisa con altri artisti-artigiani. Sono un po’ una donna-spazzatura, nel senso che recupero di tutto e resto in attesa che ogni cosa trovi una sua funzione. Anche se è difficile che poi succeda davvero. Il risultato è una lotta perenne contro la tendenza entropica al caos, un continuo sperimentare come sopravvivere al caso. Qualcosa che, in effetti, torna nei miei lavori, nei quali per paradosso la dimensione oggettuale finisce per essere quasi irrilevante. Provo una magnifica sensazione di sollievo quando realizzo un lavoro che non entra a far parte del reale come oggetto, quando la materia eterogenea da cui attingo è trasformata in azione, vuoto, pensiero.

Cosa serve per fare gli artisti?
Imparare a guardare. Determinante è anche la solitudine. Si tratta di sperimentare molteplici modi di esperire. Credo sia fondamentale avere una matita in mano e un libro che si desidera leggere.

Tu a quali big hai guardato?
Antonin Artaud, Giulio Paolini, Jannis Kounellis, Italo Calvino. Come pittrice a Giotto, Francis Bacon, David Hockney.

Come ti descriveresti caratterialmente?
Sono il tipo che drammatizza, che tende a fare dell’arte una questione di vita o di morte. Anche fuori del lavoro è così, ma almeno mi sento giustificata: lì si tratta effettivamente di una questione di vita o di morte.
Francesca Conchieri - Punto di massa - 2007 - performance-installazione, pane, acqua
E la realtà come attualità?

All’estero è più semplice affrontare temi scottanti attraverso l’arte visiva. In Italia tutto si trasforma in commedia, in uno spettacolino. È piuttosto difficile trattare problematiche legate all’attualità socio-politica senza strumentalizzare o essere strumentalizzati.

Chi è davvero importante attualmente per il tuo lavoro?
Brown, un essere con molte teste, e più cresce più teste gli spuntano… Semplicemente mostruoso! Poi Ilaria Ferretti ed Elisa Gusella, con le quali sto lavorando bene.

Che idea ti sei fatta della critica e del giornalismo d’arte?
Riscontro che si tende spesso ad appiattire tutto su un’interpretazione univoca mentre -pur mantenendo ferma l’idea di base- un lavoro artistico non è un’affermazione e non bisognerebbe farlo diventare tale. Detto questo, penso che i critici possano dare tanto alla ricerca di un artista. Tiziana Conti, ad esempio, ha fornito del mio lavoro una lettura così acuta che da lì in poi molto è passato attraverso un paio di sue considerazioni.

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exibinterviste – la giovane arte è una rubrica a cura di pericle guaglianone


bio: Francesca Conchieri è nata a Brescia nel 1980. Personali: A dimensione umana 2, Progetto Carmine, Brescia, 2005; Behind the mirror, Machè, Torino, 2004). Collettive: Giovani presenze artistiche a Brescia, a cura di G. Guiotto, Galleria Aab, Brescia; Il grande disegno, a cura di E. Gusella, Fabbrica Borroni, Bollate, 2007; Tempo per guardare le stelle, a cura di V. Sabatino, Villa Glisenti, Brescia; Camerae Pictae, a cura di A. Gandini e P. Artoni, Museo d’arte moderna e contemporanea, Gazoldo degli Ippoliti, 2006; Interruzione Continua, con Chiara Zizioli, Palazzo Loda, Flero; Ruze ruze rosa rosa, a cura di T. Pecha, Cross Club, Praga, 2005.

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 47. Te l’eri perso? Abbonati!

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