22 giugno 2009

No soul for sale, anche Viafarini al festival newyorkese dei centri d’arte non-profit

 

di

67800
La location è quella abbastanza nuova, ma sicuramente prestigiosa, di X, il nuovo centro d’arte non profit che ha aperto i battenti a marzo a New York, nella ex sede del Dia Center for the Arts. Spazio che ospita mostre, performances, installazioni site-specific e lectures settimanali promosso dalla gallerista Chelsea based Elizabeth Dee.
È lì che per cinque giorni va in scena No soul for sale, festival che si propone di riunire i più creativi centri d’arte non-profit a livello internazionale, che contribuiscono alla scena dell’arte con nuove strategie di comunicazione e distribuzione e con articolati programmi culturali. Fra i trenta spazi invitati a New York City per presentare programmi e artisti sostenuti ce ne sono provenienti da Dublino, Barcellona, Parigi, Reykjavík, Hong Kong, Rabat, New York, Los Angeles.
E c’è pure Viafarini, che nell’occasione si incontrerà con l’ex italiano Supportico Lopez by Gigiotto del Vecchio, ormai Berlin based…

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www.x-initiative.org

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13 Commenti

  1. Il fatto che in italia vi sia solo viafarini (monopolio no profit) e con una storia comunque importante non significa che OGGI viafarini funzioni adeguatamente. Mi sembra che manchi di eticità e sperimentazione reale. L’attività attuale di viafarini è caratterizzata da “eterofilia complessata” e superficialità. Lo stesso supportico lopez percorre la strada dei complessi di inferiortà verso l’essere italiano e quindi sta cercando di scimmiottare realtà berlinesi ormai desuete. Tutto questo voler mettere la propria natura sotto al tappeto è ridicolo e sterile (e dall’estero ci vedono così).

  2. In Italia è stato supportato solo il no profit lombardo e quello di Neon a Bologna, tutto il resto, ad esempio l’area torinese, non ha goduto di appoggi concreti al di là di non costose dichiarazioni di stima

  3. lasciare il proprio portfolio a Docva (viafarini) non serve a nulla
    Pensate che io lo aggiorno ogni due anni, e da 10 anni circa
    non ho mai avuto alcuna proposta di mostre o altro,
    è una presa in giro

  4. caro michele,
    ma quelo che tu nn hai capito è che viafarini il docva o qualsiasi altra cosa simile, non è un ufficio di collocamento mostre. E’ un servizio, infatti tu sei nell’archivio, a disposizione di chi lo vuole consultare. evidentemente il tuo lavoro nn convince le tante persone, addetti ai lavori etc etc, che lo consultano.
    fine. L’arte nn viene fatta o proposta per decreto.
    Basta. Semplice. Evidentemente non sei un buon artista.

  5. Il prossimo 14 maggio è stato convocato a Londra, per tre giorni, presso la Turbine Hall della Tate Modern, l’Expo Universale degli spazi No-Profit, i cosiddetti spazi alternativi. Idea nobile ed utile, che avrà un titolo impegnativo di questi tempi: No Soul for Sale. L’anima non è in vendita. La prima domanda è: questi spazi sono veramente alternativi a qualcosa? O sono solo un momento propedeutico e complementare al “profit”?
     
    Non è questione di profitto o non profitto. La realtà è che questi spazi sono, nei format, nei ruoli e nei contenuti, assolutamente uniformati al sistema principale, che potremo chiamare “profit”. Se lo spazio no-profit è uniformato, ha già venduto l’anima. Non ha identità, perchè non ha nulla verso cui essere alternativo. Spesso si tratta semplicemente di opportunità per persone che non trovano spazio nel sistema principale/profit a cui aspirano. O invece sono opportunità complementari per sostenere una carriera “profit”.  In questo non c’è nulla di moralmente sbagliato.  Sembra che non ci sia più niente a cui contrapporsi, a cui essere “alternativi”, perché ogni conflitto, ogni “nodo” è già stato ampiamente assimilato dal sistema “profit”. Anzi, questi spazi, penso al nostro Viafarini, assumono atteggiamenti snob di fronte alle reali possibilità di “alternativa”. L’alternativa e il pensiero divergente vengono osteggiati, mi riferisco all’ italia dove, in un sistema piccolo e precario, tutti gli operatori sono collegati con tutti,  in una vaga alleanza per la conquista di briciole.

    Dall’Italia sarà presente Viafarini:  Flavio Favelli presenterà un grande armadio (nel suo stile che flirta con l’ikea evoluta, ma  con un’utile idea di “recupero” alla base, proposta in tempi non sospetti)  all’interno del quale verranno presentate le opere-gioielli (termine del comunicato stampa originale) di artisti che hanno caratterizzato la storia di Viafarini. Questi italiani, presenti a Londra, vestiranno una marca di abiti di una stilista che ai suoi esordi è passata da Viafarini. E quindi abbiamo: interior design, opere-gioielli che non potranno che essere piccoli feticci, visti gli spazi; e infine l’immancabile moda italiana. Questi sono gli stessi ingredienti presentati, semmai in modo meno raffinato, nel Padiglione Italiano inaugurato dalla Ministra Prestigiacomo al recente Expo Universale di Shanghai. Ingredienti che sono caratteristici del sistema a cui si vorrebbe essere “alternativi”, a quello stesso sistema, economico e culturale, che oggi sta attraversando una grave crisi. L’arte no-profit, “alternativa”, chiamatela come volete, non dovrebbe porsi qualche domanda in più? E andare oltre il solito sentire comune? Nella stessa italia, ultimamente, il vero spazio alternativo mi sembra la galleria “profit” massimo de carlo con alcuni guizzi brillanti.
     
     
    Che differenza c’è tra questo Expo Italiano a Londra e quello ufficiale, e in piena Era Berlusconi, presente a Shanghai? Mi rendo conto che la partecipazione all’Expo londinese, venga vissuta come la presentazione e la celebrazione della storia di Viafarini e non come un intervento artistico che debba risolvere in un solo colpo ogni problema. La mia riflessione va oltre l’evento specifico per fermarsi sulla proposte concrete, su i contenuti che propone questa categoria sovranazionale di spazi no-profit durante la sua programmazione.
     
    Il problema non è vendersi l’anima, se questo serve per sopravvivere o vivere. Non tutti infatti possono partecipare alla nonni genitori foundation. Il problema è una reale riflessione sul linguaggio, sul ruolo e su i format. E quindi individuare dispositivi che possano realmente portarci oltre una crisi che non è solo del linguaggio artistico, ma che attraversa un sistema economico e culturale più ampio. Francamente non mi interessa, e trovo anacronistico, pensare se questa riflessione provenga da realtà profit o no-profit.
     
    Anzi sembra che la stessa realtà “profit”, fatta di gallerie e collezionisti, debba iniziare a porsi delle domande, se non vuole continuare a vendere/acquistare opere come inutili testimoni di un fallimento. L’arte contemporanea viene vissuta come bene rifugio, ma non ci si rende conto che quello stesso rifugio inizia ad essere nel mirino della valanga. E non mi riferisco a quelli che possiamo considerare valori consolidati.

  6. va lah pirla: smettila di dir cazzate a nastro, l’arte contemporanea bene rifugio? al massimo l’arte moderna, al massimo il 900 consolidato! ma il contemporaneo per definizione è in divenire, e serve puntare bene i propri soldi!
    questo dimostra quanto poco ne sai. sei proprio di secondo piano quanto politi che a differenza si artforum e frieze deve pagare art-agenda perchè e-flux non passa piu i lanci dei nuovi numeri dell’international. del resto è di secondo piano! e questi sono i fatti, quelli veri! sarà forse perchè in copertina c’è ann craven che lavora con conduits, di sua figlia gea?? noooo!!!! ma si puo esser piu pirla di metter in copertina un’artista con le courtesy della figlia???? di utilizzare la newsletter di flash art per comunicazioni conduits, e poi incazzarsi con andrea bellini se non la prende ad artissima?? ma si puo! luca rossi, come flash art sei proprio pecoreccio!

  7. gli spazi no-profit sono delle buone vetrine per gli artisti profit e servono anche a non mostrare nulla di diverse da quello che il sistema propone. I veri “conflitti” avvengono da altre parti.
    Aprire uno spazio no-profit, dal punto di vista del curatore o come lo si voglia chiamare, è buon modo di avvicinarsi al sistema, facendo favori, dando spazio…le solite cose.
    Il sistema, e i sistemisti, sostiene che gli artisti che escono alla luce sono i migliori, poi li si guarda e si vedono quelli che hanno fatto una sola opera in tutta la carriera, quelli che insistono in concetti triti e ristriti e non hanno dato nessun contributo “personale”. Possibile che non ci sia nulla di meglio? Ovviamente no, c’è di meglio ma non è conveniente tirarlo fuori. Vuoi mettere la differenza per un “giovane” curatore di lavorare con l’artista affermato, semi affermato o comunque gallerizzato rispetto al lavorare con l’ultimo sfigato che ha da dire e dare molto di più ma ti fa rischiare di forti fare nessun salto di carriera.

  8. Il lungo commento di luca rossi enuclea un tema di banalità sconcertante (benché di difficilissima soluzione, e non da oggi): senza contare i successi effimeri, di fronte a infinite proposte, solo i cervelli migliori e i migliori artisti riescono a convincere (aldilà delle alleanze, aldilà del “sistema”). La troppa esposizione contemporanea necessiterebbe di un momento di pausa e di cernita, soprattutto da parte del pubblico e dei collezionisti, che molto raramente scelgono secondo un progetto autonomo, infischiandosene delle mode. E gli artisti dovrebbero non solo abboccare al primo pseudo-qualificato offerente, ma anche cercare maestri e scegliere chi deve davvero tutelarli. Questo presuppone cultura, coerenza e umiltà, che, francamente, in queste pagine, vedo poco, la maggior parte degli astanti intenta a decifrare per il mondo gli scheletri negli armadi altrui.

  9. Il no-profit non fa profitti? ma stiamo scherzando? è il sistema più puritano e ipocrita per fare denaro, o più esattamente per non pagare le tasse.

  10. Se tovi ti giri trovi sempre questi maledetti armadi altrui è leggittimo guardarci dentro in cerca di scheletri. Anche perchè l’armadio è lacosa piu interessante che mostrano.

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