08 aprile 2010

design_resoconti Reuse Design Workshop 2010

 
12 designer chiusi per una ventina di giorni in un centro culturale. Non è un reality, ma gli ingredienti d’un workshop di successo. La Resign Academy conferma il buon esito di un progetto che affonda le radici sulla sostenibilità e l'arte del saper fare...

di

Exibart ben conosce i resigner Andrea Magnani, Giovanni Delvecchio ed Elisabetta Amatori, che segue dal loro esordio nel
2007, quando giovanissimi fondarono il progetto Resign. Un design basato sul recupero di
materiali di scarto e oggetti esistenti che riprendono forma e vita con una
progettazione attenta, unita all’arte artigianale.
Questo meta-progetto in pochi anni ha fatto strada, ha
preso le forme di più iniziative, da Il designer a domicilio alla Bottega 2.0, fino ad assumere addirittura le
sembianze di accademia. I giovani designer non si sono montati la testa, ma
hanno capito che il modo migliore per nutrire un progetto è la sua diffusione.
Valendosi dell’appoggio di designer come Paolo Ulian, Odoardo Fioravanti, Massimiliano Adami e Stefano Caggiano per lezioni ex catedra, e dotati di ampi spazi da
utilizzare come atelier, hanno dato vita alla seconda edizione della Resign
Academy.
Dal primo al 19 marzo, dodici aspiranti designer, superate
le selezioni d’ingresso, hanno potuto partecipare a questo singolare workshop
che, ispirandosi alle attività artigianali, unisce casa e bottega in un unico
luogo. Il Binomio di Enrico SalisA ospitarli è il centro culturale Do di Faenza, vecchio deposito di
oggetti dimenticati, nonché roccaforte Resign. I locali sono suddivisi in una
zona notte, con dodici letti improvvisati costruiti con bancali, vecchie
testiere e letti a castello letteralmente didascalici, e una zona lavoro
sommersa dagli oggetti trovati nelle discariche, che sono tra i più disparati:
manichini, gabbie, robot giocattolo, gambe e strutture di vecchie sedie. La
divisione non è ferrea e i ragazzi si ritrovano a cucire tra un letto e un
altro o a bere il caffé con il trapano in mano. E in questo modo la progettazione
non si interrompe mai.
“I Resign sono
riusciti a mettere assieme un gruppo di lavoro formato da una selezione di
neolaureati e hanno dato vita a una sorta di ‘comune’ dove per quindici giorni
si vive insieme, si discutono progetti e concetti e soprattutto si realizzano
con le proprie mani i modelli e i prototipi, tutti realizzati con oggetti
trovati nelle discariche
”, racconta Paolo Ulian. Anche i risultati
sono esaltanti, ci sono alcuni progetti come la sedia con scrivania ‘Binomio’ o
l’orologio ‘Specchi’o’clock’ o i vasi rabdicandi o ancora il cassetto che
diventa valigia da viaggio, che hanno una grande forza progettuale e
comunicativa
”. E l’entusiasmo della progettazione diventa virus che contagia
partecipanti, organizzatori e anche i docenti.
“Resign è una
piccola rivoluzione. Come tutte le rivoluzioni, parte dal rifiuto di qualcosa
(rifiutare i il concetto di rifiuto, per esempio) e mette in crisi un sistema
di valori farlocco a cui troppo spesso ci riferiamo tutti. Resign è un
pentolone magico in cui entra immondizia come ingrediente ed esce meraviglia
come risultato
”, afferma Odoardo Fioravanti dopo il suo intervento all’academy.
La lezione ex catedra di Stefano Caggiano alla Resign Academy lexione ex catedra
Già in programma la
terza edizione, ma chi irrequieto non riuscisse ad aspettare e volesse subito
mettersi alla prova, può approfittare della vicina kermesse milanese. Al Fuorisalone
i Resigner organizzano un experience day, un workshop intenso concentrato in un
solo giorno il 17 aprile in viale Padova 21. Nuovi concorrenti, sotto a chi
tocca!

articoli correlati
Il resign secondo Stefano Caggiano
Designer a domicilio

valia barriello

la rubrica design è diretta da valia
barriello


Info: www.resign.it

[exibart]


LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui