24 aprile 2010

Morto a Milano Giuseppe Panza di Biumo

 

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Giuseppe Panza di Biumo
Al suo nome sono legati gli sviluppi e la conoscenza – in Italia ma non solo – di diversi movimenti dell’arte americana del Secondo Dopoguerra, l’arte ambientale, concettuale e in special modo minimale sempre sostenuti con un interesse che andava al di là del solo fine collezionistico.
Il Conte Giuseppe Panza di Biumo, uno fra i maggiori collezionisti d’arte contemporanea del mondo, è morto a Milano questa notte all’età di 87 anni. Nel 1996 aveva donato al Fondo Ambiente Italiano – che nel 2000 l’aveva aperta al pubblico – Villa Panza a Varese, con oltre 150 opere della sua collezione.
Nato a Milano nel 1923, nel suo incontro l’arte contemporanea fu fondamentale un viaggio negli Stati Uniti compiuto nel 1954 e la conoscenza dell’Espressionismo Astratto, che lo spinse ad iniziare la sua collezione con opere fra gli altri di Mark Rothko, Franz Kline, Antoni Tàpies, Jean Fautrier. Collezione che si strutturò da metà degli anni ’60, con la predilezione di Panza che si indirizzò decisamente verso artisti come Dan Flavin, Donald Judd, James Turrell, Sol Lewitt, Bruce Nauman, Richard Serra, Robert Morris.
La collezione è oggi fruibile al pubblico in alcuni dei più importanti musei del mondo, dal Museum of contemporary art di Los Angeles alla Fondazione Solomon R. Guggenheim di New York, al Museo Cantonale d’arte di Lugano, all’Hirshhorn Museum di Washington, all’Albright Knox Gallery di Buffalo dal 2007. Oltre che alla villa varesina, in Italia diverse opere sono conservate fra il Mart di Rovereto e il Palazzo Ducale di Sassuolo.

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[exibart]

13 Commenti

  1. Grande lo ricorderemmo per l’eternità! grande lucidità! Speriamo solo che sia stato felice per tutte le sue scelte!!

  2. Certo una grandissima perdita, per la cultura e l’Arte contemporanea del mondo intero. Non certo dell’Italia, che dal binomio cultura-arte sembra essere sempre meno sfiorata… Spero vivamente di venire smentito, ma che rilievo mediatico ha avuto, la dipartita di questo immenso collezionista? a parte l’annuncio doveroso e puntuale del nostro Exibart, sempre preciso e attento, e un articolo un po’ nascosto sul sito Ansa, chi altri ne ha parlato? forse il Corriere, nella sua Milano? o la Stampa? o qualche rete TV? nemmeno il FAI, che ci riempie di mail asfissianti di annunci e di questue, si è premurato di avvisare l’utenza che una delle donazioni più importanti mai ricevute aveva perduto il suo benefattore… Ripeto, spero solo mi sia sfuggito qualcosa, e che un coro di legittime proteste mi tacci di disinformazione, ma se le cose stanno invece veramente così, come sembra, è l’ennesima dimostrazione della nostra inarrivabile insipienza culturale e artistica. Forse che quando – gli auguriamo più tardi possibile – ci lascerà Pinault, Parigi liquiderà la cosa con due trafiletti? o Londra, Saatchi? gli faranno un monumento, potete giurarci!
    Per l’ennesima volta, che vergogna!
    Buon riposo, Conte Panza, e grazie di tutto.

  3. è sparito un grande sostenitore dell’arte e della cultura americana, W gli USA…
    L’arte e la cultura italiana non meritano nessun tipo di considerazione?
    Io dico W l’Italia, spero porteranno via tutte le opere americane che deturpano Venezia e il nostro paese!

  4. Concordo pienamente con quanto scritto da SID e penso che se i nostri illustri antenati artisti tornassero in vita rabbrividirebbero nel vedere il letargo artistico nel quale giace il nostro paese da troppi decenni

  5. Il conte Panza fece scelte ben precise che dovrebbero far riflettere: non collezionò italiani (se non uno o due nomi), vendette a scaglioni e facendo grandi affari una buona parte della propria collezione storica a piccoli musei americani privi di tutto e a grandi istituzioni USA e una parte ne piazzò – in gruppetti – in giro per il mondo. L’Italia – dove cercò inutilmente una collocazione consona per le sue proprietà d’arte – lo snobbò ignobilmente finché egli non consegnò un deposito in Umbria e uno al MART di Trento (fra i primissimi a credere in quella realtà che divenne poi un esempio per il resto del Paese). Indi, stanco di chiedere un sito per un Museo laddove altre Nazioni avrebbero fatto ponti d’oro, donò al FAI casa sua e la sua collezione rimasta in Italia. Prese poi la cittadinanza svizzera iniziando anche una proficua collaborazione con i Musei cantonali di Lugano, stomacato dall’indiferenza e dall’ignoranza dei burocrati e dalle leggi italiane che pongono solo paletti e non favoriscono la circolazione dell’arte. E così con l’Italia – finalmente – non ebbe più a che fare. Se non con coloro che ora – dopo aver cercato di ostacolarlo per anni – si sperticano in lodi mirabolanti per attaccarsi a un carrozzone che non c’è e – per sfortuna del nostro Paese – non c’è mai stato veramente.

  6. I musei nazionali sono strapieni di artisti americani. Non se ne può più, mandate sta roba a Lugano o nel lago di Como!

  7. Non si può fare un martire di chi ha preso la cittadinanza svizzera non perché disgustato dalle istituzioni artistiche italiane ma per meri vantaggi fiscali.
    Le tasse si devono pagare, la passione artistica per certa gente è stata un bellissimo affare commerciale, oserei azzardare, anche solo quello.

  8. Solo nel 2004 Panza organizzo` nella sua villa una importante mostra del pittore italiano Giovanni Frangi con un catalogo dal titolo NOBU AT ELBA.
    Nessuno si degna di citarlo?

  9. A Villa Panza non entrò solo Frangi (con una mostra rimasta una svolta nella sua produzione) ma anche una cospicua serie di artisti italiani da soli o in gruppo, del ‘900 “classico” o della contemporaneità. Ma l’organizzazione di queste mostre si deve più alla Direzione della Collezione Panza, ad Anna Bernardini (e ai diversi Musei che di volta in volta prestarono o collaborarono), più che al conte. Ciò non toglie che – guarda caso – non appena l’istituzione venne costituita e il Museo aperto al pubblico e le aree adibite a mostre temporanee rese disponibili, in molti accorsero per poter esporre in un luogo ormai considerato “sacro” per l’arte contemporanea in Italia. In un modo o nell’altro, l’influenza di un libero pensatore ha dato buoni frutti anche per noi.

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