08 settembre 2010

in fumo_interviste Fumettisti d’invenzione! (2)

 
Alfredo Castelli, parte seconda. Ha scritto un libro folle sui fumettisti visti nelle fiction. E di questo continuiamo a parlare. Ma essendo uno studioso, tocchiamo anche l'arte alta. E qui Castelli non risparmia sciabolate...

di

Abbiamo parlato a lungo di Fumettisti d’invenzione!. Ci siamo lasciati con una
riflessione sui lettori italiani, a parer tuo poco interessati a questi temi.
Perché questo distacco?

Prendiamo ad esempio le aste di Little Nemo organizzate da Pignatone. Non
solo sono fatte molto bene, ma sono anche interessanti. Alla fine, in questo
momento, va via una copertina di Alan Ford disegnata così e così però piace tanto ai lettori
nuovi, anche se coi suoi trenta-quarant’anni è un pezzo d’antiquariato. Poi
tutti quei disegni che piacevano a me quand’ero ragazzo, e che con grande
sofferenza non potevo mai permettermi, beh, non valgono nulla e non interessano
a nessuno. Le mie piccole collezioni di fumetti di inizio Novecento non hanno valore.
Quindi il pubblico è cambiato.

È solo un problema che riguarda i lettori?

No, anche gli autori. C’è ad esempio un collega molto
bravo, mio amico. Avendomi fatto dei favori gli regalai un distintivo di Pogo che risaliva alle elezioni
americane degli anni ‘70. Ecco, se ci si occupa di fumetti non si può non
conoscere Pogo.
Questo mio collega e amico, nonostante fosse molto preparato, di lui non sapeva
nulla. E non sa nulla neppure sulla storia del fumetto. Probabilmente neppure
gli interessa saperne qualcosa. Eppure è un operatore del settore. Figuriamoci
quale può essere la reazione all’esterno.

Illustrazione di Sergio ToppiAllora qual è il senso del tuo lavoro?

Pur essendo consapevole che interesseranno a pochi, le mie
sono opere di nicchia che mi diverto a fare. Comunque sono lavori che
resteranno come riferimento. Saranno la base di altri studi. Del resto esistono
blog sui fumetti meravigliosi. E anche su quello si può investire per
amplificare il messaggio. Ecco, diciamo che io fornisco dei materiali per i
blog…

Ora stai parlando della diffusione libera di un
prodotto a pagamento.

Per quanto la Coniglio editore faccia ottimi volumi, beh,
vende pochissimo. Da tempo sostengo la diffusione dei libri in pdf. Magari col
sistema del print on demand: non stampabili, possono essere scaricati e letti. Se il
prodotto ti piace lo acquisti e te lo spediscono a casa con un capitolo
aggiunto.

A proposito di libri: Fumettisti d’invenzione! è in uno strano formato A4.
Molto leggibile ma anche ingombrante. Perché questa scelta
?

Ho impaginato il libro da solo. E quello, per me, era un
formato adeguato. Poi l’ho sottoposto alla Coniglio, che ha deciso di
stamparlo. E a quel punto sono stato maledetto per la scelta della dimensione.
Ma ormai il lavoro era fatto e non si poteva tornare indietro.

Ora parliamo d’altro. Nonostante le considerazioni
sulla scarsa attenzione dei lettori, si parla ancora della riconoscibilità del
fumetto come arte alta. Cosa manca ancora per il suo sdoganamento?

Il salto non è stato ancora fatto. Esempi di fumetti come
arte alta non ce ne sono. Di alto artigianato, invece, ce n’è tanto. Ed è molto
interessante. Il problema, semmai, non è riconoscere gli esempi di arte alta
nel fumetto. Ma riconoscere a questo mezzo le possibilità di raggiungere certi
livelli. Una possibilità negata a lungo.

Quali sono i maggiori impedimenti che condizionano
questo sviluppo?

Nessun impedimento. Tutto dipende dalla posizione e
dall’approccio dell’autore. Se qualcuno mi dice “Io farò l’artista”, per me è squalificato in
partenza. Non sono cose che si decidono a priori. Ci può essere il bravo
artigiano che per talento, capacità e sensibilità diventa un artista. Forse,
proprio in virtù della scorsa considerazione di cui gode il fumetto, in questo
campo è più difficile trasformarsi da artigiano ad artista. C’è meno gente che
si avvicina al fumetto per fare l’artista di quanta ce ne sia nella pittura o
nella musica.

Un lavoro di Roy Lichtenstein
Cosa significa essere un artista?

Ecco, non dobbiamo lasciarci ingannare da questa parola. È
molto difficile da definire.

Penso a Sergio Toppi. Lui si è sempre definito un
artigiano.

Un artigiano che ha raggiunto delle vette che possono
essere perfino artistiche. Toppi è un autore bravissimo. Che la sua sia
considerata arte o no, beh, a me non interessa molto. Il suo prodotto è ben
fatto. Se poi fra un secolo il suo lavoro si ricorderà ancora, forse allora
sarà considerata arte.

E come giudichi il rapporto fra autore e committente?

Molti dicono che il fumetto non può essere considerato
arte proprio per questo. E soprattutto il fumetto “non d’autore”.

“Non d’autore”. Lo dici con un certo
disprezzo. Perché?

Il problema sta nella definizione: un fumetto è
“d’autore” quando a realizzarlo è una sola persona. Se oltre al
disegnatore c’è anche uno sceneggiatore, non è “d’autore”. Questa è
la considerazione generale. Forse è perché un quadro, almeno in linea teorica,
è un’opera d’arte attribuita a un solo pittore.

Comunque esistono molti esempi di “fabbriche d’arte”…

Sono convinto che oggi ci siano grandi artisti che in
realtà hanno il talento per le public relation. Rispetto questa meravigliosa
arte della promozione. Anche se poi il prodotto artistico non mi piace affatto.
Prendiamo Maurizio Cattelan e il suo dito medio in piazza Affari, a Milano. Lui
sì che è un genio delle public relation. Se io e te facessimo qualcosa di
provocatorio, anche se tecnicamente perfetto, ci prenderebbero a calci nel
sedere. Se invece la provocazione è lanciata da un genio della comunicazione
come Cattelan, allora quella è arte. Quindi c’è un’immagine molto deviata
dell’arte. Questa, infatti, è l’arte del farsi riconoscere.

Un fascio di bombe - tavolaE il fumettista?

In questo momento sta tristemente puntando su questa
seconda ipotesi. Tantissime opere che a parer mio vengono scelleratamente
considerate come il nuovo trend del fumettaro sono in realtà tristissime e
pallose autobiografie. Attenzione, non tutte sono davvero così noiose. Ma non è
detto che se uno inizia a far fumetti e dopo poco disegna la sua autobiografia
in centinaia di pagine questa sia arte. E il problema è che il mondo della
critica, a priori, la considera tale. La preferisce a un’onesta storia di Tex o di altri fumetti seriali.

Se uniamo queste considerazioni a quelle degli artisti
delle public relation
non è che il quadro sia confortante…

Prendiamo un altro esempio: Roy Lichtenstein. Anche lui
era un artista della comunicazione. Però aveva anche una sua invenzione che lo
rende a parer mio il più importante della categoria.

Allora Lichtenstein ti piace?

È il suo lavoro a essere divertente: ha preso e riproposto
vecchie cose. Forse è tutto un problema di sostanza. E in Lichtenstein, così
come in Jasper Johns, la sostanza c’è.

A proposito di editori, mercati, autobiografie e PR: un
buon ufficio stampa quanto può condizionare la critica?

Moltissimo. Innanzitutto non esiste una vera critica del
fumetto. Esiste molta più gente che ama il fumetto e a cui piace parlar bene
del fumetto. Ma questa è una cosa differente dalla critica. Quella
cinematografica, ad esempio, ha assunto delle connotazioni precise: anche un
critico deboluccio è preparato, parla del prodotto e non dell’autore in termini
folcloristici. Nel fumetto non è così. Soprattutto quando si scrive del
prodotto seriale. In quel caso non si parla mai della storia ma dell’autore.
Chiaramente abbiamo un vecchio vizio critico che vale tuttora: ciò che è noioso
e incomprensibile è anche interessante. Sia chiaro però che non nego affatto il
fumetto d’autore: apprezzo Gipi, Art Spiegelman e molti altri. Sono geniali,
bravi e innovativi. Altri sono misere copie che toccano elementi di moda tanto
cari alla critica del fumetto. Ecco, se avessi tempo e voglia disegnerei una
finta biografia in stile sfigato. E avendo una certa tecnica…

La tua finta autobiografia riscuoterebbe un gran
successo?

Forse. Ma cosa significa avere successo? Forse che
scrivono molto bene di te (ma non vendi)? O che pur scrivendo poco di te vendi
un sacco di copie? Vedi, recentemente è uscita la riedizione di un volume sulla
strage di Piazza Fontana, Un fascio di bombe, realizzato parecchi anni fa da
me, Mario Gomboli e Milo Manara. Per l’abilità di promozione dell’editore sono
usciti molti articoli su questo libro. Ma nessuno si è degnato di leggerlo, e
questo si capisce benissimo. (Se fossi un critico ci andrei giù pesante per i
tanti errori.) Ecco, uno potrebbe pensare al boom dell’anno. Invece abbiamo
venduto 800 copie.

Una spilla di Pogo
Torniamo agli autori di comic book, e chiudiamo la
nostra conversazione. Quali sono oggi i migliori?

I migliori stimoli non arrivano da quelli americani. I più
grandi autori o sono inglesi o sono ebrei. O di origine inglese ed ebraica. Si
portano dietro un bel bagaglio culturale. Sono gli unici che riescono a dire
cose nuove anche nel mondo dei supereroi. Penso ad esempio a personaggi come
Frank Miller. Gente che si porta dietro la cultura europea. Secondo me il
fumetto è un’invenzione fra l’ebraico, l’inglese e l’irlandese. Tutti i momenti
migliori del fumetto americano sono infatti legati a questi tre Paesi.

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Fumettisti d’invenzione! (1)

a cura di gianluca
testa


Alfredo
Castelli – Fumettisti d’invenzione!

Coniglio Editore, Roma 2010

Pagg. 352, € 24,50

ISBN 9788860632340

Info: la scheda dell’editore

[exibart]

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