25 novembre 2011

fino al 20.II.2012 Arte Povera più Azioni Povere Napoli, Museo MADRE

 
Al Museo Madre, nella chiesa di Donnaregina, rivive la mitica mostra sull’Arte Povera svoltasi agli Arsenali di Amalfi nel 1968...

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Mi sembra opportuno segnalare che mi appresto a scrivere quest’articolo nella giornata immediatamente successiva alle dimissioni del “nostro” Presidente del Consiglio. Nell’appena nata Italia post-berlusconiana, non si ha ancora il cuor leggero di chiamarla libera, appaiono terrificanti le “ferite” del ventennio breve; la videocracy de “l’idiot de la famille” di Arcore, con la sua logica perversa del “basta apparire”, tutto ha contaminato, ed eccone i segni anche ai vernissage (bisogna utilizzare parole alla moda) delle mostre. Al museo MADRE di Napoli si apre la mostra Arte Povera più Azioni Povere; insolitamente visito l’esposizione la sera dell’inaugurazione ed immediatamente resto colpito dal sofisticato vestiario di molti dei presenti, per dirla con Arbasino quando “l’arte va di moda più dell’alta moda”. Insomma ho l’impressione che possa esserci qualche conflitto tra la parure della signora accanto a me e la poetica dell’Arte Povera, ma suvvia, non badiamo a queste quisquilie. L’importante è esserci, o meglio apparire. Così a volte bisogna solo ricordare per poter sperare, e mi viene da citare il tanto amato Pavese: la repentina libertà del cielo, mi gonfiò il cuore e capii che bastava un soprassalto d’energia, un bel ricordo, per ritrovare la speranza, ed è quello che prova a fare questa mostra. L’esposizione sull’Arte Povera del MADRE curata da Germano Celant, deus ex machina del gruppo, e da Eduardo Cicelyn celebra il movimento nato nel 1967 e lo fa riproponendo la mitica mostra “Arte Povera più Azioni Povere” del 1968 agli Arsenali di Amalfi. Rileggere la playlist degli artisti presenti in quell’esposizione, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz, Marisa Merz, Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Gilberto Zorio, significa rileggere la storia dell’arte italiana degli ultimi cinquant’anni.

Le opere, che nel 1968 trovarono ospitalità ad Amalfi, ora rivivono all’interno della chiesa trecentesca di Donnaregina e visitando la mostra è sorprendente il segreto dialogo che si instaura tra opere così distanti cronologicamente, a riprova di una felice massima che vuole “l’arte sempre contemporanea”, mi permetto di aggiungere quando è Arte. Se nel chiostro ci accoglie un’opera di Kounellis “Senza titolo” che, issata all’altezza delle volte, domina lo sguardo come un’icona bizantina, all’interno della chiesa “Tenda di lampadine” di Pistoletto fa da sipario, luminoso ed attraversabile, all’esposizione. Sotto le volte a crociera si squadernano le opere degli altri partecipanti, inni agli “elementi primari”, fisicizzazione di un’idea o concetti tradotti in materia. Così appare illuminante il commento alla prima mostra “Arte Povera-Im Spazio” (1967), in cui Celant scrisse: “I lavori […] riguardano fondamentalmente archetipi mentali e fisici, tentano di evitare ogni complicazione visuale per offrirsi come ‘dati di fatto’ ”, e, per maggior chiarezza, aggiunse nel testo programmatico Arte Povera. Note per una guerriglia (1967) che: “alla convergenza tra arte ricca e vita, l’arte povera, un esserci teso all’identificazione, cosciente, reale=reale, azione=azione, pensiero=pensiero, evento=evento, è un’arte che predilige l’essenzialità informazionale”.

Con questo viatico è più semplice avvicinarsi ad opere come “Sit in” di Mario Merz, o al “Mappamondo” di Pistoletto, rappresentazione fisica del “quarto potere”. Gilberto Zorio rinchiude una delle colonne della chiesa ne “Il fuoco è passato” e con “Senza titolo” sovverte le leggi della fisica con la fantasia. L’anarchia ludico-ironica delle opere di Alighiero Boetti bilancia i raffinati concettualismi di Giulio Paolini; l’ “Italia” capovolta di Luciano Fabro svetta nella navata centrale come un’icona laica. Sull’altare si muovono immobili i “Bachi da setola” di Pino Pascali, appena appena sfiorati dal “Soffio” di Penone, mentre gli “Stracci” di Pistoletto arricchiscono il sepolcro di Maria d’Ungheria (1323) di Tino di Camaino. A conclusione il video, bianco e nero, della mostra di Amalfi del 1968 rende merito all’unico movimento di respiro internazionale del secondo Novecento italiano.

massimo maiorino
mostra visitata l’11 novembre 2011

Arte Povera più Azioni Povere
a cura di Germano Celant e Eduardo Cicelyn
MADRE Museo d’Arte contemporanea Donnaregina
Via Settembrini 79
Napoli
Orario apertura
Tutti i giorni Lunedì, Mercoledì, Giovedì, Venerdì, Sabato: 10.30 – 19.30
Domenica 10.30 – 23.00
Martedì chiuso
Info: +39 081.193.13.016
Catalogo Electa

 

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