12 maggio 2012

Cracovia. Giovane Festival, tanta fotografia

 
Il Krakow Photomonth Festival 2012 sta per aprire i battenti. Mischiando nomi storici (Magritte e Rodchenko) con i più grandi fotografi polacchi (Jerzy Lewczyński). E artisti internazionali come Nan Goldin, Damien Hirst, Boris Mikhailov, Thomas Ruff e Jan Saudek. Ma a colpire non è solo la varietà dell'offerta. In questa città emergente a mettersi in luce sono direttori e curatori neanche trentenni. Perché la Polonia è un Paese per giovani [di Manuela de Leonardis]

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“Join Us!”. L’imperativo è frizzante quando ad adottarlo come slogan ufficiale è il Krakow Photomonth Festival 2012. Un invito a seguire il festival nel suo decimo anniversario, che l’intera città di Cracovia si prepara a festeggiare dal 17 maggio al 17 giugno con un orientamento – sia di programmazione che di pubblico – sempre più internazionale.

Un festival molto giovane, a partire dal suo direttore artistico, Tomasz Gutkowski, 33 anni, in carica da quando ne aveva 25, ma sapientemente collaudato. Organizzato dalla Foundation for the Visual Arts, dove Gutkowski è affiancato nella sezione Off da un gruppo di curatori altrettanto giovani – tutti nati tra il 1975 e il 1985, «sono il più anziano del gruppo», dice lui  – che hanno lavorato in coppia: Grzegorz Piątek e Jarosław Trybuś, Witek Orski e Janek Zamoyski, Adam Pańczuk e Michał Łuczak, Zuza Krajewska e Bartek Wieczorek, Magdalena e Gaweł Kownacki.

Dati particolarmente significativi, se confrontati allo standard di altri festival e soprattutto alla media dei direttori e curatori italiani. Giovinezza non è necessariamente sinonimo di inesperienza – né, di contro, d’innovazione – ma certamente è ipotesi di futuro. E la Polonia è un “Paese per giovani” che, anche in campo culturale, hanno buone prospettive.

Si sa, però, che per guardare avanti è bene tenere a mente il passato. Ecco perché tra i principali appuntamenti della manifestazione ci sono quelli dedicati a due straordinarie figure del XX secolo: Alexander Rodchenko (1891-1956) e René Magritte (1898-1967). Artisti che con modalità diverse – ma in tempi parzialmente coincidenti – hanno utilizzato la fotografia in maniera del tutto autonoma e sperimentale. La prima mostra che si è aperta – il 18 aprile, come anticipazione del Krakow Photomonth – è The Fidelity of Images. René Magritte and Photography (a cura di Natalia Żak), nata dalla collaborazione dell’International Cultural Centre di Cracovia con la Wallonia-Brussels Representation di Varsavia.

Nella selezione di scatti, datati 1928-1955, ritroviamo la sfera privata di Magritte: alcuni suoi dipinti, la moglie Georgette. All’amico Paul Nougé, poeta, filosofo e fotografo surrealista che lo iniziò all’arte fotografica, è dedicato quello scatto, realizzato su una spiaggia belga nel 1937, in cui Nougé ha in mano una scacchiera che nasconde il suo volto (o lo sostituisce) e, nell’altra, una pipa. Due oggetti che sintetizzano la poetica surrealista e che rappresentano una passione condivisa dai due amici.

Di grande interesse anche Alexander Rodchenko. Revolution in Photography (a cura di Olga Sviblova), ospitata al National Museum. Una mostra itinerante organizzata in collaborazione con il Museo della Casa della Fotografia di Mosca, che tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 è approdata anche al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Affascinato dalle possibilità del mezzo fotografico, il padre del Costruttivismo ha lasciato un numero sorprendente di scatti del periodo 1924-1954, caratterizzati da un inesauribile desiderio di sperimentazione. Con quella sua prima Lochim 9×12, acquistata nel 1924 (e sostituita quattro anni dopo dalla Leica, che sarebbe diventata sua compagna inseparabile), Rodchenko cominciò a ritrarre i suoi familiari e gli amici più cari, soprattutto sua madre, la moglie Varnara Stepanova – musa ispiratrice e collaboratrice – il poeta Majakovskij.

Ritratto di madre (1924) – la foto è anche nella copertina del n. 10 della rivista Sovietskoe Foto del 1927 – è un’immagine particolarmente poetica, costruita com’è intorno alla mano dell’anziana che afferra gli occhiali. I suoi occhi bassi sono concentrati nella lettura. Sappiamo che la mamma dell’artista imparò a leggere solo in tarda età: la forza di questa fotografia sta anche nella fatica della conquista, che trapela dalla descrizione del momento.

Chiude il cerchio di questa sezione storica Jerzy Lewczyński. Memory of the Image (le fotografie provengono dalla collezione del Gliwice Museum), ospitata – come la precedente – nelle sale del National Museum. Si tratta di un omaggio al più grande fotografo polacco vivente, Jerzy Lewczyński (1924), fondatore insieme a Zdzisław Beksiński e Bronisław Schlabs, della cosiddetta scuola dell’”anti-fotografia”.

Una filosofia quella di Lewczyński basata inizialmente sul concetto di anti-estetica e, successivamente, su quello di “archeologia della fotografia”, in cui l’immagine trovata – proveniente da fonti diverse, indifferentemente anonima o con un’identità segnalata – diventa patrimonio comune, strumento essa stessa di ricerca universale.

Il programma principale di Krakow Photomonth include, poi, alcune monografiche che offrono una panoramica sui diversi orientamenti della fotografia contemporanea, dedicate ad autori internazionali come l’ucraino Sergey Bratkov (1960) che con While Men Are at War, al Museo di Arte Contemporanea punta l’obiettivo, in maniera provocatoria e antieroica, sui “Kids” e le donne soldato del suo Paese, per analizzare i diversi fenomeni del postcomunismo.

Ci sono, poi, la statunitense Sally Mann (1950) con The Family and the Land al Seweryn Udziela Ethnographic Museum; l’olandese Viviane Sassen (1972) con Parasomnia alla Pauza Gallery (in collaborazione con la Stevenson Gallery) e il gallese Jason Evans (1968), che presenta alla ZPAF Gallery Picture for looking at and sculpture for photography: un nome già noto al pubblico del Krakow Photomonth, per aver curato la mostra Nothing is in the Place nell’edizione 2010.

Grande attenzione anche alla fotografia giapponese con Canary di Lieko Shiga (1980) – curata da Ferdinand Brüggemann della Priska Pasquer Gallery – che parte dall’analisi della natura per mettere in relazione gente e luoghi: un’architettura visuale che è poetica e potenzialmente barocca. Ricordiamo la sua partecipazione, con alcune foto della stessa serie, alla collettiva Mizu no Oto. Sound of Water (a cura di 3/3) – insieme a Yumiku Utsu, Mayumi Hosokura, Asako Narahashi e Rinko Kawauchi – forse la più bella mostra del circuito di FotoGrafia – Festival Internazionale di Roma 2011.

Canary è allestita al Manggha Center of Japanese Art and Technology, edificio progettato da Arata Isozaki (da un’idea fortemente perseguita dal regista Andrzej Wajda), inaugurato nel 1994. Passato e presente si rincorrono nelle sale di questo museo che, se da una parte ospita permanentemente la collezione di arte giapponese del nobile polacco Feliks Jasieński (soprannominato “Manggha”), che la creò alla fine del XIX secolo, dall’altra apre le porte alle tendenze più all’avanguardia dell’arte contemporanea del Sol Levante.

Per rimanere nella sfera giapponese si segnalano le fotografie di Nobuyoshi Araki nella collettiva Live Flesh. Photographs from the collection of Cezary Pieczyński alla Starmach Gallery, accanto a Nan Goldin, Damien Hirst, Boris Mikhailov, Thomas Ruff e Jan Saudek.

Nell’intenso programma che prevede incontri con i fotografi, letture portaolio e workshop, il Krakow Photomonth Festival 2012 propone un’innovativa sezione sperimentale su cui sono puntati tutti gli sguardi. Il titolo è Photography in everyday life. Il luogo è la Bunkier Sztuki Gallery. La leadership è affidata alla critica inglese Charlotte Cotton, autrice del saggio The Photograph as Contemporary Art. Un progetto interdisciplinare che coinvolge accademie e curatori polacchi, ma soprattutto un pubblico che – curioso e attivo – si accinge a rispondere positivamente allo slogan del festival: “Join Us!”.

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