01 marzo 2013

READING ROOM Con gli occhi di Vincent

 
Con gli occhi di Vincent
di Antonello Tolve
Un recente saggio di Manuela Guzzoni s'inoltra tra le pieghe psicologiche della melanconica ma vitale personalità di Van Gogh

di

«Preferisco dipingere gli occhi degli uomini che le cattedrali, perché negli occhi degli uomini c’è qualcosa che non c’è nelle cattedrali». Il cammino psicologico di Van Gogh – il suicidato della società, secondo Antonin Artaud – evidenzia, attraverso una vita portata al limite, alcune linee che tracciano un’apologia dell’uomo e dell’umanità. Ma anche alcuni sviluppi di un dolore (dell’io e del mondo) da affrontare, condividere, riportare nello e sullo spazio irrequieto della tela.

A questi orizzonti, a questi «acuti desideri», a questi impegni mossi dalla volontà di spingersi al di là dello sguardo (nello spazio della visione, più precisamente), Mariella Guzzoni, ha dedicato una sua recente ricerca. Si tratta di un volume, L’infinito specchio. Il problema della firma e dell’autoritratto in Vincent Van Gogh (et al. / Edizioni, 336 pagine), che disegna “una storia semplice”: la storia di un uomo e di un artista che ha toccato con mano il silenzio e la solitudine per rigenerare gli statuti della pittura grazie ad una «melanconia attiva». Ad un percorso – ad una conquista – che significa, per l’artista, «leggere, studiare, capire, cercare […]. Ma più di tutto», evidenzia Guzzoni, «significa trovare una via d’uscita dalla disperazione cupa e stagnante» del mondo, «dalla sensazione di pietrificazione» che bagna la mente.

Chi sono io? Qui e ora? Di chi sono io? Chi ha bisogno di me? A queste domande l’artista risponde, appunto, dalla propria solitudine, da quella che Franco Rella ha definito essere, Negli occhi di Vincent (1998), dolorosa nudità, con un impegno, con uno spleen dinamico: j‘ai préféré la mélancholie qui espère et qui cherche à celle qui morne et stagnante désespère.

Puntando il proprio sguardo sullo «specchio di Van Gogh», sul ritratto, sulla firma e sull’autoritratto, Mariella Guzzoni propone, allora, uno scenario dedicato alle infinite difficoltà di un uomo disarmato, precipitato nella vita, sgusciato integralmente al mondo.

“Lo specchio primo”, i “volti senza volto”, i “contadini intorno a un piatto di patate” e la “lunga via dell’autoritratto” (da Anversa a Parigi). E poi, ancora, “le scarpe”, il sud, Saint-Rémy, “il nome sulla carta”, i “girasoli e la luce”. Sono alcuni dei nuclei affrontati da Guzzoni per ricostruire, mediante oggetti, luoghi ed occasioni, una figura che, disegnata con precisione e, a tratti, con ossessione, si mostra nel suo infinito specchio vitale. Nella storia di una esistenza che, spinta dalle passioni, trova il suo “essere” tra i silenzi di un’idea, in una missione della pittura che è verifica costante, azione, spazio utile a ritessere le trame della vita mentre la vita stessa, su uno specchio, tace. «Non c’è bisogno che un artista sia un prete o un fabbricatore, certo egli deve avere un cuore affettuoso per gli altri uomini».

di Antonello Tolve

Titolo: L’infinito specchio. Il problema della firma e dell’autoritratto in Vincent Van Gogh

Autore: Mariella Guzzoni

Editore: et al. / Edizioni

Anno di pubblicazione: 2012

ISBN: 9788864630878

Pagine: 284

Prezzo: 25 Euro

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