12 settembre 2014

Una passione chiamata Street Art

 
Nonostante i nomi a volte impronunciabili, l’arte urbana piace al pubblico e agli addetti ai lavori. Festival, incontri, muri e tanta vita sui social network. Non si contano gli appuntamenti dell’estate ancora in corso, mentre si sono appena aperte più grandi kermesse internazionali. Che segnano una stagione migratoria degli street-artist in giro per il mondo. Ma con imminenti ritorni a Roma

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Memorie Urbane. Pixel Pancho La morte di Cajeta, Gaeta. Foto di Flavia Fiengo
È più calda che mai la scena della Street Art, in Italia e all’estero. È appena iniziato il famoso Nuart Festival, che si svolge a Stavanger, sulla costa ovest della Norvegia, e che è una delle realtà internazionali più autorevoli e dal forte collegamento con il territorio. L’appuntamento scandinavo è stato preceduto di appena un giorno (6 settembre – 20 ottobre) da  Artmosphere/Moscow Biennale of Street art, il primo festival che porta in Russia i principali talenti della street art. Ma anche l’Italia si dà da fare, a Roma è in dirittura d’arrivo MArteLive mega kermesse di artisti di tutti i tipi e da tutto il mondo, street compresi. E proprio nella Capitale e nel Lazio questa estate si sono avute autentiche chicche. A cominciare dalla conclusione, con fuochi d’artificio, del festival Memorie Urbane (www.memorieurbane.it ), che ha coinvolto la Riviera d’Ulisse nell’agro-pontino e parte del Basso Lazio. Una location apparentemente decentrata, ma in realtà profondamente connessa allo spirito storico-naturalistico e turistico del nostro Paese. Solo nell’ultima edizione sono stati accolti 25 artisti che hanno lavorato in località e contesti paesaggistici davvero incredibili. Una calda accoglienza che è il marchio di fabbrica dell’ideatore Davide Rossillo che per questa edizione ha deciso di dislocare il progetto in più comuni, sollecitando la partecipazione di associazioni e istituzioni locali. Cinque, quindi, le città che hanno ospitato il festival: Gaeta, Terracina, Latina, Arce e Itri con interventi realizzati da importanti artisti internazionali, come, tra gli altri, Ernest Zacharevich, Agostino Iacurci, Etam Cru e Pixel Pancho
Ciredz, Enziteto, Real Estate (2014), Bari. A cura di Antonio Pellegrino e Mario Nardulli, courtesy Pigment Workroom

Mesi intensi anche per il sud Italia, con la startup Pigment Workroom (www.pigment-wr.com) che ha inaugurato la sua presenza sul territorio pugliese con il progetto Enziteto Real Estate – A colorful escape to the suburbs. Un progetto che ha visto l’arte urbana intervenire e confrontarsi con la periferia cittadina di Bari. Come già avvenuto a Roma, nel caso degli interventi nel quartiere popolare di San Basilio, a cura dell’associazione Walls, anche in questo caso la popolazione della zona è stata coinvolta in tutte le fasi della lavorazione. In più, alla tradizionale riqualificazione a colori delle grigie periferie, si è aggiunto una sorta di esperimento condotto dal team guidato dallo studioso e curatore Vittorio Parisi, per testare l’impatto visivo, culturale e sociale dell’arte urbana astratta sulla popolazione delle periferie. E ne è risultato un interessante dialogo tra la cittadinanza, di tutte le fasce d’età, con gli artisti. In questo caso cinque italiani: Alberonero, Alfano, Ciredz, Geometric  Bang e Tellas
Un paio di questi nomi hanno fatto tappa anche in Salento per il VIAVAI PROJECT (www.viavaiproject.com ), con un format che sottolinea il cosiddetto nomadismo dello street artista e lo invita a lasciare un segno non solo sui muri ma anche sugli oggetti d’uso comune, attraverso un laboratorio serigrafico. Terza edizione invece per Oltre il muro (www.oltreilmurofestival.it ), ospitato nella cittadina campana di Sapri, a sud di Salerno. Film, cortometraggi, djset e tanti muri, anche quest’anno con ospiti internazionali, come Escif, Hyuro e gli italiani Alice Pasquini e Ciop&Kaf.  Grande fermento anche se talvolta non risulta ben delineato un vero e proprio progetto curatoriale. 
Hitnes, Eron in From street to art. New York, courtesy Simone Pallotta
Fa eccezione, in questo senso, sicuramente Frontier (http://frontier.bo.it/ ), una “piattaforma aperta e in evoluzione”, a cura di Fabiola Naldi e Claudio Musso, che portano nel capoluogo bolognese riflessioni artistiche a grande scala sui temi del writing e dei graffiti. Old school ma di grande qualità, con una forte coerenza e metodo di esplorazione.
Si distingue nell’offerta estiva anche  From street to art, un progetto artistico non in strada ma indoor, ospitato fino ad agosto presso l’Italian Cultural Institute di New York e curato da uno dei più autorevoli curatori di arte urbana a livello internazionale, il romano Simone Pallotta. L’esposizione è nata da una sinergia tra gli artisti e il curatore, con l’intenzione di fare luce «sulla una generazione di artisti che sta cominciando ora a scrivere il futuro dell’arte in Italia e dell’arte italiana nel mondo: Agostino Iacurci, Aris, BR1, Cyop&Kaf, Dem, Eron, Hitnes, Sten&Lex, Ufo5, 2501». Un gruppo di artisti che il curatore ha seguito in tutte le fasi del percorso creativo e di vita, che li ha portati a distaccarsi dal linguaggio dei graffiti o del post-graffitismo di matrice nord americana per approdare a linguaggi diversi ma tutti caratterizzati da un alto gradiente poetico e da una certa leggibilità anche per il pubblico meno “educato” ai linguaggi artistici. 
Hyuro- Djerba, Tunez (2014), courtesy of the artist
Street art al museo, invece a Roma, dove la galleria 999 Contemporary ha portato nelle sale del Macro Testaccio la mostra Urban Legend, che ha chiuso i battenti ad agosto ed è nata sotto il segno di una collaborazione Italia-Francia, con l’artista Christian Guémy, alias C215, che ha affiancato i galleristi nella curatela del progetto. Una grande opera di ogni singolo artista e una serie di combo, collaborazioni a più mani in perfetto stile urban. A rappresentare gli italiani: Eron, Moneyless, Lucamaleonte, Andreco, 108 e Tellas, punte di diamante del panorama nostrano. Per i francesi nuovi talenti e vecchia guardia, in mostra i lavori di C215, Alexone, Seth, Epsylonpoint, Popay e Philippe Baudeloque
In realtà più che la Capitale, quest’estate il centro del mondo street è stata un’isoletta della Tunisia, che ospita il museo a cielo aperto Djerbahood (www.djerbahood.com ). Il progetto, a cura della Galerie Itinerrance di Parigi, reduce dal successo di Tour 13 (n.d.r. un edificio dismesso in un quartiere periferico di Parigi, interamente ricoperto di street art e demolito alla fine del 2013), è stato quello di creare un luogo dell’anima, crocevia di sensibilità e culture diverse, che si dislocano e si raccontano sui muri bianchi graffiati dal vento e dalla sabbia. Numerosi gli artisti del panorama internazionali, accorsi qui come in una sorta di pellegrinaggio. Tra gli altri: Roa, El Seed (famoso calligrafista e artista tunisino), Axel Void, Faith47, Orticanoodles e diversi rappresentanti della scena street africana e mediorientale, oltre a numerosi europei e americani. Una suggestiva narrazione orizzontale che si nutre di un territorio lontano e spesso si culla dolcemente negli stilemi decorativi locali.
Bien Urbain. Graphic Surgery, ©blindeyefactory
Conferme anche dai grandi festival internazionali come Living Walls (www.livingwallsatl.com ), ad Atlanta, nato per promuovere, educare e cambiare la prospettive dello spazio pubblico attraverso la street art. Anche quest’anno iniziative, conference ed eventi hanno accompagnato i lavori in strada di artisti come Borondo, Moneyless e Derek Bruno.  Grande successo anche per la nuova edizione del Bien Urbain (www.bien-urbain.fr ) Festival di Besançon in Francia, nel quale si sono alternate al lavoro sui muri: proiezioni, letture e workshop. In questo caso «non si tratta di creare una galleria a cielo aperto o di decorare la città», tengono a specificare gli organizzatori, ma di «offrire attimi di respiro nella nostra vita quotidiana, attraverso immagini e suoni». 

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