27 settembre 2014

Bologna, RoBOt Festival e la glich theory. O come direbbe Duck Ellington: “Non esistono generi musicali, solo bella e brutta musica”

 

di

Adelin Schweitzer, A Reality, RoBot
Dal primo al 5 ottobre oltre cento tra visual artists e musicisti internazionali si incontrano a Bologna in occasione della settima edizione del RoBOt Festival, manifestazione legata alla musica elettronica e alle arti digitali. Progetto di Shape prodotto in parnership con BolognaFiere, realizzato con il patrocinio e il sostegno del Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, Università di Bologna e Bologna Unesco city of Music, con il sostegno di Fondazione del Monte e Fondazione Teatro Comunale di Bologna è in collaborazione con Red Bull music Accademy e con l’innovation partnership di Working Capital, la rassegna è stata presentata stamane.
Con i suoi quasi 40 partner tra sponsor commerciali e tecnici RoBOt Festival si propone come volano per un rilancio dell’offerta culturale bolognese, a ragione, internazionale. 
«Ci collochiamo in una posizione di primissimo piano – come ha detto Andrea Giotti nella conferenza stampa d’apertura, intervenendo con consapevolezza sulla considerazione che un festival di musica elettronica e delle arti digitali, a torto considerato un festival di serie B, abbia il compito di dimostrare nella sua settima edizione una prova di maturità nei contenuti». 
A parte i grafici e le colonne d’investimento economico il paragone appare chiaro: se il Sonar di Barcellona a fronte di un investimento iniziale di 6 milioni di euro ha prodotto un indotto di 56 milioni di euro (studio Deloitte 2010) allo stesso modo il RoBot pare porsi come interessante investimento future, con un basso capitale iniziale (600mila euro) e profittevole dell’alta marginalità di guadagno. 
Un progetto culturale che alimenta il tessuto connettivo cittadino facendo leva sulle forze creative e tecnologiche e che propone una nuova collaborazione con l’Università e un progetto di collaborazione triennale in partenariato con BolognaFiere. 
Festival dai poliedrici pattern digitali che si scontra con una struttura amministrativa non abituata a conversare con un evento che coinvolge su più fronti le Istituzioni. Nelle parole di Alberto Ronchi (Assessore alla Cultura) c’è una certa posatezza laddove afferma che «Con calma, devono essere compiuti i giusti passi” ma che “la crescita di questa manifestazione è evidente e sotto gli occhi di tutti – proponendo  da un punto di vista dei contenuti culturali, livelli molto alti».
Così Ronchi sintetizza il profilo istituzionale, trait d’union tra nuove imprese culturali e capitale.  
Pragmaticamente Duccio Campagnoli, Presidente di Bologna Fiere chiosa «In qualche modo questi Padiglioni li dobbiamo pur riempire» e affidando contestualmente le chiavi dei Padiglioni 25 e 26 che furono dell’architetto Benevolo, a questo nuovo giovane partner. 
Un glich che veicola e movimenta un bug artistico dal non indifferente impatto teorico: si conferma per quest’anno il RoBOt Music Hack, maratona di 24 ore dove programmatori, designer e artisti si incontrano per dare nuove forme al futuro della musica.
E per chi avesse ancora fiato Marco Ligurgo ricorda la time line dei dj set e il core di 14 proiezioni in anteprima nazionale, stabilenti ponti cinematografici tra Russia e la Spagna e America. (Paola Pluchino)

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