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Era nato a Bologna nel 1922, ma avevo scelto Roma per oltre trent’anni come sua città. L’Accademia di Belle Arti, con i corsi di Giorgio Morandi e Virgilio Guidi, negli anni ’40, erano stati la sua scuola. Poi la presentazione di Francesco Arcangeli, le pitture influenzate da Jean Fautrier e la prima consacrazione, con la Biennale di Venezia nel 1956.
Erano stati questi i primi passi di Vasco Bendini, scomparso poche ore fa a 93 anni, proprio a Bologna. Una vita consacrata all’arte, fino all’ultima consacrazione pubblica, al MACRO, nel 2013: la mostra Vasco Bendini 1966-67, curata da Gabriele Simongini, era stato un particolare omaggio che il museo romano gli aveva dedicato, e l’artista aveva donato alla collezione permanente due opere del periodo: “Scatola U” del 1966 e la “Cabina solare” del 1967. Di lui si erano occupati anche Giulio Carlo Argan, Renato Barilli e Maurizio Calvesi, e nel 1997 aveva vinto il Premio Lissone alla Carriera, occasione che gli era valsa anche la mostra al MAC, curata da Flaminio Gualdoni. E poi i “dialoghi”, come quello che era stato con Matteo Montani, a Palazzo de Mayo di Chieti, nel 2012. Due artisti divisi da 50 anni di differenza e uniti da un’affinità di linguaggio e stile, pur nella persistenza delle rispettive identità.
Pittore del soffio vitale, dell’anima, delle emozioni profonde che diventano colore. Sono onorato di essere stato amico di questo grande artista così totalmente dedito alla propria vocazione, così umile e lontano dalle logiche di un sistema dell’arte afflitto dal virus della speculazione finanziaria. Avrebbe meritato una mostra antologica alla GNAM da molti anni e più attenzione dalle cosiddette istituzioni pubbliche, nel mio piccolo ci ho provato con tutte le forze ma questo è un paese senza dignità. GRAZIE VASCO, dolce poeta della pittura.
Gabriele
Buon Viaggio, Maestro, nei suoi cieli e tra le sue nuvole.
Artista vero.
Vero artista.
Un giovanissimo nostro caro amico. Targa Volponi 2013. E’ un grande dolore per Casa dei pensieri.
E’ Stato un Proff meraviglioso, a Bologna all’Istituto d’Arte – Mi ha insegnato che i colori possono cantare o raccontare poesie, così come i suoi quadri andavano “oltre “. Lo porterò nel cuore per sempre con un grazie immenso per il mondo che mi ha regalato e un dolore grande .