22 giugno 2015

Un disco d’arte: ecco Paolo Tarsi con il suo rock degli “ambienti”, che omaggia William Burroughs e un bel gruppo di illustri italiani

 

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Non è di certo “musica del caso”, citando il grande scrittore Paul Auster, piuttosto è rock sperimentale e improvvisazione, in un disco suonato a dozzine di mani. Ecco il nuovo lavoro di Paolo Tarsi, compositore, romanziere del collettivo Argo e artista, che negli anni ha scritto musiche per mostre di Paolo Cotani, Mario Giacomelli, Andy Warhol, e collaborato con gli artisti Marco Tirelli e Tullio Pericoli, figure omaggiate nel nuovoFurniture music for new primitives (musica d’arredamento per nuovi primitivi), in uscita oggi per la collana POPtraits Contemporary Music Collection di Cramps Music e prodotto dall’etichetta Rara Records. Una carriera, quella di Tarsi che l’ha visto anche impegnato in perfomance e installazioni al MAXXI di Roma, il MUSMA di Matera e il Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro (foto sopra, di Paolo Rossi).
Ma come sarà questo nuovo disco, decisamente d’artista? Ispirato a un altro grande scrittore, William S. Burroughs, e al suo romanzo Le Città della Notte Rossa, primo volume dell’omonima trilogia edita nel 1981. Un disco che muove idealmente da quella che Erik Satie definì la “musica da arredamento”, specchio e metafora del mondo contemporaneo, saturo di segnali e modi di comunicare, popolato da creature virtuali che sembrano muoversi come dei nuovi primitivi di fronte alle possibilità tecnologiche del XXI secolo.
Ma non è finita, perché l’arte non la troverete solo tra le tracce, ma anche nella copertina (foto in home page, dettaglio), realizzata con la collaborazione dell’artista Luca Domeneghetti, il fotografo Roberto Masotti e il compositore, regista e artista Roberto Paci Dalò, e nata attraverso materiali cartacei trovati, in una versione collage e de-collage che ricorda il celebre cut-up di Burroughs, o degli italiani Gioli e Tambellini (entrambi al Padiglione Italia). E così volontariamente o meno, Burroughs ritorna, a viverci dentro. Con John Cage, Brian Eno e la ruota di Duchamp, Marina Abramović/Ulay, Entr’acte di René Clair, Jean Tinguely e le sue macchine inutili e il Lettrismo, solo per citare l’arte. Buona visione o buon ascolto?

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