22 settembre 2015

IN RICORDO DI

 
La fine di Salvo, un nuovo inizio
di Nicola Vitale

di

Se ne sono dette tante su Salvo, e dopo la sua scomparsa incominciano ad uscire articoli che lo ricordano. Un artista controverso, come ha sempre voluto essere. Indifferente ai giudizi di chi, dopo il passato degli inizi legato all’arte povera e al concettuale, quando ha preso la strada della bella pittura, lo ha additato come colui che cercava la strada facile della commercializzazione. 
Vi è qui un muro invalicabile che divide non solo estimatori e detrattori di Salvo, ma gli estimatori stessi, tra coloro che esaltano il concettuale degli inizi, e coloro che amano il pittore: i suoi paesaggi incantati di cui ha lasciato vasta testimonianza. È questo un muro di percezione, che possiamo dire divide il mondo dell’arte, e forse il mondo tout court. C’è chi vede e chi non vede, e dunque non vedendo preferisce pensare l’arte nelle sue congiunture concettuali. È una differenza che somiglia a  quella tra chi è intonato e chi è stonato. 
L’importanza di Salvo è valutabile solo da coloro che sono “intonati” cioè coloro che riconoscono il valore della pittura al di là del tempo. Questa dimensione  è quella che lui ha riscoperto tra gli anni settanta e ottanta, quando ha incominciato, pur in modo abusivo, a “maneggiare” i grandi capolavori del quattrocento italiano, là dove l’arte europea ha forse raggiunto il suo apice. La svolta di Salvo verso la pittura, non è stata dunque dettata da una idea di stile, cioè non è stata una “trovata”, ma un lungo iter di conoscenza in cui si è inabissato nei segreti della pittura di ogni tempo, per farli propri e riattivarli nel presente. 
Salvo - La fine del giorno - 2010 - olio su tela - cm 130x180 - photo Nicola Eccher
Con la sua svolta pittorica, (all’inizio compreso solo dai galleristi europei più geniali: Paul Maenz di Colonia, Schwarz di Amsterdam, Gianenzo Sperone di Roma, Franco Toselli di Milano) Salvo supera il concettuale, e oserei dire la stessa arte contemporanea, avendo compreso come si trovasse ormai in un vicolo cieco in cui le risorse di una ricerca del linguaggio si sarebbero presto esaurite. Nei primi anni ottanta egli fa il grande salto, ponendosi già al di là del guado in cui oggi ci troviamo arenati. Supera la frattura insanabile del nichilismo moderno, in cui sensibilità ed intelletto sono scissi. Rappresentare un albero o una casa, (come è riuscito a fare Salvo) non sarebbe oggi altro che porre la nostra mente davanti ai suoi limiti, per cui essa non è in grado di vedere che riferimenti storici, conoscenze scientifiche, il tutto su uno sfondo di quantificazione economica. Così guardiamo il mondo: un mondo che per questo è diventato artisticamente irrappresentabile. Salvo “ribalta” la sua propensione concettuale, raggiungendo una concezione dell’arte del tutto inedita.  In questo caso è la pittura, che grazie alla sua pienezza ritrovata, vitalizza il concetto banalizzato. Le sue case, alberi, montagne, nuvole, essenzializzate in uno schema concettuale, sono nel contempo così piene di forza, energia e luminosità da trasfigurare l’immagine semplice, che in sé apparirebbe banale. Questa è la svolta epocale a cui è arrivato già da molti anni il genio di Salvo; svolta oggi ancora tutta da capire e interpretare, per cui occorre cambiare paradigma, ritrovando la percezione e conoscenza della pittura, portata alle estreme conseguenze delle sue tensioni interne atemporali. In tutto ciò Salvo ci indica un nuovo inizio per l’arte, ma anche un nuovo modo di guardare il mondo.   
Nicola Vitale

1 commento

  1. Ho sempre trovato questa pittura di sapore dolciastro. Sembra naif; che poi venga dal concettuale poco importa. A mio parere poteva tranquillamente rimanere un fatto privato.

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