31 gennaio 2016

Ecco come sarà la 21esima Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, o di un ciclopico “Design dopo il Design”. Ritorno al futuro?

 

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Chiusi i battenti di Expo 2015, polemiche a parte, Milano concede il bis con La Triennale Internazionale, kermesse cultural-mondana che dopo vent’anni per sei mesi (dal 2 aprile al 12 settembre) sarà piattaforma della cultura progettuale e volano della creatività nell’ambito di design, arte e cultura. 
Nel titolo flessibile e ambivalente 21st Century. Design After Design, la Triennale si preannuncia articolata e riconferma l’attitudine all’indagine e alla supervisione critica dei segni del futuro, già presente. 
I temi sono le domande complesse sul nostro vivere quotidiano del tipo: quali sono i nuovi bisogni, desideri, cose, case? E ancora, come è cambiata l’esperienza dei consumatori e il rapporto con lo spazio domestico e urbano? Quali spazi nell’epoca del nomadismo culturale? 
Queste e altre tematiche urgenti sono il concept della prima Triennale del nuovo millennio, che prevede un programma fitto di mostre, talks, festival e convegni, workshop, spettacoli, concerti, con centinaia di persone, e ospiti internazionali nelle Lectures, eventi diffusi in tutta la città. 
Le sedi espositive saranno 12, e oltre alla Triennale gli altri spazi coinvolti nella kermesse culturale sono: Fabbrica del Vapore, Pirelli HangarBicocca, Campus del Politecnico, Campus della IULM, ma non potevano mancare anche il MUDEC e il Museo della Scienza e della Tecnologi Leonardo da Vinci a la BASE, Palazzo della Permanente, l’Area Expo (foto in home page), Museo Diocesano e naturalmente Villa Reale di Monza, dove la Triennale nasce nel 1923. 
Alla conferenza stampa (durata tre quasi ore!)  nel grande Salone di viale Alemagna, sotto il logo della T rossa (disegnato da Italo Lupi nel 1985), gremita come alla prima della Scala, il presidente Claudio De Albertis, quasi afono e con voce flebile ha “urlato” il messaggio: il DNA della Triennale è di monitorare le visioni del futuro e decodificarne le potenzialità in seguito ai radicali cambiamenti degli ultimi anni. 
Non è un caso, infatti, che La Triennale con il Design del Mobile, sono un appuntamento atteso che sonda cause ed effetti delle sempre più rapide evoluzioni dei nostri modi di vivere: un evento non solo effimero che sorprende se si spinge in avanti e centra gli obiettivi quando riconfigura design, architettura, arte e società con una lente antropologica. Siamo le cose che produciamo, e questa Triennale racconta come il progetto diventa cultura materiale e immateriale, come gli utensili e le modalità d’impiego in settori diversi, coinvolgono l’idea stessa di progettualità e compilano la storia della cultura della civiltà moderna. 
In sintesi la Triennale, grazie al sostegno del BIE, Bureau International des Exposition, del Governo, Comune di Milano, Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano e Camera di Commercio di Monza e Brianza e altri enti, aziende e sostenitori privati, ragiona già nelle intenzioni, come suggerisce il titolo, sulla preposizione “after” da intendersi come “dopo”, oppure come “nonostante”, in riferimento a una progettualità altra, investiga i cambiamenti e il senso o meglio i sensi della progettualità nel presente, e, come lo vedremo in scena a primavera. E chi vivrà vedrà. 
Le mostre sono curate dal comitato scientifico della Triennale, insomma si gioca tutto in casa, e questo francamente ci puzza un po’ di vecchio, ma è presto per criticare prima di vedere. Entrando nel merito del succulento “menù” espositivo: Andrea Branzi e Kenya Hara curano la mostra Neopreistoria: 100 Verbi, e La Metropoli multietnica, ospitate alla Triennale. L’obiettivo è di descrivere come con quali strumenti dalla preistoria alle nano-tecnologie di oggi l’uomo progetta se stesso e il mondo. Si recupera il passato, la storia anche con la mostra W. Woman in italian design, come “viva” e non solo “woman” incentrata sulla componente femminile, il design in rosa, a cura di Silvana Annicchiarico, ospitata anch’essa in Triennale e speriamo scevra da retoriche veterofemministe. Le mostra affronta le questioni intorno al gender, in linea con i nostri tempi, partendo dall’analisi del concetto di genere come una questione più che sessista, culturale. L’allestimento è un segreto e sarà a cura di Margherita Palli, il percorso espositivo seguirà un andamento cronologico dal Manifesto della Donna futurista, al merletto tradizionale rivisto da Patricia Urquiola. Cosa c’è di nuovo in questa proposta, allestimento a parte, lo capiremo vedendo. 
Di nuovissimo ci sono giovani designer “Under 35”, di scena alla Fabbrica del Vapore, talentuosi progettisti che hanno risposto all’invito di Richard Sennet, sociologo alla London School of Economics e Stefano Micelli, docente di International Management a Cà Foscari, autore del saggio Futuro artigiano, premiato con il Compasso d’Oro nel 2014. News Craft, è il titolo della mostra di una nuova artigianalità che nasce contaminata con la tecnologia digitale (nella foto Point of view di Miltos Manetas): qui si espongono 80 progetti selezionati su 420 proposte provenienti da una trentina di Paesi. Pierluigi Nicolin, architetto e stimato docente al Politecnico sarà curatore di due mostre “topiche”, una di scena all’Expo Landscape Urbanism, con la responsabilità di realizzare un “Orto planetario” già previsto ma non fatto per Expo 2015 e sarà interessante sul piano progettuale il riuso dell’Area expo con altre finalità e obiettivi. 
Di tutt’altro genere, sarà l’altra mostra ospitata al Pirelli Hangar Bicocca, intitolata Architetture as Art, dove lo sconfinamento tra i generi è di casa e sta dando esiti sorprendenti. Saranno esposti progetti e installazioni creati da 15 studi di architettura del mondo. Luisa Collina e Cino Zucchi, con la mostra Sempering, titolo coniato dai curatori, in omaggio all’architetto tedesco Gottifried Semper, torna sui principi fondamentali dell’architettura: una sorta di alfabeto del costruire con diversi materiali e idee. La mostra sarà ospitata al Mudec è concepita intorno a otto “azioni semplici”, capaci di trasformare i materiali e inventare nuove forme all’insegna del recupero della manualità e cultura del fare. 
Ma ora bando agli elenchi e concludiamo con la domanda di tutti noi comuni mortali: ma quanto costerà il biglietto? 22 euro il pass stagionale, oppure 15 euro prezzo intero, 10/12 ridotto e sarà valido per tutta la durata della Triennale da aprile a settembre e consentirà l’accesso alle 12 sedi, a nostro uso e consumo: quando lo desidereremo scopriremo cosa resterà degli anni 00! (Jacqueline Ceresoli)

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