30 agosto 2016

READING ROOM

 
Erudito, cinematografico, classico, satiro, fashion victim. Ovvero: Francesco Vezzoli. Secondo chi lo conosce bene
di Mario Finazzi

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Se ci fosse qualche nostalgico dell’estate, chiariamo subito che il libro di cui vi sto per parlare non è, e non era, un libro da ombrellone. Non tanto per l’argomento quanto per la stazza monumentale. Ma non poteva essere altrimenti, visto che il poderoso volume, a cura di Cristiana Perrella, celebra i primi circa 20 anni di attività di Francesco Vezzoli. E lo fa in maniera lussuosa e patinata (ma come poteva essere altrimenti, parlando di Vezzoli?), includendo persino pagine ricamate con frasi dell’artista, che ha collaborato alla realizzazione dell’opera.
Il testo passa in rassegna ogni operazione del percorso vezzoliano, ma non lo fa al modo di un noioso e pedante catalogo ragionato (non lo è e non lo vuole essere): si presenta invece come una sorta di omaggio all’artista, composto di più o meno brevi contributi di professionisti e/o amici che hanno avuto modo di collaborare con Vezzoli. 
E si tratta chiaramente di un coro di voci molto eterogeneo –  e dai risultati alterni – che va dall’immancabile Francesco Bonami a Ali Subotnick (curatrice dell’Hammer Museum della University of California), dalla nostra Anna Mattirolo (ex direttrice del MaXXI) a Mark Nash (curatore al Royal College of Art di Londra, dove Vezzoli si è formato), fino ad arrivare a personaggi apparentemente fuori tema come Clemente Marconi, professore di Storia dell’Arte Greca e Archeologia al dipartimento di Belle Arti dell’Università di New York (che fuori tema non è affatto, e capirete il perché).
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Si parte così dagli esordi di An Embroidered Trilogy del 1997-99, la trilogia video “ricamata” con la quale erano gettate le basi principali della sua ricerca. Da un lato il recupero del ricamo come medium di arte contemporanea, e l’interesse per le vecchie dive ereditato dalla madre, associato alle lacrime per parlare della paura di perdere (la fama per esempio, nel caso delle dive). Dall’altro la promiscuità, sotto il segno del kitsch, tra cultura alta e cultura bassa, tra realtà, finzione e autobiografismo, e quel senso di continuo scivolamento tra autoironia e autocompiacimento.
Si passa attraverso l’esplorazione delle dinamiche di fama e notorietà: da qui le varie avventure creative con le star, con Roman Polanski e Lady Gaga, per esempio, per il video del finto profumo Greed, o con Gore Vidal, per il trailer del remake immaginario di un film mai girato, Caligola, fino a diventare l’artista stesso star, anzi, superstar, tentando di trasformare prestigiosi musei (come il MaXXI, il MoMA PS1, il MoCA) in gallerie, chiese o cinema dedicati al proprio culto.
E si arriva poi alle ultime virate verso il regno della Storia e dell’arte del passato, interrogate da Vezzoli, e comunque filtrate attraverso il suo mondo, perché, non bisogna dimenticare, «il futuro è il passato con un vestito nuovo» – come detto dall’artista stesso nella bella intervista con Hans-Ulrich Obrist (uno dei punti più alti del libro insieme a quella con James Franco e quella con Miuccia Prada).
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Se il confronto con la storia non è mai mancato, soprattutto in termini di dialogo/confronto tra cultura nobile e cultura underground – si pensi, tra le tante, all’associazione tra Iva Zanicchi e la casa-museo del grande storico dell’arte e collezionista Mario Praz, in Ok, the Praz is Right!, o a quella quasi surreale tra Marlene Dietrich e l’artista bauhaus Anni Albers, in Marlene Redux – negli ultimi tempi l’attenzione dell’artista si è spostata fino a frammenti originali di statuaria romana tardoantica (acquistati regolarmente per aste o antiquari), con cui Vezzoli gioca, manipolandoli e inglobandoli nelle proprie opere, immaginando se stesso come satiro, oppure come Adriano in dialogo con Antinoo. E applicando, in un certo senso, il principio di antico-non antico enunciato da Ranuccio Bianchi Bandinelli per spiegare il riutilizzo nel rinascimento di frammenti di scultura antica, anche questo parte del background dell’artista, che ci si creda o no.
Già, perché un altro aspetto che emerge dai testi del volume, e soprattutto dalle interviste, è l’enorme erudizione di Vezzoli, sia in campo divistico e cinematografico, sia in campo storico-artistico, e non è raro assistere a sorprendenti piroette in cui il discorso, per esempio, passa da Panovsky a Greta Garbo con estrema nonchalance.
Lo spazio limitato, sia fisicamente sia temporalmente, di un libro ha di buono in questo caso di poter raccogliere sotto uno sguardo generale tutto il percorso di un artista, e far emergere chiaramente la rotta seguita. Si nota dunque, nella poetica di Vezzoli una crescita del fattore “storia” rispetto all’elemento star system che caratterizzava maggiormente le sue opere iniziali. Quasi come se l’artista, perso l’interesse in un gioco ormai ripetitivo e non più stimolante, ricercasse una nuova sfida, rischiosa e eccitante insieme, proprio nel confronto con le proprie radici, con la storia dell’arte. 
Francesco Vezzoli
Autore: Cristiana Perrella
Edizioni: Rizzoli 
Anno di pubblicazione: 2016
Pagine (b/n e a colori): 344
130 Euro

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