30 gennaio 2017

Bologna, in citta/13. Passeggiata critica alla fine di SetUp Fair, con il Premio Campolmi vinto dal giovane Nicola Malnato

 

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Sembra, a passeggiare tra le varie opere delle diverse gallerie, che vi sia una sintonia comune, riscontrabile nella presenza massiccia della “linea di contorno”, intesa come strumento per mettere “sotto forma” gli oggetti del mondo.  
All’ingresso v’è l’enorme AK 47 di Fabrizio Fontana. Una mitragliatrice lunga oltre tre metri, composta da un centinaio di pupazzetti giocattolo. In effetti l’esagerazione della forma non ironizza sui conflitti sempre più diffusi, quanto sulla “nostra” indifferenza verso di essi, percepiti in ultimo come fossero giochi a distanza. 
Proseguendo oltre troviamo Stefano Gioda e Chiara Fucà di Eggers 2.0, che si confermano dopo lo scorso anno, come abili illusionisti della forma. Nel primo, la linea copre come una pelle ogni materia, che diviene luogo per l’apparizione di frivolezze fantastiche di animali ancora non sognati e messi lì, a disposizione dell’astante; la seconda invece, annulla con la sua forma la materia cartacea, la silhouette netta e chiara distacca la sostanza dal fondo stagliando le sue figure in uno spazio incorporeo. Subito a seguire citiamo la Galleria Lavit che s’apre come un cortile, dov’è possibile visitare le singole stanze dei suoi artisti, primo per vigore plastico è Marco Peduto, la cui turbolenta cosmologia d’immagini, racconta il tragico processo di penetrazione dell’inconscio nella realtà. Ci sono poi le donnine misteriche di Sabina Feroci, allusioni ai feticci primitivi, che rinnovano al senso dello spirito, cercandolo nel semplice e nell’inanimato. Spostandoci di qualche metro, entriamo nella “strada” di Portanova 12, qui due guardiani attendono alla visita, sono frutto della mano di Nicola Alessandrini e Giò Pistone. Disegni perturbanti di corpi accorpati a strazi e lamenti di geometrie e linee.
Troviamo poi il progetto Perpetus di Valentina D’accardi con la Galleria ABC, che si ripresenta dopo la vittoria dello scorso anno, ancora una volta con un progetto di autobiografia-narrativa. La memoria privata dell’artista di fonde con il ricordo che la città di Bologna ha di Pendolino, un uomo che meticolosamente ogni giorno allo stesso posto dondolava il corpo per afferrare il tempo. Tutta l’operazione artistica si svolge a latere, costruisce un perimetro attorno al quale D’Accardi fonde in materia i ricordi di tutta la comunità. Sulla linea di contorno, si innesta poi la linea di confine di Antonio Conte, di Etra Home gallery, che conducono nella stanza interna del “potere”, da cui la possibilità di determinare il destino dei popoli è come un gioco sadico in cui tutti indebitamente, se invitati, ci lasciamo entrare. Insieme, sono salite da Galatina A100 Gallery e Art & Arts Gallery, con l’allestimento più particolare della fiera, un intero mobilio disegnato. Uno spazio che affranca, che accoglie e che dispone le proprie opere ad uno sguardo conviviale. Qui si staglia, come un moderno polittico, la serie dei lavori di Federica Cogo, che progettano un tavolo senza orizzonte, per persone capaci di guardare al semplice, al vicino, con gli occhi del ventre. E poi in ultimo v’è la domanda che pone Collaterart con Dario Agrimi sul cos’è che determina la misura entro cui si stabilisce l’equilibrio inteso come sanità o come follia? Un progetto site-specific sulla Saponificatrice di Correggio, in cui l’artista costruisce una scena in cui gli oggetti reali perdono la loro usabilità, divenendo memoria inquieta di una terribile vicenda, in cui il limite tra l’amore e la morte coincide in disequilibrio perfetto. Non dico che era ora, ma di sicuro si sentiva il bisogno di “richiudere il quadro”. Localizzare geograficamente l’immagine fuori dalla realtà. Tornare al quadro equivale a tornare al lavorio serrato e irrequieto e mai definito di una ricerca possibile della forma del vero, nel modo proprio dell’opera, ovvero tornando a intenderla come uno specchio della realtà. 
Dulcis in fundo il Premio Tiziano Campolmi, alla sua prima edizione, che ha coinvolto il pubblico della rete a cui è stato chiesto di esprimere il proprio apprezzamento delle undici opere selezionate. A vincere il giovane Nicola Malnato, acquisito dall’associazione, rappresentato dalla galleria torinese metroquadro con le fotografie visionarie del progetto “The Importance of Breathing: Deep Stairway”. Menzioni anche per White Forest di Olmo Amato (BI-BOx Art Space), Senza titolo di Veronica Billi (Belgravia Bongiovanni Artecontemporaneadue); I capelli di Venezia di Gianmaria De Luca (Galleria B4); THE STILT FISHERMAN di Giacomo Bruno (galleria Stefano Bartoli). (Marcello Francolini)

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