19 settembre 2002

fino al 25.IX.2002 Q13 – visual art and music project Mestre, Centro Culturale Candiani

 
L'arte si infila dappertutto, persino nel Q 13, l'ormai tradizionale appuntamento (è nato nell''89) dedicato alla creatività musicale, nell'ambito del quale è in corso una collettiva di 13 giovani artisti che rinsalda un rapporto tra arti visive e musica che si è fatto ormai indissolubile...

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Il Q 13, ove il “Q” sta per “Quartiere” (che ospita l’evento) e “13” per l’edizione è, negli anni, divenuto un laboratorio di musica giovanile con dibattiti, convegni e centinaia di esibizioni. L’idea della multidisciplinarietà nell’arte ha suggerito, nell’anno in cui è stato sospeso il concorso per fare il punto sullo stato della manifestazione e per discutere temi e prospettive della creatività giovanile, di inserire nella programmazione performativa anche le arti visive.
Superate alcune indecisioni della pubblica amministrazione e sfruttando il poco tempo a disposizione, l’impegno concreto del collettivo Interno 3 e di Caterina De March Grosso Gianfranco: "Dammi il là", 2000, tritticohanno prodotto un evento godibile e qualitativamente soddisfacente. Gli artisti invitati offrono un campionario delle strade tecniche e concettuali percorse dall’arte attuale: dal video di Interno 3 alla fotografia di Isabella Bona, Gabriella Marega e Alessandra Guolla, dalla pittura di Carlo Vedova alla scultura di Barry Bona fino all’arte digitale di Antonio Scarponi e all’installazione sonora di Michele Bertoni. In modo suggestivo e contraddittorio Alessandra Ghirardelli ricama delicatamente le sue gravi e determinate “Phrases ” sulla leggera carta velina, mentre Maria Elisabetta Novello fa affiorare la scritta “silenzi ” sul pavimento ricoperto da un sottile strato di cenere. Divertente e ben strutturata è l’installazione di Augusto MaurandiMichael Jackson vs Beach Boys “, una sorta di altarino tragicomico al Dio mutante della dance funky; rigorosa, per pulizia e sintesi, quella invece costituita dalle 23 tavolette dipinte del bravo pittore Nemanja Cvijanovic: l’iterazione ossessiva del pedone degli scacchi con lievi variazioni cromatiche e di luci ed ombre offre di per sé gradevoli sensazioni estetiche, ma và inquadrata in una strutturata meditazione socio-politica, dove il pedone assume un ruolo metaforico. E rigore e raffinatezza caratterizzano anche l’allestimento delle 2 opere di Gianfranco Grosso: “Tenebre“, con l’ampio perimetro specchiante, incornicia una trama metallica sulla quale è stampata la foto di un volto femminile, un inquietante quadrato oscuro che dialoga con il vicino e bianchissimo trittico “Dammi il là “, dove il volto femminile è stavolta percorso dalle tracce di uno spartito musicale.
Se Venezia, con la sua pesante tradizione e la sua storia, i suoi grandi appuntamenti periodici (Biennale, Premio Furla) e con le istituzioni deputate impelagate con problemi di varia natura, non riesce a garantire un palcoscenico adeguato alle nuove leve dell’arte Vedova Carlo: "Senza titolo", 2002, olio su tavolacontemporanea, l’idea di spostare il baricentro in terraferma, dove sono cresciuti laboratori di creatività nel campo di altre discipline come musica e teatro, appare senz’altro buona. Finora il centro Candiani, nato per divenire il luogo della sperimentazione, non è riuscito a dirottare in modo convincente il flusso turistico veneziano, né a catalizzare l’attività dei giovani artisti, e ciò non ha mancato di suscitare dubbi e polemiche. Dare continuità e diffusione ad iniziative come questa è però un obiettivo da perseguire. Pollock e Il Dono possono essere buone iniziative promozionali e strumentali, ma il periodo è favorevole per tentare qualcosa di più coraggioso, e questa dignitosa collettiva, quasi improvvisata, lo dimostra.

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alfredo sigolo



“Q13: visual art and music project”
Dal 14.IX.2002 al 25.IX.2002.
Mestre (Ve), Centro Culturale Candiani, piazzale Candiani 7. Ingresso: gratuito. Orari: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.30. Tel: 0412386111; e-mail: candiani@comune.venezia.it; www.culturaspettacolovenezia.it


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8 Commenti

  1. Il centro Candiani deve vedersela con la vicinanza di un monumento a cielo aperto come Venezia. Non sarà semplice invogliare il turista o l’appassionato a visitare qualcosa in una Mestre che di suo offre poco; ecco perkè la scelta di dividere una mostra come quella dedicata a Pollock in due sedi distinte (una a Venezia e una in terraferma) si è rivelata proficua almeno per quanto riguarda la pubblicità che ne trae il Centro. Questo tipo di soluzioni sono interessanti ma non soddisfano il topic del centro, che nasce con l’intento sperimentale. Questa mostra e le diverse iniziative, come quella di giugno sulla poesia visiva che si sposa con l’arte e la musica,sono un ottimo esempio del sentiero da battere. Bisogna anche dire che forse manca una vera pianificazione pubblicitaria degli eventi in corso, raramente riviste di settore e non (anche i quotidiani locali tralasciano di darne notizia) danno informazioni sul calendario espositivo o dell’inaugurazione di qualche mostra. BATTERE IL CHIODO FORTE FORTE.

  2. desidero solamente precisare, senza voler contraddire il comunque attento, anche se molto classico, alfredo che intrenotre non è un collettivo.
    che l’idea di Q13 art visual project è nata con l’ottica del progetto culturale. quindi necessita di modalità di lettura diverse. non importa se in meglio o in peggio, ma diverse. passa attraverso l’autodeterminazione, l’infilarsi fra gli interstizi, istmi. semmai più che collettiva improvvista si tratta di un progetto giocato al dì fuori degli standard.
    fuori del lancio pubblicitario, delle inserzioni, dell’ufficio stampa, del curatore. vive nel passaparola, nella scambio via mail, telefono, ecc.
    non subisce per questo nessun atto di messa in scena. è una “roba” immediata e per questo vera.
    … eppoi venezia, lucidamente descritta da alfredo, oramai macinata dalla sua “lentezza”.
    ma qui non si tratta di lavorare per assomigliare a milano qui si tratta di lavorare per trovare nuove forme di messa in crisi di milano eppoi costruire nuove modalità.

    dialoghiamo.

    ps allora mi piacerebbe pensare o che qualcuno pensasse ad un progetto espositivo che lavora sui raccordi. fra quegli spazi, confini, lasciati fra opera e opera. una mostra dove un pezzo finisce con il raccordarsi sull’altro non privandolo ma undendolo. praticamente uno storyboard reale.

  3. non c’è peggior artista di quell’artista che vuole anche fare il critico, il curatore, l’organizzatore, l’operatore culturale, il politico…

  4. una mostra è fatta per essere vista. Ci si può anche improvvisare coniatori di nuovi stili di marketing, ma poi alla fine si vuole solo l’assenso. Bello avere notizia di una mostra o di un progetto tramite mail sms o passaparola, ma poi alla fine ciò che si desidera è affluenza o estimatori, e quindi ciao ciao al passaparola, ai messaggini ecc. Queste forme di organizzazione sono belle sulla carta, ma poi di fatto scivolano sulla buccia di banana gettata a terra dagli stessi promotori. Giunge voce che alcuni artisti si siano lamentati per l’allestimento (eseguito in modo didattoriale – cosa anche tollerabile se si identifica una autorità nel curatore, ma assai condannabile se invece ci si fa portabandiera di una pseudoanrchia)tanto che si voleva persino tralasciare la didascalia sugli autori delle opere…Mi sembra troppo! Progetti come questi sono ottimi, ma per favore non sbrodoliamoci altrimenti la minestra sembra più finta di tante altre mostre che lo sono veramente. con affetto…kranix

  5. Non sapevo delle voci per l’allestimento “dittatoriale”, ma proprio l’allestimento mi è sembrato congruo ed equilibrato. Lo spazio a disposizione era poco e articolato ma le opere sono disposte bene e nessuna, a mio parere, risulta penalizzata. Certo, posso immaginare che qualche artista preferisse quella parete o quell’angolo invece che quell’altro, ma in fondo i curatori anche questo fanno, di organizzare gli spazi in modo adeguato. La collaborazione degli artisti è determinante in questo, ma alla fine devono essere fatte delle scelte, sennò…

  6. desidero unicamente precisare che non essendoci curatore e trattandosi di progetto… vabbè tanto non capite, gli spazi sono stati autogestiti in relazione alle esigenze tecniche dei punti luce e dei lavori fatti a posta per la “mostra collettiva con i curatori dittatori chechidiavoloerano poi”.
    chi ha seguito più o meno dall’inizio la costruzione sa benissimo di cosa si parla.
    successivamente potrò elencare i dati ufficiali dell’affluenza, data dal passaparola. sono buoni.
    i nomi? sono davvero importanti?
    credo sia il lavoro a dover parlare, chessò a me pare molto dilettantesco mettere le didascalie. dai primissimi progetti “guarda cosa guardi” non sono mai state usate e nessuno si era mai lamentato.
    comunque sono state aggiunte. ma citare sta roba mi pare un pochettino un falso problema.

  7. Faccio presente che io per primo mi sento di applaudire questo tipo di eventi, però io per primo ritengo “puerile” presentare un progetto culturale, o qualsivoglia altra cosa, sperando in una adeguata riconoscibilità e poi abbandonarsi ad una pubblicità centrata sul passaparola: mi sembra finto,poco producente, ipocrita e quanto meno “fighettaro” (concedimi il termine). Non nego il fatto che poi l’affluenza al centro sia stato nutrita, ma sicuramente sarà sempre inferiore rispetto ad una campagna più mediatica. Cmq se questa è una vostra scelta io la rispetto, però non venirmi a parlare di voler “battere” piazze come quelle milanesi o torinesi attraverso l’ausilio di queste quisquiglie. Ribadisco che il passaparola è ottimo (credo garantisca una qualità di utenza) ma se di una cosa se ne parla, o la si pubblicizza in modo più marcato forse ottiene un risultato maggiore.Tutto qui.Non volevo sollevare un problema, ma la mia natura -polemica- ha preso il LA quando ho letto il tuo messaggio: vi leggo una contraddizione sul fatto di fare una esposizione pubblica e poi sperare che siano 4 gatti a visitarla (so che non sono stati 4 gatti!!!!)invece di 10 o 50. Sul fatto delle didascalie sono intransigente in quanto da “fruitore” voglio sapere chi ha eseguito tal opera e con che tecnica (anche solo per curiosità)e non credo sia dilettantistico…semmai è presunzione pensare il contrario. Alfredo Sigolo avrebbe potuto redigere l’articolo in questa maniera: al centro Candiani c’erano delle opere fatte così e colà. Non ti pare che la documentazione sull’artista e sulle opere possa essere d’aiuto a tutti per capire??? O come progetto professate l’autoreferenzialità e godete tra di voi di ciò che volete esprimere? Non credo che si miri a questo. Quanto alle lamentele da me accennate da parte di alcuni artisti, le confermo. Non sono in grado di dire se avevano ragione o torto…ma riporto quello che mi hanno detto di persona, tutto qui. Alla Prox.

  8. mi piacerebbe conoscere meglio il progetto, ti invito a parlarne su exibart, o al massimo se hai del materiale da farmi vedere puoi spedirlo al mio indirizzo di posta. Ti ringrazio, e scusa se son tedioso.

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