16 aprile 2018

Un pezzo di Europa per saturare i vuoti di Mestre. Sauerbruch presenta il nuovo spazio M9

 

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Difficile scrivere un pezzo su M9 utilizzando il giusto distacco che, di solito, è opportuno mettere in un articolo. Noi viviamo qui, a Mestre, e viviamo in Europa, a Berlino. Sono questi i luoghi in cui abbiamo deciso di edificare. Se da un punto di vista razionale ci è semplice capire perché scegliere Berlino come città d’adozione, Mestre bene o male è un ripiego, l’alternativa a quel centro compatto e affiancato alla terraferma che è Venezia. Quello di Venezia è un Comune diffuso e spezzato, comprende Mestre con il suo hinterland, il centro storico e le sue isole. Tutti dentro un confine che spesso viene messo in discussione e che vive problematiche e lacerazioni uniche rispetto a qualsiasi realtà nazionale e internazionale. 
Mestre è una periferia con un suo centro, giustapposta al patrimonio dell’umanità che si trova in laguna. Mestre è una città di contrasti, di tossicodipendenza, spaccio, immigrazione spesso turbolenta, pessimamente gestita ma entrata ormai a far parte del tessuto urbano. Ha dei bei parchi, che ora si sta pensando di recintare per renderli nuovamente fruibili a quella parte di città che sente di averli persi, ha un Forte Marghera su cui si è progettato a lungo, forse troppo, e che stenta a partire (se non da un punto di vista enogastronomico), nonostante abbia avuto sul piatto opportunità importanti come quella della società che ha reso possibile la nascita di uno dei centri d’arte più all’avanguardia d’Europa, lo Spinnerei di Lipsia. 
Mentre si combatte l’eroina gialla che miete vittime a un ritmo raccapricciante e mentre si guarda, quasi con nostalgia, al periodo in cui si investiva in progetti sociali che combattessero in maniera organica quel degrado, nascono ostelli made in Germany lungo i binari della stazione, la zona universitaria di Via Torino si collega pian piano con il centro, il canale di Via Poerio è stato riportato in superficie, la piazza antistante la biblioteca Vez è collegata da una piacevole zona pedonale all’area del Toniolo. 
In questo contesto, iniziano a vedersi i primi risultati del progetto di rigenerazione urbana creato dello studio berlinese Sauerbruch Hutton e reso possibile dalla Fondazione di Venezia, con un investimento di 110 milioni di euro, attraverso l’azione di realizzazione e sviluppo della società Polymnia. 20mila piastrelle di ceramica dei 15 cromatismi mestrini principali, 7 corpi di fabbrica di cui 3 nuove edificazioni, 280 mq di auditorium/cinema in tecnologia 4k e VR, 190 posti con visori VR, 2.610 mq di esposizione permanente, 1.400 mq dedicati a esposizioni temporanee ed eventi, 86mila kW di energia solare annuale media, prodotta da 276 pannelli fotovoltaici, 63 sonde del campo geotermico a 110 m di profondità per il 100% del riscaldamento e il 40% del rinfrescamento, 4 grandi spazi per gli eventi: questi i numeri di un progetto che si pone come obiettivo di dare una forte accelerata a quel faticoso processo di ricomposizione di unità tra le parti di un comune diffuso. Una cima lanciata a Venezia per rendere possibile quell’avvicinamento che solo la fluidità dell’acqua e dei pensieri visionari possono permettere. L’area, dedicata alla composizione di un mix di offerte culturali, commerciali, didattiche e lavorative, si propone di sostenere la coesione sociale di un territorio in cui l’elemento internazionale si è innestato a più livelli su quello degli autoctoni. 
Non si può non pensare che la Mestre dell’immigrazione sia sempre di più anche la Mestre dei turisti che preferiscono il pernottamento in terraferma per poi spostarsi a Venezia. Attraverso la creazione di spazi espositivi all’avanguardia, l’aspettativa è quella di diventare un polo di attrazione internazionale di alto livello. Da un lato si darà vita a un espositivo permanente ma non per questo statico, in cui 8 aree tematiche declineranno i nodi chiave del ‘900, attraverso tre livelli di lettura diversi, uno informativo, uno narrativo e uno emozionale. Dall’altro lato si avranno ampie metrature dedicate a esposizioni temporanee che si immaginano di livello. 
Forse per il nostro vissuto personale, forse perché Mestre porta con sé alcune di quelle spigolosità che rendono Berlino ciò che è, troviamo valore nel fatto che sia stato proprio uno studio berlinese a posare gli occhi e il pensiero su un frammento urbano cardine per le dinamiche cittadine. Un’immagine su tutte che condensa le linee guida di questo ambizioso progetto, sono le due finestre che danno sul chiostro, diverse da tutte le altre e specularmente posizionate in modo da creare quella diagonale che, nell’immaginario, fa pensare alla linea che da Venezia porta al centro di Mestre. Un nuovo inizio per la città datato primo dicembre 2018. 
Lo studio berlinese Sauerbruch Hutton che firma il progetto M9 parteciperà alla mostra “Freespace”, a cura di Yvonne Farrell e Shelley McNamara presso le Corderie dell’Arsenale nell’ambito della 16ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia, dal 26 maggio al 25 novembre 2018. (Penzo + Fiore)

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