18 aprile 2018

Milano Design Week/4. Ultimo giorno per Nysferatu.Andrea Mastrovito racconta la sua Sinfonia

 

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Andrea Mastrovito (1978), artista noto a livello internazionale, attivo tra New York, Ginevra, e Bergamo (sua città natale), ha portato a Milano il suo ormai celebre NYSFERATU. Oggi è l’ultimo giorno che la Fondazione Stelline ospita NYsferatu: Symphony of a Century, uno dei progetti più impegnativi dell’eclettico artista che, con questa sua opera d’arte, reinventa Nosferatu. Eine Symphonie des Grauens, il capolavoro, del 1922, del regista tedesco Friedrich Wilhem Murnau, adattamento del Dracula di Bram Stoker, ambientandolo tra l’odierna Siria e una New York martoriata da tensioni sociali e violenze. Un remake che segna il ritorno del conte Dracula nella New York di oggi, un’opera davvero monumentale per impatto estetico e per gli spunti di riflessione che offre, dove la paura e il dramma contemporaneo vengono esaltati attraverso 35mila disegni, realizzati nel corso degli ultimi tre anni insieme a 12 disegnatori dell’Accademia Carrara e di Brera grazie al supporto di More Art (moreart.org). Un capolavoro premiato anche alla Festa del Cinema di Roma. 
Andrea, quale è la trama di NYsferatu e come hai lavorato al riadattamento dell’opera del 1922? 
«In NYsferatu metto in atto una semplice traslazione: spostando i personaggi in avanti nel tempo di circa 200 anni e rispettivamente a ovest (dalla Germania a New York) e a est (dalla Transilvania alla Siria) il risultato finale, rispetto all’originale di Murnau, cambia completamente. O meglio: possiamo leggere dinamiche e significati che probabilmente potevano essere evidenti al pubblico del 1922 ma che a noi rimarrebbero oggi nascoste. In pratica lo spostamento attualizza il film: la trama originaria è ricalcata quasi perfettamente, e assume contorni di chiaroscuro che definiscono perfettamente il nostro tempo, in cui nero e bianco, falso e reale si confondono ormai regolarmente. Inoltre una serie di interventi sugli sfondi e sulle didascalie ha arricchito l’opera di nuovi livelli di lettura: oltre al primo livello (la storia romantico/gotica di Dracula) sono chiaramente leggibili varie sedimentazioni di senso che svariano dal sociale alla filosofia sino all’autoritratto ed alla sfera dell’intimo». 
Perché l’accento sull’opera come “sinfonia”? 
«Lo stesso film di Murnau è stata concepito come una “Sinfonia dell’Orrore”, divisa in cinque atti e dai ritmi serrati in un crescendo finale che è ormai storia – se non leggenda – del cinema. La sinfonia solitamente è un brano che fa da introduzione ad un melodramma. E, pensando al nostro Secolo, alla rete, ai suoi social, quale parola sarebbe più azzeccata di “melodramma”? Per questo NYsferatu è appunto un’introduzione al XXI secolo, una “Symphony of a Century”». 
Pensi di continuare a produrre nell’ambito della cinematografia? 
«Se tu me l’avessi chiesto qualche mese fa, appena terminato NYsferatu, ti avrei risposto male! Non ne potevo più! Ora…pian piano…chissà. Dovevo “ripulirmi” con le mostre degli ultimi mesi, forse, per poter anche solo pensare, in futuro, di realizzare un nuovo film…» 
Ci puoi parlare della tua vetrata contemporanea per la personale alla Kunsthalle di Osnabrück? 
«Certamente: la mostra in Kunsthalle, in realtà, è nata già più di due anni fa, durante la lavorazione del film. Io e Julia Draganovic abbiamo deciso di comune accordo di attendere NYsferatu e di incentrare quindi la mostra sul film e sul suo medium principe, il disegno, inteso come strumento d’indagine del mondo. Da qui nascono tutti i lavori presenti in mostra, tra cui appunto “Die Melancholie des unsichtbaren Mannes “, ovvero “La melancolia dell’uomo invisibile”, una vetrata ricoperta di migliaia e migliaia di righelli colorati trasparenti sulla quale, in cinque atti (come nel film) viene raccontato il bildungsroman dell’uomo invisibile, che è una chiara metafora dell’impossibilità del giudizio che caratterizza il nostro tempo. E’ un lavoro strettamente legato sia a NYsferatu che a Durer (di cui la città di Osnabruck conserva una straordinaria collezione di incisioni) che alle tematiche del nostro tempo. I righelli, sullo sfondo, simboleggiano il tentativo – fallito – di razionalizzare il reale e di comprenderlo». 
Ultimo, ma non meno importante. Pare che tu abbia voluto superare te stesso con l’opera Le Jardin des histoires du monde. Stavolta la tecnica è quella dell’intarsio ligneo e il richiamo è al bergamasco Lorenzo Lotto, in collaborazione con lo studio artigianale “Idea Intarsio” di Castel Rozzone, Bergamo. 
«La domanda è interessante perché in realtà anche questa mostra, pur con le varianti subite nel tempo, nasce un paio di anni fa attorno a NYsferatu: il grande fregio ligneo di oltre trenta metri riprende, formalmente, l’idea di un racconto cinematografico, una pellicola che si srotola sui muri della galleria, mentre a livello di significato sono sviluppate tutte le tematiche presenti nel film che, difatti, è stato presentato in prima nazionale al Grutli di Ginevra la sera dell’inaugurazione della mostra. Che dire poi della tecnica dell’intarsio: è qualcosa di nuovo, per me, e sebbene così antica è una tecnica, anzi una disciplina che ha subito poche innovazioni nel corso dei secoli…chissà che con l’aiuto di questi straordinari artigiani, in futuro, non si riesca a creare qualcosa di nuovo». (Michela Beatrice Ferri)

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