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13
giugno 2018
Giorgio Vasta è nato a Palermo nel 1970. Scrittore e sceneggiatore, collabora con diverse testate nazionali come La Repubblica, Il Sole 24 Ore e Il Manifesto. Insegna alla Holden School e lo IED a Torino, tre le altre. Il suo primo romanzo, “Il tempo materiale”, pubblicato da Minimum Fax nel 2008, è stato tradotto in undici Paesi e ha vinto in Francia il Prix Ulysses e candidato al Premio Strega 2009. Con Emma Dante, e con la collaborazione di Licia Eminenti, ha scritto la sceneggiatura del film “Via Castellana Bandiera” (2013). Il suo ultimo libro è “Assolutamente nulla. Storie e sparizioni nei deserti americani” (2016) con Ramak Fazel.
Quali peculiarità hai riscontrato tornando a Palermo e come hai interpretato o sfidato il rapporto con il Mediterraneo e con la Sicilia?
«Palermo è la città in cui sono nato e cresciuto e dalla quale sono mancato – senza che mai mi mancasse – per circa vent’anni. In una delle registrazioni audio raccolte per City Scripts [il progetto di Vasta per Manifesta, ndr] si sente la voce di un uomo – sta viaggiando su un autobus – che esclama in dialetto «Palermo è bastarda, Palermo è bastarda». L’intenzione del suo commento è evidentemente critica, ma questa frase ha soprattutto la capacità di descrivere una condizione strutturale della città. Palermo è bastarda nel senso che è mescolata, meticcia, ibridata. Lo è a partire dalla provenienza di chi la abita, nella composizione sociale, nella morfologia degli spazi (in un certo senso Palermo è un luogo che porta il concetto di superfetazione alle sue estreme conseguenze). City Scripts intende captare proprio questa struttura meticcia – e del resto il Mediterraneo è, in modo del tutto naturale, lo spazio del mescolamento».