25 giugno 2018

Pinault “apre” anche a Rennes

 

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Non solo Venezia. La collezione Pinault approda con ventisei artisti e oltre cinquanta opere a Rennes, in Bretagna, nel convento dei Giacobini e al museo delle Belle Arti con la mostra “Debout!”, in francese “in piedi”. 
Perché Rennes? Forse giusto per sondare il terreno in attesa dell’apertura della Fondation Pinault prevista nel 2019 presso la Bourse de Commerce di Parigi. È anche vero che François Pinault è originario della regione, dove ha inoltre comprato la sua prima opera da collezionista anni or sono, e di recente il club calcistico Stade rennais. 
Tante e diverse le ragioni che hanno portato alcune opere, delle oltre 3mila della collezione, in questo antico convento fondato nel XIV secolo dall’ordine domenicano, e rinnovato di recente dall’architetto Jean Guervilly. “Debout!”, su 3mila metri quadrati di spazio espositivo, è un titolo che incita ad andare avanti e a non arrendersi, e qui usato come un leitmotiv intorno al quale si sviluppa la rappresentazione dell’essere umano, attraverso il corpo fisico ma anche lo stato mentale, vedi il tema della perdita della memoria esplorato nella bellissima serie Les Dessouvenus di Tatiana Trouvé al museo delle Belle Arti. 
Ad aprire le danze al convento troviamo invece Thomas Houseago, e tra le sculture Baby (2009-2010), la cui posa fa pensare al gesto naturale dei bambini quando cadono e si rialzano senza sosta nell’apprendere a camminare. Lungo gli otto spazi, tra le maestose sculture di Houseago in dialogo con quelle di Thomas Schütte, c’è Cri (2013) di Adel Abdessemed, una scultura che restituisce quel grido sordo della bambina vietnamita immortalata dalla foto in bianco di Nick Ut, la nota The Napalm Girl del 1972. Seguono i corpi poco seducenti e carichi di vita di Romeu (2001) di Berlinde de Bruyckere o Rotor (2015) di Jean-Luc Moulène, in netto contrasto con il raffinato Boy with frog di Charles Ray, la controversa statua rimossa da Punta della Dogana che ritroviamo qui sola al centro di un magico chiostro. 
La mostra curata da Caroline Bourgeois, presenta anche due bei video di Pierre Huyghe e tanta pittura, vedi Merlene Dumas, l’artista sudafricana attualmente molto quotata, la britannica Lynette Yiadom-Boakye o lo statunitense Henry Taylor. In parallelo alla mostra c’è il Centro d’Arte Contemporanea, La Criée, che accoglie gli acquerelli, un po’ enigmatici e imprevedibili, della serie C’est pas grave di Vincent Gicquel, i cui lavori sono presenti anche al convento. Un itinerario espositivo da non perdere, aperto fino al 9 settembre e a meno di due ore dalla Capitale. (livia de leoni)

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