11 luglio 2018

TEATRO

 
Oltre la demagogia l’accoglienza, il teatro e la danza: ecco SUQ a Genova, e il suo successo di pubblico
di Giulia Alonzo

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Ancora prima di entrare alla Piazza delle Feste, sotto la grande tensostruttura progettata da Renzo Piano sul Porto Antico di Genova, si sentono i jambe che ritmano improvvisando danze di festa dal sapore tribale. 
E poi sono i colori che invadono i sensi: le magliette rosse dei giovani volontari del festival, le spezie che riempiono anche i polmoni e il cuore, gli aromi dei piatti da ogni angolo di mondo, le vivaci gonne esposte nelle botteghe, le luci di lampade dai vetri cromati, i tappeti distesi…Entrare a Suq vuol dire salire sul grande palcoscenico del mondo, dove tutti sono attori e come nella tradizione del teatro all’italiana tutto è forma e al tempo stesso improvvisazione: così è nato il progetto di Valentina Arcuri e Carla Peirolero che con lo scenografo Luca Antonucci (ora docente alla Sorbona di Parigi) hanno dato vita nel 1999 alla prima edizione del Festival che quest’anno ha spento 20 candeline. “Donne, isole e frontiere” è stato il tema dell’edizione 2018, da a fine giugno a Piazza delle Feste, e poi il 30 giugno l’evento La Frontiera a Ventimiglia, a partire dal testo di Alessandro Leogrande. 
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Piccola Orchestra di Tor Pignattara
Nel grande mercato del Suq sono passati quest’anno più di 70mila visitatori, attratti dalle botteghe e dalla piazza principale animata da dibattiti, incontri, spettacoli teatrali e concerti per adulti e bambini. Neanche il tempo di adattarsi agli aromi che invadono l’aria che la voce e la forte presenza scenica di Bintou Ouattara ipnotizza il pubblico con Kanu, ovvero la leggenda della nascita del fiume Niger. Difficile reggere il palcoscenico del Suq ma la Ouattara, artista del Burkina Faso, accompagnata da Kady Coulibaly alla voce, bara e calebasse, e da Dauda Diabate alla voce, kora, gangan, ha dato vita con eleganza e incisività a un racconto dalle corde comiche e al tempo stesso nostalgiche, tipiche della tradizione orale africana. 
Dal testo del drammaturgo romeno Matéi Visniec, la compagnia bolognese del Teatro dell’Argine ha portato in scena Del sesso della donna come campo di battaglia nella guerra in Bosnia, per la regia di Nicola Bonazzi, protagoniste Micaela Casalboni e Silvia Lamboglia. Kate, psichiatra americana, e Dorra, cittadina della ex Jugoslavia e ora incinta dopo uno stupro, si trovano nell’ospedale militare sul Lago di Costanza, entrambe vittime in modo differente della guerra nei Balcani. Un linguaggio diretto e crudo, con incisi saggistici, trasmette con schiettezza la sofferenza delle donne, segnate per sempre da una guerra di cui non sanno le ragioni. 
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Compagnia Spettacolo SUQ Interno Castello D’Albertis
Colloqui d’amore di Gabriele Vacis non ha invece soddisfatto le aspettative, generate anche dal richiamo alle celebri interviste di PPP. Come un tempo in cui migrati nell’antica Grecia chiedevano asilo ad Atene, oggi i migranti attraversano il Mediterraneo per chiedere asilo a noi, in Europa. Le testimonianze video di chi è riuscito a scendere vivo dai barconi vengono intervallate dalla narrazione di Vacis, che riprende le Supplici di Eschilo. Nel finale però la drammaturgia lascia il posto alla retorica: mentre il regista racconta alla platea la prima tragedia del Mar Mediterraneo, quella di Porto Palo avvenuta nel 1996 ma accertata solo nel 2001, un gruppo di richiedenti asilo nigeriani, occupa la scena dell’Auditorium dell’Acquario e viene invitato dal regista a dire nome e origine. Un espediente che cerca un contatto empatico ed emotivo attraverso un principio di realtà che risulta però meno efficace della narrazione.
A risollevare la serata i ritmi di Baba Sissoko, pop star maliana, in concerto insieme alla figlia Djana Sissoko: polistrumentista che unisce i ritmi etnici alla musica jazz, è impegnato da anni a far conoscere la tradizione del Mali. La folla gremita e accaldata va in delirio quando tre ragazzini salgono sul palco e iniziano a ballare al ritmo del tamani. Suq è anche questo, sentirsi a casa mentre si danza fianco a fianco con chi è nato dall’altra parte del mondo. Ma il pubblico, gli spettacoli e lo spirito che animano il festival non bastano alle istituzioni pubbliche, che coprono solo il 5 per cento del budget per una manifestazione considerata di grandissimo interesse dalla Comunità Europea perché riesce a far capire cosa significa integrazione e accoglienza oltre la demagogia. 
Giulia Alonzo

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