12 ottobre 2018

Picasso in blu e rosa al Musée d’Orsay

 

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1900: il ventenne Pablo Ruiz Picasso arriva a Parigi dove inizia una carriera artistica ispirata dalle opere dei Maestri classici e degli artisti d’avanguardia, ma con un proprio carattere già ben definito.
Lo spirito della mostra “Picasso. Bleu et rose” al Musée d’Orsay in collaborazione con il Musée National Picasso – Paris e la Fondazione Beyeler, dal 18 settembre 2018 al 6 gennaio 2019, non è quello di comprendere la produzione pre-cubista di Picasso attraverso il confronto con gli artisti che inizia a conoscere e ad ammirare a Parigi (Van Gogh, Gauguin, Renoir…), ma di offrire al visitatore un percorso incentrato unicamente sulle sue opere realizzate dal 1900 al 1907.  Il percorso alterna all’interno di questo periodo dipinti e circa 300 disegni, testimonianza dell’impeto lavorativo del giovane genio. Pablo ritrae con colori cangianti e aggressivi, dallo stile espressionista e insieme simbolista, personaggi di spicco dell’ambiente culturale parigino (come il critico d’arte Gustave Coquiot, uno dei suoi primi sostenitori, opera presente in mostra) e i frequentatori notturni del quartiere Montmartre dove vive (come Margot o l’Attesa del Museo Picasso di Barcellona).
 Il riferimento alla pittura di Toulouse-Lautrec, evidente in moltissime tele qui esposte, diventa un omaggio sentito nell’opera La Camera blu della Collezione Philips, dipinta nell’autunno del 1901, a pochi mesi dalla morte del maestro. Sopra il letto dello studio di Picasso in Boulevard de Clichy è infatti rappresentato un cartellone pubblicitario, copia di una litografia a colori di Lautrec del 1895 per la ballerina inglese May Milton. I toni freddi e malinconici delineati da spessi contorni neri della tela, di poco successiva alla sua prima mostra a Parigi presso il mercante Vollard, sono il primo esercizio dell’artista di quello che verrà conosciuto come periodo blu.
Il suicidio dell’amico e coetaneo Carlo Casagemas nello stesso anno conduce Picasso ad aprire una nuova stagione artistica incentrata sulla morte, il dolore e il compianto. Di forte effetto è la presentazione di tre ritratti del defunto Casagemas. Accomunati dall’insistente presenza sulla tempia dell’amico del foro causato dallo sparo dell’arma da fuoco con il quale si è tolto la vita, ne La morte di Casagemas del Museo Picasso di Parigi Picasso aggiunge una sproporzionata candela dagli stessi tratti fauve propri dei precedenti dipinti esposti alla galleria Vollard. Si apre così la sua esplorazione nella condizione di miseria e di tristezza delle persone umili che lo spagnolo incontrava nel suo quartiere di Parigi. Sono sentimenti privi di qualsiasi connotazione di denuncia sociale, trasmessi attraverso una scelta cromatica radicale fatta di blu e di grigi e con l’intento di essere autentico e diretto. Dagli studi dal vivo nell’ospedale di Saint Lazare su prostitute affette da malattie veneree riprende figure di donne emaciate, bevitrici d’assenzio e madri con bambini. Tra ricordi e riferimenti puramente metaforici, Picasso rappresenta la maternità nei suoi toni più duri e malinconici con misere donne dalle lunghe vesti blu strette ai figli (La Soupe, 1902 – 1903, Art Gallery of Ontario). Ma è con un altro capolavoro che la mostra segna la fine del periodo blu verso una nuova tappa artistica. Il tocco rosa delle guance de La Celestina è il preludio alla nuova svolta che Picasso darà da lì a poche settimane alla sua arte.
La tristezza con le sue tinte scure sfuma e Picasso, ritornato da Barcellona a Parigi, si diverte ai circhi Bostock e Medrano con il poeta Max Jacob, conosciuto da Vollard (amicizia prolifica documentata da lettere e foto in mostra). Ed ecco le sue tele invase da saltimbanchi, animali da circo e personaggi del mondo dell’arte. Se la monocromaticità viene superata a favore di colori pastello dal giallo al rosa, rimane comunque una connotazione malinconica. In Acrobata e giovane arlecchino del 1905 un denutrito saltimbanco è seduto accanto a un bambino arlecchino con il quale non esiste alcun contatto né visivo (occhi totalmente chiusi come nei precedenti ritratti del periodo blu) né fisico (le sue braccia sono serrate attorno al busto). Se il passaggio dal periodo blu a quello rosa è graduale, fulmineo è invece il passaggio a un’arte meno rappresentativa della quotidianità delle persone, più interessata ad approfondire il dato plastico e lo studio di tipi più che di persone reali. Nella Famiglia di saltimbanchi della National Gallery di Washington questo distacco dalla realtà è mitigato dalla figura della giovane donna, riferimento alla sua compagna Fernanda, che, seduta alla destra del gruppo circense, è un anello di congiunzione tra vita vissuta e arte. Visibile in numerose opere qui esposte, la figura dell’arlecchino costituisce anche esso un riferimento allo stesso Picasso come un suo doppio, senza l’attribuzione delle sue fattezze. 
Le tinte chiare trasmettono un senso di tenerezza, ma racchiudono scenari misteriosi, quasi magici come nell’Acrobata e giovane equilibrista, prestato dal Museo Puškin.
Al Musée d’Orsay è proposto dunque un ventaglio mai riunito fin ad ora di opere provenienti da collezioni pubbliche e private di tutto il mondo (molte per la prima volta in Francia) con l’intento di dimostrare al pubblico la ricchezza del breve percorso di Picasso prima della sperimentazione cubista, non riducibile ad una semplice predilezione cromatica per i toni del blu o del rosa. (Asia Ruffo di Calabria)

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