29 novembre 2018

Da Riace

 
Diario a mani multiple, o forse solo una, di due giorni speciali. Per non stare a guardare i problemi che scorrono, ma condividendo arte ed esperienza. E comunicazione

di

L’ultimo tratto di strada lo facciamo avvolti in un pulviscolo di iodio fra canneti sferzati dal vento e le onde che si infrangono a pochi metri. Niente lidi, qui non c’è il fascino del mare d’inverno; qui c’è il mare fortissimo, bellissimo. Riace ci attende aggrappata alla collina, scendiamo dalle auto e ci stiriamo, qualcuno è già qui: saluti, abbracci, presentazioni, e intanto arrivano altre auto ed il rito si ripete. Qualche chiarimento ed alla spicciolata mangiamo nel bar sulla piazza in quello che diventerà un punto di incontro per noi. 
Fa freddo a Riace, il freddo è ancora più forte nelle strade vuote di fronte alle botteghe chiuse. Nei vicoli deserti passeggiamo liberamente in attesa di Iassuf che ci accompagnerà in un giro e ci racconterà qualcosa; Luca ci ha consegnato le case, non è il grand hotel ma nessuno si lamenta.
Alle 15.30 facciamo una foto sull’anfiteatro arcobaleno, siamo tanti, da tutta l’Italia. Solo adesso ci rendiamo conto che siamo riusciti a superare i dubbi le differenze e siamo lì; ci sono le battute seguite da rapide risate ma gli occhi vagano, l’aria è spessa, elettrica e nervosa. Partiamo con Iassuf: lui sorride, ci racconta della sua famiglia di altre famiglie, ci racconta di un’altra Riace che ora non c’è più. Alla fine ci dividiamo per le stradine ed un gruppo di noi incontra il signor Capone, responsabile di Città Futura, e anche lui ci racconta di una Riace che non c’è più lo fa con grande rammarico con sgomento e rabbia, mentre continua nervosamente a rispondere al telefono. 
É sull’uscio di un appartamento, saluta una persona e la ringrazia, poi ci spiega che hanno preparato in fretta e furia quella casa per un ragazzo avvistato a Riace Marina, dicono che ieri ha dormito sotto una barca ed ora lo stanno cercando per portarlo in quella casa, ma non riescono a trovarlo. Sono molto tesi, squilla il telefono è Domenico Lucano che lo chiama per sapere se lo hanno trovato, gli chiediamo se anche lui è informato del ragazzo, e se è qui. Invece Lucano è a Torino, ma è lui che ha informato loro, dandogli le coordinate dell’ultimo avvistamento del ragazzo: non si darà pace Mimmo, ci dice Antonio, finche non lo troveremo.
Alle 17.30 andiamo ad incontrare Annamaria dell’associazione WELCOME, e a lei facciamo domande precise, e lei in modo preciso risponde: è molto brava e chiara si esprime bene e non è per nulla intimidita da noi. Anche questo è un regalo creato da Riace, ragazzi e ragazze che potrebbero lavorare alle Nazioni Unite preparati, in grado di spiegare cose molto complesse.
Così capiamo come funzionano gli SPRAR, come funzionano gli spostamenti obbligati, ci mostra la famosa moneta battuta a Riace e oggi causa di un’inchiesta. Non è arrabbiata, non sembra, è delusa, non ha risposte sulle domande per il futuro, ma è determinata, ha quello sguardo dritto e pulito di chi non ha fatto nulla di cui pentirsi e nel suo sguardo accoglie tutto il paese, tutte le 3 organizzazioni che operavano a Riace, tutti gli 80 dipendenti, tutte le migliaia di migranti passati da Riace dal ’98 a oggi.
Usciamo scossi, Riace, quella Riace voluta da Mimmo Lucano non ci sarà più, i giochi sono fatti gli ultimi 70 migranti presenti partiranno entro venerdì, molti non vogliono partire, ma qui non possono restare, sarebbero abusivi illegali e senza alcuna copertura, per alcuni significherebbe anche rischiare il percorso di ottenimento dei documenti. Nel vento freddo ci incamminiamo verso Nicolina. Ora parliamo meno, in piccoli gruppetti tagliamo il paese che è sempre deserto salvo qualche anziano sotto il portico del bar.
Al ristorante Nicolina ci aspetta con un largo sorriso, chiede se qualcuno ha delle intolleranze, ci saluta tutti. Siamo un pochino tesi, l’appuntamento con Annamaria ci ha colpito e fatto sentire impotenti e piccoli, forse proprio come molti altri che sono venuti qui; piccoli impotenti ma non inutili. Anche lei era felice di poter parlare con noi e ci ha molto ringraziato.
Molti iniziano a sedersi, abbiamo invitato tutti quelli che volevano venire a cena ma nessuno ci ha risposto e non vedere arrivare nessuno mi fa sentire stupido, mi accorgo che altri come me sentono il fallimento aleggiare nell’aria, beviamo un bicchiere di vino ed aspettiamo a sederci, chiacchieriamo nervosi. Si apre la porta arriva Jassuf con tutta la famiglia, respiriamo, poi arriva una famiglia di siriani, poi dei ragazzi di altri paesi africani, poi due signori egiziani, poi altri bambini, riempiamo tutti i posti bisogna aggiungere un tavolo, non basta arrivano altri aggiungiamo altri 3-4 tavoli. Ora c’è rumore, si parla si stringono mani si cambiano i posti si parla in francese, in inglese, in napoletano alla fine si prendono anche le panche da fuori per far un tavolo tutto per i bambini.
La cena può iniziare.
A fine cena alcuni ragazzi ci raccontano la loro storia, vogliono raccontare spiegare da dove arrivano. Ognuno di noi ha chiacchierato un poco, ha trovato qualcosa ed ha lasciato qualcosa, siamo tutti troppo stanchi per fare una prima riunione così rientriamo nelle case ed andiamo a dormire.
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Riace
18 Novembre
Domenica mattina appuntamento alle 9.30 da Nicolina per capire come possiamo continuare questo lavoro. Alle 8 già molti di noi sono in giro nel paese, alcuni al bar progettano interventi diretti, altri acquistano frutta alcuni ne approfittano per fare un ultimo giro per questi antichi muri, immaginando gli asini per la raccolta differenziata, le vie piene le botteghe aperte, non è semplice immaginare che non apriranno più.
I più virtuosi arrivano qualche minuto prima ed iniziano a sistemare le sedie in tondo, non sappiamo quanti siamo questa mattina, alcuni sono ripartiti altri sono rientrati a Reggio. Mettiamo 35 sedie. Alle 10 iniziamo il dibattito, siamo in 44 e si sceglie un metodo con interventi a tempo, gli argomenti sono tantissimi ed i contributi si mettono in scaletta. È commovente per chi conosce i nostri singoli caratteri vedere persone egocentriche attendere pazientemente il proprio turno e rientrare nei tempi dati.
Parliamo di Riace ma non solo, parliamo delle nostre paure, proponiamo delle possibili risposte a questo momento storico, facciamo timide proposte di combattimento contro la comunicazione e ci rendiamo conto che anche l’intervento più banale diventa importante per costruire una possibile risposta corale, ci rendiamo conto che il limite di ognuno di noi si allontana grazie alla condivisione dell’idea dell’altro.
Così qualcuno dice che dobbiamo parlare sui social, e qualcun altro dice che forse prima dovremmo imparare ad usarli i social, qualcuno dice che siamo tutti vecchi e qualcun altro risponde che essere vecchi può non essere un difetto se usato nel modo giusto. 
Passiamo circa 4 ore davvero intense prima di chiudere il dialogo e dare il via alle prime partenze.
Definiamo 3 linee di lavoro per proseguire questa avventura.
La prima su Riace, che prevede l’attesa di comunicazioni da parte di Annamaria per capire come possiamo partecipare ad una ripartenza attraverso una nuova modalità in cui si mirerà a rendere le famiglie che riusciranno a rientrare indipendenti nel breve tempo possibile.
La seconda linea sarà a livello di zone, daremo vita a dei gruppi regionali o cittadini in cui approfondire determinati argomenti e organizzare appuntamenti e talk per spostare il dialogo reale dai social agli atenei e puntare ad informare e dibattere in modo diverso con la generazione di domani.
Il terzo livello di lavoro sarà invece nazionale e radunerà i vari report delle varie zone e pubblicherà tutto su una piattaforma condivisa con il maggior pubblico possibile, stilando nuovi documenti e chiedendo la partecipazione a tutta la società civile, sempre a livello generale, fare almeno un appuntamento all’anno in cui coinvolgere tutti quelli che vogliono partecipare e ritornare a Riace o in altri luoghi simbolo per portare il nostro appoggio ed il nostro contributo ma anche solo la nostra presenza.
Ci lasciamo con l’impegno specifico di far entrare dentro il lavoro di tutti noi un po’ di quello che abbiamo visto e provato a Riace, di cercare di tramettere dei valori comuni attraverso le opere, i testi, le mostre: le nostre armi reali. Immaginiamo anche una sorta di festival da organizzare a Riace, qualcosa di leggero e condiviso, multidisciplinare che muova il maggior numero di persone possibili.
Dalle 2 alle 5 il paese si svuota, il mio gruppo ha la fortuna di lasciare il paese per ultimo. La luce scende, il mare si è calmato come il vento, i canneti immobili ci accompagnano nel lento procedere della domenica pomeriggio: che meraviglia il sud, che meraviglia la Calabria, arrivano ancora messaggi, ultimi saluti ed abbracci virtual ie tutti portano con se il primo dato: non siamo “Artisti per Riace” ma “da Riace”.

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