17 dicembre 2018

Reggia Contemporanea

 
Quattordici artisti e un progetto per portare l’arte di oggi nel “gigante” di Caserta. Ne parliamo con il curatore Massimo Scaringella, e Anita Calà, fondatrice di VILLAM

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Non si fa che parlare del pensionamento di Mauro Felicori, storico ed attivo Direttore della Reggia di Caserta, che ha lasciato vacante il suo ruolo dirigenziale lo scorso 31 ottobre, chiudendo l’anno 2018 con un vero e proprio record di visitatori. In attesa di conoscere il futuro di una sede storica ed espositiva di inestimabile valore – e nell’attesa di scoprire se avrà un degno successore – la Reggia ospita la mostra “Relazione estetiche”, un progetto con quattordici artisti contemporanei italiani e internazionali a confrontarsi con l’antico. Ne abbiamo parlato con Massimo Scaringella, curatore, e Anita Calà, fondatore e direttore artistico di VILLAM, ente organizzatore della mostra.

Come avviene il passaggio tra la carriera di Anita Calà e la nascita di VILLAM?

Anita Calà: «La vedo più come un’evoluzione che come un passaggio. Creare una realtà come VILLAM è sempre stato un mio sogno e vivo i sogni come obiettivi da raggiungere. Il mio lavoro di artista si è sempre basato sull’esperienza vissuta insieme alle persone coinvolte durante lo svolgimento della mia ricerca. L’opera finale e materiale è il punto e a capo per poi cominciare un nuovo capitolo, l’importante è il vissuto durante la preparazione. L’evoluzione con VILLAM, nasce dalla voglia di condivisione nel voler creare un nucleo potente, che possa crescere e continuare ad evolversi nel tempo, acquisendo forza ad ogni evento con la partecipazione degli attori coinvolti, e nel quale essere il collante delle azioni che andranno ad accumularsi».

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Şükran Moral, Disperazione Senza Titolo, 1993, cemento, ferro, tegole, Courtesy l’artista

Come è andato l’incontro con Massimo Scaringella?

AC: «Io e Massimo ci siamo conosciuti 5 anni fa, quando ha curato una rassegna di video arte a Buenos Aires a cui ho partecipato. In quel periodo fremevo per poter far qualcosa lontano dall’Italia, sentivo il bisogno di avere esperienze nuove in un paese che non conoscevo. Ci siamo incontrati di persona qualche mese dopo, mi ha invitata a visitare la collezione alla Farnesina, e da lì non ci siamo più lasciati. Oltre ad una grande stima professionale è nata una bellissima amicizia con Massimo e la sua famiglia. Un anno dopo mi ha invitata a partecipare come artista alla Biennal del Fin du Mondo in Argentina, e sono stata lì quasi due mesi, un’esperienza meravigliosa che porterò sempre con me. Massimo è un curatore elegante, un uomo di grande esperienza e cultura, per me e per VILLAM era la persona giusta da coinvolgere nel progetto alla Reggia di Caserta».

VILLAM viene definita come una sorta di ‘factory’. Credete sia un modello che possa funzionare nell’arte contemporanea di oggi o gli artisti sono diventati troppo desiderosi della propria indipendenza?

Massimo Scaringella: «Si, il modello può funzionare in quanto il poter lavorare in gruppo non è limitante delle proprie indipendenze, anzi al contrario, il confronto con gli altri può creare quelle sinergie, quelle conoscenze, che possono aiutare a crescere ognuno di noi».

AC: «Nasciamo scatola vuota, e sono gli altri nel corso della vita a riempirla. Si è sempre desiderosi di essere cani sciolti, ma da soli non si va da nessuna parte. Questo nella vita come nell’arte. L’indipendenza “dipende” sempre da scelte esterne ad un nostro volere, la vera forza è lo scambio continuo tra persone diverse, ma che corrono parallele. Il confronto facilita l’evoluzione personale, altrimenti resta una tavolata in famiglia».

Arte contemporanea e antico, penso alla Centrale Montemartini come a un progetto tanto criticato quanto proporre il contemporaneo alla reggia di Versailles. Può funzionare?

AC: «C’è il bisogno di confrontarsi con la storia, attingere alla bellezza di luoghi sacri entrando in punta di piedi. Funziona quando, chi gestisce questi luoghi ha una mente aperta e lascia spazio solo a progetti meritevoli, agevolando l’arte fra i cavilli burocratici, che a volte fanno desistere dal voler anche solo proporre qualche progetto. La bellezza deve incastrarsi con la bellezza».

MS: «Anche in questo caso il modello può funzionare! Rinchiudere la storia come solo un’espressione del passato è riduttivo, mentre metterla al confronto con il presente significa risaltare quella linea che sempre esiste, in particolare nell’arte, di continuità. Sicuramente in molti casi di siti o luoghi del passato, come palazzi o dimore, se fossero aperti alle espressioni artistiche del contemporaneo, potrebbero acquisire un pubblico che altrimenti non avrebbero. Oramai tutte le statistiche dicono che i luoghi che aprono al contemporaneo aumentano la presenza di visitatori».

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ALESSANDRO PONGAN, Prono, 2018 materiale plastico, stampa 3d, metallizzazione (30×38,7xH21,7 cm) [Photo Credits: Marco Anzaldi]

Parlateci della scelta di questi artisti, così diversi e tutti così fortemente caratterizzati da una poetica molto profonda.

AC: «L’anno scorso ho iniziato a visualizzare una possibile mostra alla Reggia, avevo in mente artisti diversi tra loro ma che potevano dialogare tramite una linea di contatto. Sono sincera, nella mia mente erano quasi tutti i protagonisti che ora sono in esposizione, avevo una visione globale di questo evento. Non ho pensato ad opere specifiche, perchè con VILLAM punto soprattutto alla costruzione di progetti fatti da persone. Ed è stato proprio questo, nel corso dell’ultimo anno mi sono confrontata costantemente con loro e con Scaringella. Quello che è fortemente presente per ognuno di loro è la potenza del lavoro, l’eccellenza della ricerca e soprattutto la capacità di essere visionari, al punto da accettare una sfida così grande insieme ad una realtà appena nata come VILLAM».

MS: «La scelta degli artisti è infatti avvenuta sulla base di un percorso artistico individuale, in cui ognuno di loro ha potuto creare o recuperare un’opera da proporre “site specific”, delineando un viaggio tra passato e presente, tra l’avventuroso e il sorprendente, ma sempre nella risultante della intersezione dei vettori del passato più prezioso con quelli della contemporaneità».

Portare l’arte contemporanea in un contesto storicamente così importante non è mai una scelta semplice: come è andata questa sfida?

AC: «Posso dire che è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto? Ma ne ero consapevole fin dall’inizio, anzi ho voluto fortemente far entrare VILLAM in società con una scelta così complicata, sono convinta che solo nelle difficoltà si capisca chi realmente possa stare al tuo fianco. È stata una prova per me e per tutte le persone coinvolte. Io e Massimo dobbiamo ringraziare il Dottor Vincenzo Mazzarella, responsabile per l’arte contemporanea alla Reggia di Caserta, che ha reso possibile questa mostra, un uomo molto colto e dalla mente aperta, con occhi che vedono la bellezza. La Reggia di Caserta è un gigante, bisogna avere il più grande rispetto per la sua storia per poterci mettere anche solo un sassolino».

MS: «Siamo molto contenti del risultato e ancora di più degli apprezzamenti del pubblico che comincia sorpreso il percorso, ma, una volta che entra in contatto con le opere, ne coglie lo spirito e lo contestualizza nello spazio in cui è proposto».

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Carlo Bernardini, Spazio Permeabile, 2005 Catalizzatore di Luce, 2005 e Accumulatore di Luce, 2005, acciaio inox e fibre ottiche

Il limite del site specific, pur nella sua estrema relazione estetica con un luogo, è la sua intrinseca limitazione temporale.

AC: «Non lo vedo come un limite, ma come uno stimolo per l’artista, l’opera dovrebbe nascere sempre contemporaneamente all’idea della sua collocazione, ed avere uno spazio già predisposto, con le sue limitazioni, solletica la creatività, è un input a ramificare la propria arte, legandola ad un contesto. La limitazione temporale non esiste, come ho già detto, è l’esperienza vissuta grazie all’emozione che può dare l’arte a rimanere nel tempo».

MS: «In questo scenario di immensità storica le opere degli artisti contemporanei hanno un risalto particolare, in quanto estranee agli ambienti con cui si crea apparentemente un conflitto visivo, ma allo stesso tempo portano l’osservatore ad un effetto di amalgama temporale che lo trasporta avanti nel tempo. Sicuramente come scrive Mircea Eliade, “L’istituzione di uno spazio sacro dove si rivive nel presente una scena mitica fuori dal tempo, è la risposta archetipica dell’uomo al suo terrore della storia, del divenire e della dissoluzione nella molteplicità”. Per questo, l’eterno ritorno allo stesso ambito cognitivo sicuro, sia come esorcismo all’universo palpitante che l’artista invoca e celebra, sia come rifugio davanti al passo vertiginoso di una marea universale, lo fanno sembrare, per questi stessi motivi, più vicino e riconoscibile alla nostra modesta umanità».

Sapete già quali saranno i vostri progetti futuri, magari ancora insieme?

AC: «Il mio più grande pregio e difetto, al contempo, è che mentre sto preparando un progetto, già penso ai prossimi 10! So già cosa sarà VILLAM tra 5 anni, ed averne già la visione mi aiuta a capire quali passi fare. Ora sto lavorando ad un progetto per un evento durante la Biennale di Venezia 2019 ed ho un’idea molto ambiziosa per inizio 2020. Con Massimo faremo tante altre cose, io e lui siamo diversi ma corriamo paralleli».

MS: «Sicuramente l’esperienza è stata positiva e lavoreremo nuovamente insieme nello spirito della “Factory”».


Alessandra Caldarelli

In home page: Filippo Berta, Concert of Soloists, 2015, performance, HD Video 2’57’’, video-still
In alto: Stefano Cagol, TBOE, proiezione sulla facciata della Reggia

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