21 gennaio 2019

Cosa prevede la nuova risoluzione europea per i beni razziati e venduti illegalmente

 

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Il Parlamento Europeo ha adottato ufficialmente la nuova Risoluzione per la restituzione transfrontaliera dei beni d’arte razziati durante conflitti armati e guerre, ammettendo «L’insufficiente attenzione prestata alla restituzione di opere d’arte saccheggiate, rubate o ottenute illegalmente durante conflitti armati, in particolare nei settori del diritto privato, del diritto internazionale privato e della procedura civile». In questo modo, si cerca di coprire un vulnus della legislazione che, negli ultimi anni, è diventato sempre più urgente e ha riguardato in diverse occasioni anche l’Italia
Ultimo, in ordine di tempo, il caso della natura morta di Jan van Huysum, trafugata dagli Uffizi nel 1944, nel corso della ritirata verso nord dei soldati nazisti, per la cui restituzione il direttore Eike Schmidt aveva lanciato alla Germania un accorato appello. Precedentemente, aveva fatto discutere la querelle tra Italia e Stati Uniti, per la restituzione dell’Atleta di Lisippo, arrivato illecitamente nella collezione del Getty Museum di Malibù e in procinto di essere riportato dalle nostre parti, come confermato da una sentenza della Corte di Cassazione. Negli ultimi due anni, poi, tanto Dario Franceschini quanto Alberto Bonisoli si erano impegnati in prima persona, stringendo accordi e convenzioni con Grecia e Stati Uniti. 
La risoluzione da oggi adottata dal Parlamento europeo, si fonda sulla Convenzione dell’Aia del 1954 sulla protezione dei beni d’arte in tempo di guerra, sulla Convenzione UNESCO del 1970 e quella dell’UNIDROIT del 1995, oltre che su trattati come quello del primo Protocollo della Convenzione dei Diritti Umani e su atti di diritto derivato europeo. La prima del testo parte esprime preoccupazione per la tutela del patrimonio culturale comune, vittima di continui attacchi da parte di gruppi belligeranti e fazioni in guerra, deplorando distruzioni e spogliazioni che minaccino la scomparsa dell’identità che lega i popoli. In particolare, due i fronti aperti: la restituzione dei tesori sottratti alle vittime dell’Olocausto durante la Seconda Guerra Mondiale – ancora 100mila su 650mila censiti – e l’indagine sui saccheggi dei siti archeologici in Libia, Siria e Iraq, che vanno ad alimentare il mercato nero dell’arte, una piaga che, per volume di affari, raggiunge quello delle droghe, delle armi e delle merci contraffatte. I dati sono allarmanti: secondo i rapporti della Commissione europea, circa l’80-90 % dei beni archeologici presenti sul mercato mondiale sono di provenienza illecita. 
Per affrontare e risolvere il problema, secondo la Risoluzione, si dovrà pensare a una revisione completa del quadro legislativo di riferimento nel quale, attualmente, non sono debitamente regolamentati non solo le definizioni di “arte razziata”, ma anche i tempi di prescrizione e i dispositivi di usucapione e buona fede. Sarà necessario, quindi, provvedere alla redazione di una normativa uniforme di diritto privato, sulla quale poter fare affidamento per la restituzione delle opere d’arte rubate o esportate illegalmente. Nel testo della Risoluzione, si fa accenno alla cooperazione tra UNESCO, UNIDROIT, ICOM, musei, gallerie e case d’aste. Di conseguenza, si renderà urgente anche una riforma del mercato dell’arte, ponendo fine alle opacità endemiche del sistema, per «istituire un mercato dell’arte europeo responsabile ed etico». 
Sarà compito della Commissione assieme a esponenti dello stesso mercato individuare le best practice per facilitare il rientro in patria dei beni rubati o illecitamente commerciati. Come prima azione, si chiarirà lo standard della due diligence, materia diversa dalla buona fede. A riferimento sarà preso l’art. 16 della legge svizzera sul trasferimento internazionale dei beni d’arte, che proibisce a galleristi e case d’aste di concludere qualsiasi transazione qualora rimanga il minimo dubbio sulla provenienza del bene. Inoltre, tutti i professionisti operanti nel mercato dell’arte europeo saranno obbligati a tenere aggiornati i registri documentali e delle transazioni, soggetti al controllo degli Stati Membri. La Commissione si sobbarcherà anche il compito di implementare un sistema di catalogazione digitale, che possa essere utilizzato da enti pubblici e collezioni private, per raccogliere dati sulla situazione dei beni culturali rubati e di quelli ottenuti illegalmente, oltre che sullo stato delle rivendicazioni esistenti, al fine di facilitare la diffusione delle notizie e lo scambio dei dati. 
Ma il dovere del Parlamento, prima ancora di procedere all’implementazione della legislazione, sarà quello di dotarsi degli strumenti necessari per far rispettare le normative esistenti. Che peraltro sono previste anche nei trattati già citati ma che, pur presi a modello per questa nuova Risoluzione, non sono ancora stati ratificati.

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