15 febbraio 2019

Arriva il carcere per Mary Boone. L’importante gallerista era accusata di frode fiscale

 

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Niente da fare, nemmeno la carta dell’infanzia difficile, giocata in extremis dagli avvocati, è riuscita ad ammorbidire i giudici. Mary Boone, tra le galleriste più influenti nel panorama dell’arte contemporanea, è stata condannata a una pena detentiva di 30 mesi, dopo essersi dichiarata colpevole di frode fiscale, nel corso del processo svolto a settembre 2018. Il tribunale di New York ha comunque ridotto di sei mesi la richiesta di tre anni avanzata dall’ufficio del procuratore degli Stati Uniti e ha concesso un anno di libertà vigilata. Boone, che nel corso del processo è stata supportata praticamente da tutto lo star system dell’arte statunitense, dovrà anche svolgere 180 ore di servizi sociali per il Dipartimento di Educazione di New York, nell’ambito di un programma di mentoring per bambini, dedicato all’apprendimento delle arti visive. Non sono state assegnate ulteriori sanzioni finanziare, visto che Boone ha già pagato più di 6 milioni di dollari di multa. 
Secondo il pubblico ministero, la galleria di Boone avrebbe dovuto pagare, per il 2011, più di 1,2 milioni di dollari su un profitto di 3,7 milioni ma hanno richiesto un debito d’imposta di soli 335 dollari. Boone avrebbe anche utilizzato fondi aziendali, deducibili dalle tasse, per pagare più di 1,6 milioni di spese personali, oltre a 800mila dollari per ristrutturare il suo appartamento di Manhattan e 120mila dollari per di in una seconda residenza, sempre nel quartiere di New York, per poi chiederne i pagamenti come spese commerciali. 
La gallerista, che iniziò la sua atività nel 1977 in uno spazio a SoHo frequentatissimo da artisti e intellettuali e che oggi rappresenta artisti come Jean-Michel Basquiat, Barbara Kruger, David Salle e Julian Schnabel, si era dichiarata immediatamente colpevole e a dicembre i suoi avvocati avevano presentato una valutazione psicologica in cui si sosteneva che la causa della sua evasione fiscale era da imputarsi a diversi traumi patiti durante l’infanzia e al suo stato di depressione cronica. Robert Fink, avvocato di Boone, ha descritto la sua tumultuosa formazione, facendo anche riferimento all’episodio della prematura morte della sorella, una serie di eventi tragici che l’ha portata a sviluppare pericolose dipendenze, arrivando anche a un tentativo di suicidio. Nel rapporto di 237 pagine consegnato al tribunale, erano poi incluse decine di lettere a sostegno di Boone, firmate da personaggi come Ai Weiwei, rappresentato proprio dalla sua galleria, RoseLee Goldberg, Arne Glimcher, della Pace Gallery, Francesco Clemente, Jeffrey Deitch, Julian Schnabel, Jerry Saltz. Ma per il pubblico ministero, l’unica motivazione era l’avidità. 
Prima della pronuncia della pena, Boone ha anche letto una dichiarazione molto toccante, nella quale ammetteva ancora una volta le sue colpe e si diceva disposta ad accettarne le conseguenze: «Le cattive decisioni che ho preso hanno portato vergogna e sofferenza a me e alla mia famiglia. Vorrei poter cancellare le mie azioni ma non posso. Ho imparato dai miei errori e continuerò a imparare. Ho lavorato duramente per 40 anni e ho perso tutto». 
Cosa succederà, adesso, alla sua galleria? L’avvocato è stato piuttosto evasivo ma, a quanto pare, l’esercizio rimarrà chiuso per tutto il periodo della pena.
Non è comunque la prima volta che Boone affronta la legge. Nel 2016, l’attore Alec Baldwin la citò in giudizio, sostenendo di aver acquistato da lei un’opera falsa di Ross Bleckner. La cosa si risolse in maniera extragiudiziale, con un risarcimento di più di un milione di dollari. Invece, nel 1999, fu accusata di distribuzione illegale di munizioni e resistenza all’arresto. Quella volta però si trattava di una causa artistica, vista che stava esponendo il lavoro di Tom Sachs, che includeva fucili e proiettili fatti a mano.

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