12 marzo 2019

Le indagini sui falsi De Dominicis si estendono agli altri maestri italiani del Novecento

 

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Non solo Gino De Dominicis ma anche Giorgio De Chirico, Carlo Carrà, Lucio Fontana e Giacomo Balla. Insomma, stiamo parlando di una collezione prestigiosissima, peccato che sia composta interamente da opere contraffatte. L’indagine sui falsi De Dominicis, condotta dai carabinieri del Nucleo di Tutela del patrimonio artistico e coordinata dalla pm Laura Condemi e dall’aggiunto Angelantonio Racanelli, avviata già a novembre 2018, ha portato all’individuazione di una truffa del valore di circa 30 milioni di euro. 23 le persone coinvolte, tra cui Vittorio Sgarbi, che avrebbe certificato i falsi consapevolmente, il critico Duccio Trombadori, il gallerista Pio Monti, per il quale era stato disposto il divieto di esercitare mesi la professione per sei mesi, provvedimento poi annullato, e Marta Massaioli, vicepresidente della Fondazione Archivio De Dominicis ed ex allieva dell’artista anconetano, accusata di associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione, autenticazione e commercializzazione di opere falsamente attribuite, appunto, a De Dominicis. Ma potrebbe trattarsi del classico vaso di Pandora perché, a quanto pare, le diramazioni di questa organizzazione sarebbero ancora più vaste. 
Secondo i giudici del riesame, che l’11 gennaio hanno disposto l’obbligo di dimora per Massaioli, le indagini tecniche su Pio Monti hanno fatto emergere «sospetti di altre condotte di ricettazione o falsificazione di opere di importanti artisti contemporanei quali, oltre De Dominicis, De Chirico, Capogrossi, Carlo Carrà, Lam, Balla, Lucio Fontana, Carla Accardi e altri». Dunque, un “vero” mercato parallelo, dedicato ai maestri italiani del Novecento e sostenuto da falsi expertise. 
Seguendo le testimonianze degli ex dipendenti della donna, la base operativa è stata individuata in un capannone di Cerreto D’Esi, in provincia di Ancona. Ascoltato anche un restauratore, Alessandro Pavia, che aveva notato delle incongruenze su tre opere, apparentemente risalenti a 20 anni prima: «Tolto il vetro dei tre dipinti, ebbe il modo di constatare che in effetti le opere presentavano un forte odore di vernice fresca», si legge nelle carte del Riesame. Massaioli ha parlato di «ritocchi» all’originale, ma la consulente tecnica del pm valuta le opere «Come false ed esclude che siano state oggetto di un semplice restauro o di interventi di ritocco». Schiacciante la testimonianza di Sandro Mentuccia, autista di Massaioli, che oltre a descrivere numerosi casi di ritocchi ed etichette sospette, ha anche raccontato di un trasporto di opere, presumibilmente false, al Festival di Spoleto del 2012, organizzato proprio da Sgarbi.

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