18 aprile 2019

TRE DOMANDE A…

 
COME LE ALI. Intervista a Giovanni Gaggia
di Maria Chiara Wang

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Giovanni Gaggia è un artista multiforme che da sempre si muove con naturalezza ed eleganza tra media eterogenei: scultura, fotografia, pittura e interventi audio e video. La sua ricerca più recente si concentra, inoltre, sul disegno, sulla performance e sul ricamo. Di seguito la nostra chiacchierata volta ad approfondire i dettagli della sua ultima opera COME LE ALI.
Come nasce l’idea del progetto? Come e da chi ti è stato proposto? Come lo hai sviluppato?
«COME LE ALI nasce dall’incontro e dal dialogo con Piero Cecchetelli, proprietario della Casa del Commiato di Pergola, e dalla consapevolezza di quest’ultimo che nel suo luogo di lavoro fosse necessario accompagnare il pensiero altrove, rendendo la permanenza delle persone il più leggera ed effimera possibile. Per questa ragione ha deciso di incontrarmi. Il luogo si trova nello stesso paese dove vivo, lavoro e sono nato. Ti confesso di aver sentito il peso dell’esistenza, delle radici e delle mie scelte di vita; è stato per me un intervento denso di rimandi, di aneddoti, di ricordi e di volti che si sono affastellati l’uno sull’altro andando a generare le fondamenta progettuali. Da tutto ciò è iniziato il percorso di sottrazione, mantenendo costante il dialogo con Piero e trattenendo le sue parole chiave: laicità, facilità di comprensione, sensazione di casa, calore. Ho concretato il pensiero, utilizzando la cifra che mi contraddistingue: il tessere le storie, il raccontare attraverso l’uso del filo e del ricamo. In questo caso si tratta della storia di tutti, quindi – nel contempo – la più semplice e la più difficile. Non ho scelto la dualità vita/morte insita nel luogo stesso, ma l’unicità della mutazione. Le stanze della Casa del Commiato sono tre e, ora, in queste camere destinate al saluto del proprio caro, corre un solo filo dorato che muta forma, fino a trasformarsi in un fiore».
Il contesto è molto delicato: quali sensazioni, pensieri, emozioni ti hanno guidato nella realizzazione dell’opera?
«Le radici hanno avuto il sopravvento, mi sono concentrato sul ricordo del momento dell’ultimo saluto ai miei cari, i miei nonni, i colori delle camere deputate, il verde e il blu con tonalità depressive e cupe, le luci al neon. Di queste, ho sempre pensato che fossero le stesse usate dai macellai per rendere più bella la carne; concetto opposto al saluto in casa. Un aneddoto personale: avevo cinque anni, il primo corpo inerme, una casa, una camera marrone come le tonalità dell’abete; il non comprendere perché in tanti dovessimo guardare una persona dormire».
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COME LE ALI, di Giovanni Gaggia particolare del progetto
Un breve approfondimento sulla simbologia presente nei colori e nei soggetti rappresentati in COME LE ALI
«Nel bianco ha inizio tutto, perché è lì che risiedono tutti i colori dello spettro; nel blu giace il pensiero, l’equilibrio; infine, il rosso, simbolo della vita. Per il soggetto ho pensato ai concetti di mutazione e trasformazione. Ho deciso di iniziare dalla grafica di un’incisione realizzata, oramai quasi due anni fa, con Walter Valentini. Un libro aperto in cui entrambi abbiamo una pagina, prima la sua e poi la mia, dove cinque sfere crescono fino a raggiungere la libertà in un volo di farfalla. Ho continuato questo battito d’ali, tracciando un segno con un filo dorato su campo bianco, lasciandolo più puro possibile. Nella stanza successiva la stessa linea si poggia su un’altra cromia: un blu. La linea prosegue cambiando forma, tracciando i tratti delle braccia di Amore e Psiche di Canova, senza lasciare l’elemento che unisce le due figure: una farfalla tra le loro mani. Il filo corre infine nella terza camera, dove va a poggiarsi su un fondo rosso, terminando in un tulipano, simbolo della vanità delle cose terrene». 
Anche in quest’opera si conferma la tua ‘cifra stilistica’ del ricamo, dei piccoli segni, dell’importanza della memoria, del ricordo, della sobrietà. Come hai declinato la tua ricerca in questo progetto?
«I piccoli segni fanno parte della mia esistenza, sono i momenti semplici e al contempo fondanti che, come sai, sono proprio quelli che mi hanno spinto ad aprire le porte di Casa e a trasformarla in quella che è – Casa Sponge – e di recente a ricamare la frase GLI ODORI CHE RISVEGLIANO I RICORDI (cit. Bianco-Valente). Qui ho riversato tutto il mio cammino di uomo, ho fatto un passo indietro ed ho cercato di nascondermi. Ciò che emerge è proprio il senso del gesto del ricamo: meditare, pensare, in un percorso consapevole e nel mio caso condiviso».
Essenza, bisbiglio, luce, ali di farfalla: anche il testo critico che accompagna il tuo lavoro trasmette un’idea di leggerezza, d’impalpabilità, di emozioni sussurrate in linea con la delicatezza dei tuoi ricami, dei tuoi tessuti: in che modo siete riusciti a rendere queste sensazioni?
«Giovanni Intra Sidola, autore del testo che accompagna COME LE ALI, in accordo con me, ha deciso di abbandonare il ‘critichese’, raggiungendo così uno stato poetico, assoluto, l’essenza. Dico questo col pensiero a Ungaretti che è stato capace di descrivere la precarietà della vita in sole nove parole».
La tua opera è anche un inno alla Vita, un invito alla speranza…
«Questa tua definizione mi onora, la mia arte è un inno alla consapevolezza».
Maria Chiara Wang

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