06 aprile 2019

Alla Galleria Bonelli, la Art Night al ritmo delle geometrie di Jacopo Mazzonelli

 

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Questa sera, alle 23, in occasione della art night milanese, alla galleria Giovanni Bonelli, nel quartiere Isola, prenderà vita Tabulae, un’inedita performance di Jacopo Mazzonelli e Tovel (aka Matteo Franceschini), con la partecipazione di Eleonora Wegher, che chiuderà il finissage della mostra di Mazzonelli “Difference and Repetition”, a cura di Daniele Capra. Abbiamo posto alcune domande sulla mostra e sulla performance a Mazzonelli e a Capra. 
Che mostra è “Difference and Repetition” e quali opere sono esposte? 
Daniele Capra «La mostra raccoglie sedici opere realizzate dall’artista negli ultimi due anni, che spaziano dalla scultura all’installazione, nelle quali le dinamiche di reiterazione processuale e di ripetizione di alcune matrici visive sono gli aspetti fondanti. Il titolo è un omaggio a Gille Deleuze ed al suo celebre testo che propone una nuova ontologia basata sulla liberazione del pensiero dall’assoggettamento a logiche precostituite. Molte delle opere esposte sono caratterizzate da una forte interazione tra istanze musicali e letterarie e nascono dal reimpiego formale di strumenti musicali ormai dismessi, di vecchie macchine da scrivere meccaniche, speaker gracchianti e tutto un universo di oggetti in disuso ai quali Mazzonelli trova loro un nuovo ruolo, riconsegnandoli all’alveo del visibile. Evidenti i riferimenti agli strumenti a tastiera, agli ottoni e agli archi, dei quali l’artista ricombina frequentemente le parti costitutive». 
Come si inserisce questa mostra nella tua ricerca, Jacopo? 
Jacopo Mazzonelli «La mostra “Difference and repetition” dal mio punto di vista riprende ed amplifica un progetto iniziato due anni fa, in occasione della personale al MART – Galleria Civica di Trento, “To be played at maximum volume”, a cura di Margherita de Pilati e Luigi Fassi. In quell’occasione avevo avuto modo di mettere meglio a fuoco le linee guida del mio linguaggio, mettendo idealmente ordine in una serie di stimoli e sperimentazioni avviate nel corso degli anni. Nello specifico ho dunque proseguito tale ricerca, circostanziandola, focalizzandola sul linguaggio e i codici espressivi impiegati nello studio della musica, oltre che sulle sue implicazioni storiche, politiche, sociologiche e antropologiche. Tali messaggi corrono in forma sotterranea nelle opere e negli spazi della mostra, in forme quasi mai visibili, ma presenti come nella sottile trasparenza di un foglio di carta. Una ricerca dunque sulla creazione di un meta-linguaggio fortemente espressivo ma anche scientifico, ragionato, geometrico dove i diversi aspetti del suono, silenziosamente, fanno molto rumore. Probabilmente l’assidua lettura delle poesie di Valerio Magrelli, così asciutte e scientifiche, che spesso si riferiscono a miseri o insignificanti suoni della vita domestica per parlarci dell’uomo (e dell’umanità) mi ha fortemente condizionato». 
Oggi, in occasione della White Night, ci sarà la performance “Tabulae”. Che tipo di lavoro presenterete? 
JM «La performance Tabulae è un lavoro performativo di recente sviluppo che verrà presentato per la prima volta sabato notte alle 23 negli spazi della Galleria Giovanni Bonelli. Il lavoro è particolarmente rituale, anche considerata la posizione dei performer, che siedono inginocchiati su tre cuscini giapponesi di fronte a tre sottili poligoni ricavati da una tavola armonica di pianoforte. Geometricamente tali forme sono ricavate da un quadrato perfetto che è stato successivamente suddiviso e lavorato affinchè ogni esecutore possa agire direttamente su di esso. Il lavoro nasce da una collaborazione con Matteo Franceschini, compositore italiano residente a Parigi, con il quale da qualche anno lavoro attivamente allo sviluppo di progetti performativi nei quali il linguaggio acustico si fonde con la manipolazione elettronica, il tutto all’interno di un quadro completamente inedito di progettazione. La composizione musicale e l’esecuzione vengono elaborate a partire da lavori dove i confini tra opera d’arte e strumento musicale vanno assottigliandosi, aprendo di conseguenza il campo a nuove possibilità operative. Per la serata, l’intera illuminazione della galleria è stata ripensata per fondersi idealmente con quella specificamente progettata per la performance, di modo da consentire al pubblico un’immersione totale nell’impianto sinestetico della mostra. La performance vede la collaborazione di Tovel (aka Matteo Franceschini), Eleonora Wegher e Jacopo Mazzonelli. Una serie di sensori di vibrazioni trasformano il gesto pianistico in suono definito, mentre altre tecnologie tattili ne controllano determinati parametri. Il tradizionale approccio pianistico è completamente ripensato, mentre l’attenzione si focalizza sul puro gesto musicale e sulle sue imprevedibili conseguenze». (Silvia Conta)

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