14 maggio 2019

Al via il festival art+b=love(?) di Ancona, tra buchi neri, big data e conoscenze impreviste

 

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Un Nuovo Rinascimento andrà in atto ad Ancona, dal 16 al 19 maggio, presso la Mole vanvitelliana. Competenze tecniche, artistiche e umanistiche si confronteranno con il mondo dell’impresa per costruire un saldo connubio tra tecno-scienza ed estetica, durante i quattro giorni del festival art+b=love(?). 
Il festival, giunto quest’anno alla sua terza edizione, è organizzato da Sineglossa creative ground, con il contributo di Regione Marche e del Comune di Ancona, in collaborazione con la Fondazione Selina Azzoaglio. Sotto la direzione artistica e la curatela di Cesare Biasini Selvaggi e Federico Bomba, il festival riunisce quest’insieme variegato di saperi sotto la bandiera dell’imprevisto. Questa parola è qui intesa ben oltre il suo significato di attimo relegato al concetto di tempo, per divenire un luogo, che si sviluppa nello spazio in cui il razionale e l’irrazionale, la realtà e l’irrealtà, la fantasia e l’osservazione non si succedono ma coesistono. D’altronde, lo stesso Einstein dichiarò che l’artista e lo scienziato trovano la loro similitudine nell’idea, e cioè nell’attimo antecedente il concetto in cui l’unica realtà è quella dell’immagine. 
Il ricco programma, consultabile su abfestival.it, di talk, performance e installazioni si sviluppa secondo una prospettiva in cui l’immagine appunto, la forma, è intesa come quel qualcosa che qualifica l’imprevisto non ancora conosciuto. Su questo presupposto si alterneranno scienziati, artisti, operatori culturali, esperti di comunicazione. Troveremo, così, il rettore del Gran Sasso Institute, lo scienziato Eugenio Coccia, uno degli artefici della prima fotografia di un buco nero; il gruppo AOS nato nel 2006, composto da Salvatore Iaconesi, un ingegnere robotico, e da Oriana Persico che si occupa di comunicazione, con la mostra “Datapoesis-Obiettivo”, a cura di Arianna Forte, prima produzione datapoietica, con oggetti per gli spazi del nostro vivere che, connessi ai dati, si animano per consentire di stabilire relazioni inedite con i grandi temi del mondo globalizzato.
Ma l’imprevisto è anche il luogo ideale dove trovano sinergie il settore pubblico e privato, quando si tratta di eventi di riqualificazione urbana, come il quartiere degli Archi di Ancona con il progetto Crescit Eundo, un’opera videoinstallativa risultato di una residenza dell’artista Sonia Andresano nel quartiere, e la presentazione del Cooking Book degli Archi, un ricettario multietnico realizzato da 18 “storyteller urbani”, scrittori e illustratori. C’è l’imprevisto inteso come dinamica cinetica della forma, in cui le opere d’arte divengono congegni estetici, nella mostra “Evidence of Unexpected”, con opere di Samson Young, Byo Rhu, Andreas Angelidakis, a cura di Valentina Casacchia. In una dinamica pratica, trova spazio anche il confronto tra arte ed economia, nel progetto dell’artista visivo Filippo Riniolo. Infine, il pubblico stesso, per lasciare i locali del festival, dovrà affrontare l’ultimo enigma, una live escape room dove “solo l’imprevisto potrà essere motivo di scoperta”. 
Da questa collaborazione possiamo forse trovare nuovo impulso allo sviluppo della conoscenza, generando metodi operativi volti al miglioramento stesso della condizione sociale degli individui. Com’è nelle stesse parole dei curatori: «esiste la necessità degli artisti di liberarsi di un ruolo accessorio, relegato al mero intrattenimento o all’estetica, per contribuire attivamente allo sviluppo delle comunità. La visione che persegue il festival è, quindi, la promozione di un ruolo attivo, integrato e necessario dell’arte in tutti gli ambiti della società come strategico e sinergico fattore di innovazione e competitività». 
Possiamo star certi che dietro il progresso c’è una visione, dietro la visione c’è un’idea, un’immagine, una forma primordiale, che accomuna tutti i saperi, i quali non possono svilupparsi individualmente in modo specialistico, ma ricercare nell’unione la necessaria via verso una nuova collettività. Più consapevole del proprio mondo, del proprio ambiente, della propria tecnica, ovvero della realtà, che infine proprio l’arte aiuta a vedere ponendosi come uno specchio di essa. (Marcello Francolini)

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