13 giugno 2019

Lavoratori in agitazione al Guggenheim

 

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Pare che lo staff del Guggenheim Museum di New York non se la stia passando troppo bene. La scorsa settimana, circa 80 lavoratori hanno presentato una lettera di protesta, nella quale si lamentavano trattamenti poco gentili e retribuzioni inadeguate. Secondo Andres Puerta, dell’International Union of Operating Engineers Local 30, organizzazione sindacale dei lavoratori nel settore della manodopera specializzata, le condizioni dei lavoratori del museo, in questo caso nell’ambito della movimentazione delle opere d’arte, sono peggiorate progressivamente negli ultimi anni. «In linea di massima, il problema sono gli orari di lavoro troppo lunghi, senza interruzioni e anche durante i fine settimana, che causano anche problemi di sicurezza. Inoltre, i nostri salari sono più bassi rispetto a quelli in vigore presso istituzioni simili. Vogliamo quello che hanno gli altri musei: aumento dei salari, regole di lavoro chiare e politiche di pianificazione più trasparenti», ha dichiarato ad ArtNet un installatore del Guggenheim, che ha preferito rimanere autonomo. Secondo alcune stime, mentre al Guggenheim la retribuzione per gli installatori sarebbe di 25 dollari all’ora, quella degli omologhi al MoMA PS1 arriverebbe a 32,50 dollari all’ora, con una differenza del 30%. 
L’argomenti non è certamente nuovo, visto che tutto il settore della cultura e dell’arte in particolare soffre cronicamente di questi problemi, da contratti poco chiari a retribuzioni poco adeguate al lavoro richiesto. Ad aprire uno spiraglio sulla questione, è stato anche pubblicato un coraggioso documento, liberamente consultabile e integrabile online su Google Docs, dove i lavoratori dell’arte possono indicare il loro stipendio mensile, con cifre – ovviamente non verificate vista la natura del documento – che vanno da zero, per gli stagisti non retribuiti, a più di 300mila dollari per il ruolo di curatore al MoMA. Solo due le voci che provengono dall’Italia: un restauratore dell’Opificio delle Pietre Dure, con un contratto da 1400 euro al mese, e un assistant project manager, che ha dichiarato uno stipendio di 900 euro per 30 ore di lavoro settimanali. 
Comunque, è significativo che situazioni del genere possano accadere anche in uno dei musei più importanti al mondo, che ha da poco chiuso una mostre di più grande successo della sua storia, dedicata ad Hilma af Klint, grande artista svedese della prima metà del ‘900 e pioniera nell’ambito dell’astrattismo pittorico. Come se non bastasse, dal Guggenheim non è arrivata una risposta accomodante, paventando la velata minaccia di licenziamenti e rimpiazzi, nel caso gli impiegati del museo avessero votato per affiliarsi a un sindacato. «La direzione ha scelto tristemente di minacciare i lavoratori invece di rispettarli», ha commentato Puerta. «Siamo stati informati che l’International Union of Operating Engineers Local 30 sta cercando di rappresentare un certo gruppo di nostri dipendenti. Rispettiamo il diritto dei nostri dipendenti di decidere di essere rappresentati da un sindacato. La questione è ora in sospeso con il National Labour Relations Board [l’agenzia indipendente del governo federale degli Stati Uniti che ha l’incarico di far rispettare le leggi sul lavoro, ndr]», hanno scritto dal Museo, spingendo, quindi, per una risoluzione tramite l’agenzia federale. 
Fonte: ArtNet
Link al google doc

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