14 aprile 2004

arteatro_contaminazioni Juan Dominguez – All good spies are my age Bologna, Raum

 
Una coreografia di parole, colori e gesti concreti e minimali. Un uso dell'immagine che ricorda la pop art americana. Una continua ricerca dell'arte nella vita: ecco All good spies are my age

di

Juan Dominguez è un danzatore e coreografo proveniente dagli ambienti della danza classica e contemporanea, una componente fondamentale del suo spettacolo è, infatti, il ritmo: non è quello musicale -la musica non è che un breve inserto nel corso della performance- ma quello interiore dell’artista a scandire la sequenza di immagini che vengono proiettate davanti allo spettatore. Questo ritmo, che sembra seguire la necessità di comprensione del pubblico, viene talvolta accelerato impedendo il chiaro riconoscimento delle parole con un effetto visivo disorientante; altre volte viene invece rallentato per evidenziare l’importanza di una parola o di una frase o semplicemente per spostare l’attenzione dello spettatore dal luogo dell’evento a quello della sua produzione.
Posti l’uno accanto all’altro sulla scena, lo schermo e il video proiettore, usati per mostrare ingrandite le cartoline rosa di cui si serve l’artista per comunicare, rappresentano l’ultimo passaggio nella costruzione della performance. Al centro dell’opera non c’è il prodotto, ma il produrre ed inevitabilmente il produttore; la componente autobiografica è dominante e volutamente manifesta .
Juan Dominguez
Esperienze personali, situazioni di necessità pratica della vita quotidiana, avvenimenti inattesi si intrecciano con gli schemi di lavoro dell’artista alle prese con il vivere, il sentire e l’esprimere. Questi elementi, apparentemente separati, chiusi nelle linee geometriche delle cartoline, trovano, poi, una connessione logica evidenziata, all’interno dell’opera, con colori e ripetizioni rivelatrici. Il tempo è un elemento dominante: quello contabile dei numeri, dei secondi, degli anni; quello del divenire che trasforma e consuma; quello ciclico del ritorno.
Come vivere il tempo? Velocemente o lentamente, spesso, mai, già, raramente; questi sono gli indicatori di tempo presenti nelle cartoline e che occupano un posto speciale negli appunti di lavoro dell’artisa.
Viene, quindi, analizzato il compleanno come ricorrenza, un elemento che ritorna nella vita e in questa performance a separare il tempo che abbiamo già avuto da quello che ancora ci rimane; l’unico intervento sonoro nello spettacolo è la musica di happy birthday to you. Il passare del tempo è affrontato, oltre che con le scritte sulle cartoline, con un una sequenza fotografica che ritrae i cambiamenti dell’artista dall’infanzia alla vecchiaia; poichè l’artista è ancora giovane le ultime foto sono state modificate con il computer; al termine dello spettacolo indosserà una maschera che lo ritrae già anziano.Con questo nuovo aspetto esce dalla posizione semi nascosta dietro al video proiettore per offrirsi interamente allo sguardo dello spettatore, poi esce di scena in un’atmosfera ancora gravida di aspettative.
Il video proiettore si pone come tramite tra il coreografo e il pubblico con un evidente effetto distanziante; anche il silenzio costringe lo spettatore a concentrarsi sulla vista e sui piccoli rumori prodotti dalla manipolazione delle cartoline edel proiettore, il tutto però a scapito della tensione drammatica che solo nel finale trova un punto di forza.

daniela broggi
spettacolo visto il 27 marzo 2004


spettacolo di e con Juan Dominguez
assistenza artistica di Cuqui Jerez
make up special effects di Pedro R. De Diego & Irene Puche
coprodotto da Espace Pier Paolo Pasolini, comunidad de Madrid e Cuqui Jerez
conil sostegno di In Situ Productions-Xaviere Le Roy
inserito nel progetto P5 Project T, realizzato con il sostegno di Tanz Werkstatt Berlin, Podewil Berlin, Vooruit Gent e Stuk Leuven


[exibart]

1 commento

  1. Broggi non scrivere quando non sai!
    …potresti buttarti sul ricamo o sul giardinaggio per esempio.
    Lascia scrivere di teatro chi ne sa e lo frequenta!
    raffaele

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