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Sono sempre molto
impressionato, quando frequento una fiera, nel domandarmi quanto inquina il
settore delle arti visive.
Infatti è noto a tutti
come i musei ammassano nei magazzini migliaia di opere artistiche, i
collezionisti accumulano manufatti negli hub degli aeroporti e le gallerie
raccolgono
centinaia di lavori nei loro depositi,
così la produzione di oggetti dal vago sentore di arte continua incessantemente.
Il problema
dell’inquinamento dell’arte si sta evidenziando sempre di più, una produzione
mastodontica di manufatti continuano a fluire sul cadavere dell’ispirazione
artistica.
Spesso con la scusa
dei multipli l’arte si è del tutto assimilata al mercato delle scatole di
conserva.
Oramai le opera sono
realizzate con tantissimi materiali, spesso difficilmente smaltibili
,
prodotte in infinite copie per finire nelle principali fiere e aste
internazionali, incrementando il pattume mondiale.
Tutti prodotti senza
certificati di dismissione, che difficilmente saranno riciclati, pronti a
deperire col prossimo cambiamento estetico che i nuovi media stanno già
avviando.
Nonostante la crisi,
sempre più pressante, gli artisti non paiono particolarmente attenti alle
dinamiche sociali e ambientali. Anzi le cavalcano per poter trovare un poco di
visibilità anziché agire realmente sui tanti problemi che sfruttano,
confermando una certa ipocrisia del
sistema.
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