14 novembre 2010

N’EST PAS

 
di cristiano seganfreddo

L’altra sera ho partecipato a un convegno con la cittadinanza di Valdagno, una piccola città in provincia di Vicenza. Valdagno è nota per esser stata la sede dell’epopea industriale Marzotto e per quel lascito straordinario al presente che è stata la città sociale o città dell’armonia. Il tentativo riuscito, tra le due guerre, di Gaetano Marzotto di costruire una città a dimensione d’uomo, dove la fabbrica si integrasse con la vita e con la cultura...

di

Quello
di Marzotto è un modello visionario che si era dotato di asili nido, scuole
materne, case di riposo, piscine olimpiche, un teatro da 2.000 persone con la
facciata di Santomaso, istituti tecnici, scuole di musica e di un dopolavoro
ricreativo. E non solo dove giocare a carte. Uno
degli esempi più alti di visione imprenditoriale sociale del Novecento.

Dal
1950 Valdagno ha ospitato anche il Premio Marzotto, un premio “sinestetico” che
mise assieme per quasi vent’anni discipline che andavano dalla letteratura alla
filosofia, dall’economia al giornalismo, dalla musica alla pittura. E così quel
piccolo paese in fondo a una valle diventò un punto di riferimento
internazionale, grazie anche al coraggio di alcune scelte che puntarono ad
affiancare a nomi già affermati quelli di giovani talenti emergenti della
generazione italiana del dopoguerra i quali, proprio grazie a questo successo,
avrebbero trovato la loro definitiva consacrazione. Da Burri a Fontana.

Erano
anni in Italia in cui non si parlava di certo di impresa-cultura, o di impresa
e sociale. Oggi Valdagno è stata cambiata molto dall’economia sfrenata degli
ultimi trent’anni e dalla con-seguente crisi. Non solo economica. La sorpresa
di ieri sera è stato Giannino Marzotto, intellettuale-imprenditore-pilota (ha
vinto due Millemiglia) 82enne. Ha appena creato la Fondazione Progetto Marzotto
con cui ha comprato il vecchio dopolavoro (3.000 mq) e la scuola di musica. Ha
presentato il suo progetto di restauro che finirà in un anno, con tanto di
teatro, biblioteca, sala danza e una sala di registrazione. Il tutto con
dimensioni e strumentazioni di livello europeo. A disposizione della città, e
non solo ovviamente.

Giannino Marzotto alla Millemiglia del 1951
Investimento? 3 milioni di euro. Ai quali aggiunge anche
tutta la collezione italiana dell’Ottocento e sei arazzi, per altri 50 milioni.
Ma non sono solo soldi o valori immobili. Nelle parole di Giannino Marzotto
c’era un’incredibile energia. Sferzate al futuro con le quali ci ammoniva che i
territori possono ripartire solo dalla cultura. Lanciando un ponte tra passato
e futuro, tra identità locale e internazionalità. Ma, diceva, bisogna avere le
palle.

cristiano
seganfreddo

direttore di fuoribiennale e innov(e)tion valley


*articolo pubblicato su
Exibart.onpaper n. 67. Te l’eri perso? Abbonati!

[exibart]

2 Commenti

  1. sono solidale a questo progetto e mi rinquora che nel resto di Italia esistano persone di spessore con le…….
    In questo momento critico dove nessuno al coraggio di fare ma solo di “sfuttare” e non investire i ciò in cui crede.
    complimenti del coraggio lei è un esempio non indiferrente per l’Italia.

  2. cecilia martinelli, non si leggeva, su un documento pubblico (come sono i commenti a un forum su internet) “rinquora” da moltissimo tempo, e anche il resto del suo commento sfoggia un italiano da paura.
    se l’ha fatto apposta (io lo spero..) le faccio i miei complimenti, non era facile produrre un testo così.

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