15 febbraio 2011

SINESTESIE D’AUJOURD’HUI

 
Nouvel, Rist, Westermann: l’architetto, l’artista, lo chef. Appuntamento all’ultimo piano di una obliqua torre viennese di recentissima fabbricazione. Mentre sotto scorre il Donaukanal. L’edificio? Più che di caratteristiche funzionali, si può parlare di un laboratorio sperimentale di arti applicate. E in effetti...

di

Brilla di luce propria il coloratissimo “affresco” di 1.000 mq – sì,
mille – sul soffitto del ristorante austro-francofono Le Loft, all’ultimo piano dell’ultimo edificio d’autore inaugurato
a Vienna, ad alcune centinaia di metri dalla cattedrale gotica di Santo
Stefano. Gastronomia francese, naturalmente. E poiché lo spazio è circoscritto
in trasparentissime, invisibili o quasi, pareti di vetro, il risultato è che la
visionaria impronta creativa dell’artista svizzera Pipilotti Rist sia riconoscibile anche giù dalla strada o da più
lontano. In verità, a mettere sulle tracce di Pipilotti anche i più distratti,
sono in primo luogo le sue immense immagini che campeggiano in tutta evidenza
su un paio di soffitti a livelli più terreni.

C’è trasparenza e trasparenza. Quella creata dall’architetto Jean Nouvel per il loft è davvero
super, soprattutto se il punto d’osservazione si posiziona al suo interno,
ovvero a 70 metri di quota. Qualche morso di vertigine datelo per scontato
stando in cima alla Nouvel-Tower, che
per di più è leggermente inclinata sul lato ovest.

Libertà in e sopra di noi. Questo
il titolo-tema su cui Pipilotti Rist ha lavorato per la torre di Nouvel, tre
“affreschi” per un totale di 1.800 mq. Oltre a quello dell’ultimo piano, ce n’è
uno posizionato a pianterreno, pensilina d’accesso e soffitto della lobby
dell’hotel che vi ha sede; un altro decora il soffitto di uno strano ambiente,
un volume sottovetro denominato Wintergarten,
una serra, stando al nome, incuneata vistosamente come una zeppa pneumatica
quasi a mezz’altezza dell’edificio: un vuoto che pare sospendere la forza di
gravità. Nulla di strano se poi le immagini di Pipilotti si configurano come allegorie
sulla leggerezza dell’essere. Ribaltamenti di prospettiva, accostamenti
ironici, rapporti di scala sproporzionati, ipercromatismi. È la sua versione di
un mondo naturalistico – un bosco, un mare… con i loro elementi – che, invece
di restare schiacciato sotto i piedi, è sospeso poeticamente in aria sopra di
noi come in un sogno lieve e libertario.

Sono immagini fotografiche ottenute attraverso forti ingrandimenti
riportati su pannelli di una speciale tela retroilluminata e con l’inserimento
di alcuni schermi video a led dalla forma pressoché circolare. Per dimensione e
per resa ottica, le installazioni hanno comportato l’utilizzo di soluzioni
tecnologiche molto complesse, condotte da decine di specialisti.

Il legame tra le arti è la prerogativa essenziale della Nouvel-Tower, a cominciare dalla sua
stessa fisicità e plasticità tra architettura e scultura. Al suo interno accoglie
principalmente un centro commerciale interamente dedicato al design e, come
detto, un hotel, un Luxury Sofitel a denominazione Stephansdom più che garantita, anch’esso non senza richiamo
all’arte.

All’allestimento decorativo delle sue 182 stanze e suite, ad esempio, hanno
lavorato Alain Bony e Henri Laboile, due artisti francesi in
collaborazione con studenti dell’Università delle Arti Applicate di Vienna. Il
loro intervento è ovunque appena percettibile: si tratta di disegni minuti
sulle pareti, di tracce isolate, consone alla raffinata connotazione
minimalista delle unità abitative sviluppate singolarmente su rigide monocromie
del bianco, del grigio, del nero. Le stesse tonalità incolori che in ambiti più
accessibili al pubblico si accompagnano a elementi trasparenti e a superfici
specchianti.

A eccezione delle grandi installazioni di Pipilotti Rist, l’insieme
architettonico ha di per sé un’impronta rigorosa, priva di colore, quasi
inespressiva e persino sfuggevole, alla quale Nouvel associa insistentemente
l’idea di un “presque rien”, un
quasi-niente. Pur tuttavia, la distribuzione degli spazi interni, in
orizzontale come in verticale, si de-struttura in una complicata
moltiplicazione di piani, di sbalzi, di grandi vuoti, di linee prospettiche
fuori asse, di incastri, di riflessi e di rispecchiamenti.

Presque rien, una
locuzione non banale e sicuramente non casuale, questa, per mezzo della quale
si entra immediatamente nell’ordine del discorso di talune riflessioni di
Vladimir Jankélévitch, filosofo francese d’ispirazione bergsoniana. Riflessioni
sulla enigmaticità, ineffabilità delle cose, mai conoscibili nella loro
pienezza e complessità, accessibili solo all’intuizione e solo in maniera
fugace. Come dire, un presque rien.
L’impianto progettuale di Nouvel è, a suo modo, allusivo.

A fare da sfondo al lato nord dell’edificio, trova spazio pure un
“giardino verticale” alto cinque piani a partire dal pianterreno; è stato creato
con 20mila piante dal botanico Patrick
Blanc
, l’ideatore in persona di tale genere. D’altronde, è ovvio. Come
binomio, Blanc e Nouvel hanno alle spalle una storica collaborazione nella
realizzazione della originalissima facciata vegetale del Musée du quai Branly a
Parigi.

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il film di Pipilotti Rist

Nouvel/Blanc:
Musée du quai Branly a Parigi

franco veremondi


Nouvel-Tower

Praterstrasse 1 – 1020 Vienna

[exibart]

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