08 marzo 2004

fino al 10.IV.2004 Dario Neira – Skin language Brescia, Fabio Paris Art Gallery

 
Alla sua prima personale, l’artista torinese propone una riflessione sul corpo, la frammentazione e l’individualità. Lavorando, con delicatezza e sobrietà, con la pelle e i suoi linguaggi. Senza mai portare oltre la superficie, che parla dell’uomo, della sua storia e delle sue fobie...

di

La pelle è superficie, esteriorità, mancanza di profondità; ‘epidermico’ è sinonimo di superficiale, vago, esteriore. Eppure, la pelle porta i segni del tempo, rivela (con i suoi tatuaggi e le sue cicatrici) la storia di un individuo, i suoi drammi e le sue gioie; ne tradisce, sbiancando o accendendosi, accapponandosi o corrugandosi, le emozioni più profonde. Una pelle abbronzata o incartapecorita, vellutata o opalescente, screpolata o sepolta sotto uno spesso strato di fard dice spesso ciò che altri dettagli nascondono; ed è la pelle, percepita col tatto o con la vista, a ritornare spesso nei ricordi: il ricamo di capillari sul naso del nonno, la superficie ispida della guancia di papà, le mani profumate della mamma. Infine, la pelle è linguaggio: linguaggio del corpo, comunicazione chimica e gestuale, e, perché no, verbale: “Il verbo si fece carne e venne in mezzo a noi”.
Dario Neira
Citando all’inverso questo passo di Giovanni, Dario Neira propone, nell’opera centrale della project room allestita negli spazi della Fabio Paris Art Gallery (John I, 14), una suggestiva dichiarazione di poetica: la pelle, fotografata nelle più diverse condizioni di luce, ingrandita e ricomposta in un collage che riempie il corpo del testo, si fa linguaggio, espressione, racconto; e la parola arriva a gridare ciò che la pelle può dire solo in maniera silenziosa, ne trasforma l’autismo in espressione libera, quasi gioiosa.
La paura raramente riesce a trasformarsi in un grido, a liberarsi in un flusso di parole: per lo più è sudori freddi, battito accelerato, pelle sbiancata e brividi. Con Fear, la paura immagazzinata in decine di epidermidi diventa un urlo colorato, che esplode al centro della parete e si ramifica sul pavimento nelle diverse Phobiae (2003): le ansie che condizionano la nostra vita quotidiana, incastonate al centro di minacciose spranghe di ferro che alludono alla violenza di cui spesso la pelle diventa testimone involontario, nella forma di escoriazioni ed ematomi, lesioni e cicatrici.
In tutte queste opere, la pelle testimonia di una moltitudine, ma non di un corpo collettivo: ogni frammento, diventato oggetto di indagine, dichiara con fierezza la propria individualità, la propria appartenenza ad un organismo non ripetibile. UnDario Neira orgoglio che traspare anche dalla monumentalità di Selfportrait (ME), un autoritratto in cui la pelle racconta, attraverso le stratificazioni della base in legno, il proprio passato, la propria storia biologica. Nascondendosi dietro una campionatura della sua stessa pelle, Neira si rivela interamente: e lo fa evitando ogni introspezione, mostrandoci quello che già vediamo. Un uomo grigio, come dichiara il sottotitolo, ma il cui grigiore è il risultato di una storia di cui possiamo leggere le accelerate e le fratture: e la cui identità nasce da tutte le pelli cambiate in passato.

domenico quaranta
mostra visitata il 28 febbraio 2004


Dario Neira – Skin language
Brescia, Fabio Paris Art Gallery, via Alessandro Monti 13
orario di visita: da lunedì a sabato, 15.00 – 19.00. Festivi su appuntamento
per informazioni: tel. 030 3756139 – fax. 030 2907539 – fabio@fabioparisartgallery.com  www.fabioparisartgallery.com


[exibart]

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui