18 dicembre 2012

La febbre indiana. Colpo grosso per Mazzotta che sbarca a Mumbai, in occasione della quarta edizione del Festival “[en]counters”

 

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Si svolgerà dal prossimo 11 gennaio, a Mumbai, la megalopoli per eccellenza del Subcontinente indiano, la quarta edizione del Festival d’arte pubblica “[en]counters-powerPLAY”, rassegna che mira a tracciare le linea-guida per risvegliare il senso di identità collettiva, promuovere dibattiti e sviluppare idee per rendere la città un luogo più vivibile, con ricadute in termini culturali, economici e sociali sulla comunità. Un’iniziativa che quest’anno aprirà le sue porte alla partecipazione di Hong Kong, Australia, Germania e Italia, che sarà presente con la Fondazione Antonio Mazzotta di Milano, a rimarcare ancora una volta l’interesse che l’India sta riscuotendo sul piano internazionale e l’appeal che risveglia anche nel mondo dell’arte italiano. E stavolta il Belpaese presenterà il solo show di un artista italiano, Pietro Pirelli. Abbiamo intervistato la curatrice Martina Mazzotta, che ci ha raccontato anche le origini di un rapporto famigliare con L’India.
Ci racconta com’è nata la possibilità di rappresentare l’Italia ad [en]counters? Di che tipo di manifestazione si tratta precisamente e in quale sede di Mumbai si svolge?
«L’interesse dei Mazzotta per l’India risale agli anni Cinquanta, quando Gabriele, mio padre, intraprese alcuni viaggi nel Subcontinente. Tra gli anni ’60 e i ’70, molte sono state le pubblicazioni della Casa Editrice sui paesi asiatici i cui autori – economisti, sociologi, antropologi – sono poi diventati delle celebrità.
Da parte mia, mentre studiavo filosofia in Germania, ho intrapreso parecchi viaggi in Asia e lavorato soprattutto con il Giappone (intorno a Fosco Maraini, fino alle recenti mostre milanesi Samurai e Shunga). A Mumbai ho incontrato un brillante italiano, Claudio Maffioletti, che con la moglie indiana ha fondato il gruppo di curatori e artisti indipendenti ArtOxygen.
Dal 2010, ArtOxygen organizza a Mumbai [en]counters, una manifestazione di arte pubblica unica nel suo genere. Ho sempre nutrito un certo interesse per il ruolo sociale dell’arte e per le manifestazioni di arte pubblica e partecipativa: immediato è stato dunque l’interesse nei confronti dell’attività di ArtOxygen, che invita il mondo dell’arte a dare una propria interpretazione riguardo ai problemi più evidenti di una megalopoli come Mumbai, che ha più di venti milioni di abitanti e condensa in sé, in maniera estrema, tutte le caratteristiche dell’India di ieri e di oggi.
Con “[en]counters”, ogni anno a gennaio, la città viene animata da opere, installazioni e interventi di arte partecipativa in spazi pubblici, identificati in punti strategici della città. Quando Maffioletti mi ha chiesto di rappresentare l’Italia al Festival, nella prima edizione della manifestazione aperta a collaborazioni straniere, ho accettato con entusiasmo, nonostante i tempi stretti e i mezzi esigui.
Il tema del 2013 riguarda l’energia, intesa come potenza, luce e connessione tra le persone. Il paesaggio urbano di Mumbai si sta infatti sviluppando in verticale, nell’oscurità e attraverso il cemento: il centro nevralgico della città si è ora spostato nella city. Al fine di recuperare un’energia “orizzontale”, che riprenda le dinamiche di comunicazione tra le persone più tipicamente indiane, si è scelto di creare punti di intersezione e incontro in spazi quali spiagge, strade e giardini, così da mettere in luce come gli spazi pubblici possano divenire aree interattive che influenzino positivamente i nostri stili di vita. I luoghi di “[en]counters” a Mumbai, che ospiteranno linguaggi e esperienze diversissime tra loro sono Horniman Circle Garden, Studio X, Juhu Beach, Carter Road Promenade. E non mancheranno numerosi eventi collaterali che si svolgeranno in scuole, istituti di formazione e ONG, nonché una tavola rotonda con curatori e artisti.
Alla fine di febbraio, porteremo queste esperienze a Milano, durante un simposio dedicato a “[en]counters” e alla città di Mumbai più in generale, cui parteciperanno critici, economisti e rappresentanti delle istituzioni».
Perché la Fondazione Mazzotta ha scelto di partecipare con l’artista Pietro Pirelli? Che lavori verranno presentati?
«Dopo aver esaminato il tema proposto da ArtOxygen per il 2013, la scelta è ricaduta sul musicista e artista Pietro Pirelli, poeta della luce e del suono che ha viaggiato spesso in India. Ogni volta che mi sono trovata di fronte a una sua opera, che si trattasse dell’Arpa di luce, di Artificiale-Naturale, la mano di ghiaccio che sciogliendosi suona gli ambienti con le sue gocce, oppure delle Pietre Sonore di Pinuccio Sciola reinterpretate, ho sempre riscontrato nell’universo di questo artista-sciamano una vis poetica piuttosto rara nel panorama attuale. Nella mostra “Pelle di donna. Identità e bellezza tra arte e scienza” che ho curato all’inizio del 2012 in Triennale, l’idrofono di pelle realizzato da Pirelli è diventato un fenomeno per la critica e un polo magnetico d’attrazione per il pubblico. Abbiamo così scelto di portare a Mumbai degli Idrofoni da installare in diversi luoghi della città, per trasformare il paesaggio sonoro urbano in melodie visuali, utilizzando luce e acqua. Il suono della città, i canti dei passanti, le loro voci, entreranno in queste “lampade sensibili” per riemergerne in forma luminosa in piscine sonore: si tratta di dischi, recipienti sospesi e trasparenti riempiti con un velo d’acqua che, captando i suoni circostanti (anche i rumori del traffico!), si mettono in movimento e modulano il fascio di luce che li attraversa. Il moto ondoso scolpisce una serie di immagini in divenire che si proiettano a terra e sulle superfici circostanti. Qualcuno – e le fasce di pubblico coinvolte saranno davvero eterogenee! – vorrà forse cantarci dentro».
Attualmente c’è una grandissima attenzione verso l’India. In Kerala ha inaugurato la prima Biennale di Arte Contemporanea, tra i cui protagonisti c’è l’italiano Giuseppe Stampone; Zegna ha intrapreso un percorso “filantropico” che porterà al Museo Dr. Bhau la promozione di un’opera di un’artista indiana conosciuta sui mercati internazionali e, ancora a Milano, il design indiano è in Triennale. Come si pone FAM verso il Subcontinente? Pensa sarà il nuovo interlocutore del Belpaese dopo la Cina? State sviluppando programmi futuri in Asia?
«Sì, anche in Italia, e nel sistema dell’arte, l’attenzione verso l’India è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni. In termini di circuitazione di opere d’arte attuale nelle fiere, nelle gallerie, negli spazi temporanei internazionali, l’India rappresenta ormai un punto di riferimento imprescindibile. (Fondazione e casa editrice parteciparono a “India Arte Oggi” allo Spazio Oberdan di Milano, qualche anno fa). E tuttavia in India, nell’ambito del “sistema dell’arte”, non esiste ancora una “cultura dell’arte” tout court, che l’affranchi dall’artigianato, per esempio. Non c’è ancora la consapevolezza che i musei e la loro gestione per un grande pubblico, la didattica e la formazione in campo storico-artistico e estetico, o l’editoria d’arte, rappresentano fattori fondamentali per la crescita di un paese. Un’iniziativa come quella di “[en]counters”, a modo suo, potrà avvicinare alla categoria “arte” anche fasce di pubblico che ne sono estranee. L’ambizione è addirittura quella di far riflettere sull’attualità – in una città come Mumbai – attraverso l’arte e l’emozione estetica.
La Fondazione inaugura così il nuovo anno in maniera inusuale, tentando come sempre di affrontare il mondo delle arti visuali in termini transdisciplinari e affrancandosi dalle tendenze predominanti. Anche con il Brasile, con cui abbiamo iniziato a lavorare trent’anni fa (soprattutto con Bardi e il MASP), la Cina e la Corea, ci sono progetti in vista. D’altronde, fare cultura con questi Paesi e su questi Paesi, fa parte della nostra storia di quasi cinquant’anni».

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