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Venivano dalla Turchia, e forse sarebbero serviti per abbellire qualche edificio delle città dell’Impero romano, forse proprio Roma. Chissà quali fregi, quali colonne e quali pavimenti sarebbero andati a comporre se fossero arrivati a destinazione. Stiamo parlando delle 350 tonnellate di marmi ritrovate al largo della baia di Punta Scifo, in Calabria, esplorate attraverso una campagna di indagini sottomarine messe in atto dall’Università Ca’ Foscari. La scoperta è stata effettuata da un gruppo di studenti dell’ateneo veneziano, coordinati dai professori Carlo Beltrame e Salvatore Medaglia, e le analisi petrografiche e isotopiche compiute da Lorenzo Lazzarini dello IUAV di Venezia, hanno dimostrato sui campioni prelevati che i materiali litici del relitto sono costituiti da marmo proconnesio di due diverse cave dell’isola di Marmara, in Turchia. Un altro tassello di cultura, stavolta sommersa veramente, che si scopre nella penisola, e della quale l’Area Marina Protetta di Capo Rizzuto e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, ha dichiarato l’intenzione di progettare un parco archeologico sottomarino visitabile da sub e per mezzo di barche a fondo trasparente. E a proposito di barche, si stima un “record”, purtroppo non verificabile, per l’imbarcazione che avrebbe trasportato i blocchi: l’ingegnere navale Simone Parizzi, ha calcolato che, in base alla mole marmorea lo scafo non dovrebbe essere stato meno lungo 40 metri, con una larghezza di oltre 14. Una dimensione che collocherebbe questa nave tra le più grandi imbarcazioni che il mondo antico ci abbia restituito, e di cui le 350 tonnellate sarebbero il massimo peso conosciuto per un trasporto di marmi antichi.