08 gennaio 2014

La cultura sottozero, ma non nel senso dei tagli. La svedese Umeå si prepara come capitale europea 2014

 

di

Umeaa Art Museum
I festeggiamenti dureranno 3 giorni, dal 31 gennaio al 2 febbraio prossimi. E Umeå, 650 chilometri a nord di Stoccolma e 400 a sud del Circolo Polare Artico, inizierà i suo anno della cultura. Anzi, le sue otto stagioni, secondo il calendario Sami, unico popolo indigeno d’Europa che nella zona ha trovato i suoi natali. Neve, ghiaccio, fuoco e luce, nella stagione del buio perenne, per principiare quello che sarà un programma che conterrà 40 festival, 80 eventi, 100 progetti e l’inaugurazione di nuovi musei e luoghi di ritrovo culturali.
Una grande vetrina dove la cultura è diventata il reale motore di sviluppo di una località che è passata dai 40mila abitanti di mezzo secolo fa a quasi 120mila, proprio come una media città italiana, grazie alla nascita di un polo universitario che ha al suo attivo anche un Campus Artistico più unico che raro in Europa: Facoltà di Architettura, Istituto di Design, Istituto di Belle Arti e HUMlab, più il Bildmuseet, un museoMuseo dell’Immagine che conta piani di arte contemporanea, fotografia, architettura e design. Una città in cui la metà dei residenti ha meno di 35 anni e di cui 36mila sono studenti. Un esercito che, il nuovo corso della città come “Capitale Europea della Cultura” dovrebbe consolidare.
E promulgare il rilancio, inesausto, di una delle zone più “complicate” del globo, quantomeno a livello climatico. Quello che però è forse utile sapere, anche per le colleghe italiane della cittadina svedese candidate per il 2019, è che da queste parti è stato attivissimo un programma di “partecipazione” e progettazione di Umeå 2014, in un modo che nessun’altra capitale della cultura aveva fatto in precedenza: dalla messa in atto del concorso “Artists Caught by [Umeå]”, invitando tutti i creativi del mondo a interpretare la cultura della città e della Svezia del nord, fino al tour “Caught by [Umeå]”, che lo scorso autunno ha portato gli interessati a scoprire l’area attraverso gastronomia, aurora boreale, invenzioni degli studenti di design industriale, il territorio e la popolazione Sami. Insomma vetrina sì, ma con una serie di basi che possano essere solamente la consacrazione di una realtà che della cultura ha fatto veramente il suo life-style, e che non ha dovuto pescare tra mille difficoltà per potersi preparare all’evento. Certo, si può tranquillamente obiettare che territori come la Svezia partono avvantaggiati su questo profilo, ma che dovrebbe farci riflettere su come avere “in casa” una Capitale della Cultura possa essere una vera occasione. E non per buttare soldi.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui