23 giugno 2018

Samurai e piccoli formati. Alessandra Redaelli ci parla del finale di stagione della Galleria Punto sull’Arte

 

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Continua fino al 4 agosto prossimo, la mostra “<20 15×15 / 20×20” presso la Galleria PUNTO SULL’ARTE di Varese. In mostra sono presenti 62 opere di piccolo formato – 15×15 cm e 20×20 cm – realizzate da 16 diversi artisti: Annalù, Gianluca Corona, Ottorino De Lucchi, Jernej Forbici, Claudia Giraudo, Loris Liberatori, Matteo Massagrande, Raffaele Minotto, Ernesto Morales, Nicola Nannini, Barbara Nejrotti, Giorgia Oldano, Paolo Quaresima, Vania Elettra Tam, Giorgio Tentolini e Giuseppe Veneziano. In contemporanea, in una delle sale della galleria, è ospitata la personale di Lara Martinato (Busto Arsizio, 1971) dal titolo “Samurai”. Ne abbiamo parlato con Alessandra Redaelli, una delle anime di questi progetti. 
Ci racconti in breve la collettiva “15×15/20×20”? 
«Questa è da cinque anni una tradizione della galleria. L’idea nasce dal desiderio di dare omogeneità alla collettiva di fine stagione, e si è concretizzata con la scelta di fornire agli artisti una serie di tele quadrate tutte uguali (delle sole due misure 15×15 e 20×20) sulle quali lavorare. Il risultato supera ogni volta le aspettative. Anche artisti abituati a confrontarsi con le grandi dimensioni si scoprono capaci di vere chicche da intenditori, e per il collezionista è un’occasione golosa per avere un pezzo particolare dell’artista che ama (o per acquistare ad un prezzo accessibile un grande nome). Sono fornite anche agli scultori, per i quali la mostra è una piccola sfida. Sempre vinta». 
In contemporanea, la galleria ospita anche la personale Samurai, di Lara Martinato. Ce ne parli? 
«Anche questa personale ospite della collettiva è oramai una tradizione. Lara Martinato ha una pittura intrigante, seduttiva, fortemente ancorata al passato e, tuttavia, vicina per suggestione anche alle avanguardie. La foglia d’oro ci riporta a un linguaggio mistico che va dall’icona alla pittura religiosa antica, ma il trattamento della materia (ruvida, grumosa, ottenuta grazie a stratificazioni di gesso e argilla) è quello dell’espressionismo astratto. E su tutto, la pennellata pulita, l’olio: figure a volte appena accennate, altre volte definite fino al dettaglio. La mostra Samurai, nasce dalle ricerche dell’artista sui temi dell’alchimia, delle filosofie antiche, della cultura militare giapponese. Le figure dei guerrieri e delle guerriere, gli elmi e i simboli appaiono e scompaiono dalla superficie del dipinto a seconda del cadere della luce, dando vita a una favola leggera e profonda». 
Due mostre che sembrano dare spazio soprattutto a un linguaggio pittorico, di figurazione. Quali sono il senso e l’attualità di questa ricerca nel contemporaneo? Anche pensando al dibattito che spesso nasce intorno a un tipo di linguaggio da qualcuno considerato passatista e mero esercizio di stile. 
«Pur lavorando anche con la scultura – e quindi non limitandosi al linguaggio pittorico – la filosofia della galleria è sempre stata quella di privilegiare un’arte di tradizione. Quella che Aude de Kerros, nel suo saggio “L’art caché”, definisce sinteticamente come “grand art”. Personalmente credo che l’ispirazione alla tradizione e al saper fare rappresentino oggi il futuro. Come ho cercato di spiegare nel mio ultimo libro (“10 cose da sapere sull’arte contemporanea”, Newton Compton Editori), a fronte di un concettuale imprescindibile e prezioso per noi, molta parte della ricerca più nuova sta rielaborando i temi di oggi attraverso gli strumenti della grande storia dell’arte. Riavvicinandosi in questo modo anche al pubblico». (Cesare Biasini Selvaggi)

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