02 febbraio 2007

exibinterviste – la giovane arte Federico Maddalozzo

 
Osservazioni sui colori, alla Wittgenstein. Direttamente a parete. Perché anche l’iride ha i suoi interstizi. Le prime mostre che contano e i consigli degli amici artisti. L’esempio dei grandi maestri e l’attrazione per le fredde città del nord…

di

Artista si scrive con la maiuscola?
Sì. Ma è anche un percorso, fatto di piccoli passi.

Poi che succede?
Un bel giorno realizzi che non stai più giocando. E a quel punto ti propongono delle mostre fuori dell’ambito “accademico”.

Ovvero?
La prima grande collettiva è stata Spazio Aperto al disegno alla GAM di Bologna. Da quel momento ho iniziato a lavorare seriamente, partecipando ai concorsi e tutto il resto.

Il tuo è un lavoro molto “cittadino”. O sbaglio?
Per la mia ricerca trovo veramente stimolanti le città nordiche. Ogni tanto faccio dei viaggi, documento tutto e poi ci lavoro su. Il mio studio si sposta con me: mi bastano una parete, il mio portatile e una macchina fotografica. Al momento mi trovo a Berlino. Penso che sia la città ideale. Se vuoi produrre te ne stai per i fatti tuoi, se vuoi degli stimoli c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Quale la mostra di cui vai più orgoglioso?
Un codice, da Artericambi a Verona. Appena inaugurata. Credo sia una mostra importante, un passaggio fondamentale per la mia ricerca. E dire che fino all’ultimo momento il risultato dell’installazione riuscivo appena ad immaginarlo! Non posso però dimenticare Lavori in corso, alla galleria comunale di Monfalcone. Una mostra sofferta, un duro lavoro. In uno spazio espositivo bellissimo.
Federico Maddalozzo, Maybe #02 (RAL 6019), 2006, smalto su alluminio, 2 pezzi 9x12 cm
La tua formazione?
Ho frequentato l’Istituto d’arte a Pordenone. Poi l’Accademia di Belle Arti a Bologna, un’esperienza Erasmus in Olanda (negativa ma utilissima, a lungo termine, per la mia ricerca) e il corso superiore di Arti visive della Fondazione Ratti.

Due parole, a questo punto, sul tuo lavoro?
Le interpretazioni mi piace leggerle dalla critica. Io putroppo il lavoro ce l’ho nella testa, lo sento nascere e mi riesce difficile pensare che vada anche spiegato.

Almeno aiutala, la critica: a chi hai guardato con più interesse?
Inizialmente alla fotografia tedesca, ai Becher e ai loro allievi. Poi al minimalismo: Donald Judd lo guardo per ore, e sempre con più entusiasmo. Poi direi Liam Gillik e Olafur Eliasson. E Jimmie Durham. E’ bellissimo vedere un lavoro e pensare “vorrei averlo fatto io”. In quell’istante mi piacerebbe poter essere un collezionista!

Stakanovista o dispersivo?
Direi stakanovista. Sono il tipo che pensa sempre e continuamente a nuovi lavori, anche quando dovrebbe e vorrebbe fare altro.
Federico Maddalozzo, Pantone 332 vs. Pantone 485, 2006, stampa lambda su alluminio dibond e plexiglass, 7,5x10 cm ciascuna
E la politica la segui?
La politica italiana mi demoralizza. Preferisco avere delle idee genuine nei confronti del mondo, forse utopistiche. A quel punto mi sento “riot”, e inutile. Mi piace pensare che l’artista se ne stia in disparte, o che affronti l’argomento politica in modo sottile.

Una persona che vuoi ringraziare?
Gli amici/artisti con cui posso discutere, quelli che si immedesimano nel mio lavoro dandomi consigli veramente preziosi. Michela Bazzana, Eva Comuzzi, Andrea Nacciarriti, mio padre. Sono queste le persone cui devo molto. Si immedesimano nel mio lavoro dandomi consigli veramente preziosi… E aiuti pratici!

E coi galleristi come procede?
Bene, anche perché altrimenti non riuscirei a lavorarci insieme. C’è molto entusiasmo e tanta disponibilità nei miei confronti.

Fammi due nomi: un artista pronto per la scena internazionale e uno sopravvalutato…
Credo che Andrea Galvani sia pronto per la scena internazionale. I sopravvalutati? Un falso problema, secondo me crollano da soli.

exibinterviste – la giovane arte è un progetto a cura di pericle guaglianone

bio: Federico Maddalozzo è nato a S. Vito al Tagliamento (PN) nel 1978; vive a Bologna. Personali: Un codice, Arte Ricambi, Verona (2006); Lavori in corso, Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Monfalcone (2004). Tra le collettive: Rubik, Galleria Studio G7, Bologna; Tende a infinito, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2006); Uscita Pistoia, SpazioA Contemporanearte, Pistoia; Tracce di un Seminario c/o Via Farini, Milano (2005); Borsisti dell’87^ Collettiva, Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia; Surely we will be confused, Fondazione Ratti, Como; Zilch, Arte e Ricambi, Verona (2004); LAB.03 c/o Via Farini, Milano (2003). Progetti speciali: Maybe, Villa Manin, Passariano (UD) (2006).

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