02 marzo 2007

exibinterviste – la giovane arte Ph. On

 
Quindicimila autoritratti che sciamano in pochi metri quadri. Radure rosa confetto e peli affatto superflui. Interventi minimi e tutt’altro che minimali. Ecco un tandem da seguire. Con un nome di quelli che scaldano...

di

Perché “Ph.On”?
Il Phon è un vento caldo e secco che soffia da ovest. Porta il sole e alza di colpo le temperature fino a trenta gradi. Lo chiamano “il mangianeve”. In alcuni paesi (in Svizzera) si pensa addirittura che un aumento di crimini sia legato direttamente all’arrivo di questo particolare vento.

Una roba mica da ridere…
Ma il phon è anche un elettrodomestico: una produzione di calore privata, casalinga, assordante, nevrotica come lo sono i bigodini. E’ più di un elettrodomestico: è l’azione narcisistica di rimanere isolati di fronte allo specchio. Asciugarsi i capelli è un pretesto per osservarsi.

E quel punto, tra “ph” e “on”?
Il punto divisorio definisce un’ulteriore lettura. Il ph è la quantità di ioni di idrogeno presenti sulla pelle: in una situazione normale, cioè “acida”, il ph garantisce un ambiente non adatto alla sopravvivenza di microorganismi patogeni. Un ambiente edulcorato, iperbarico. Una protezione. In più, “on” è il contrario di “off”.

Da quando insieme?
Artisti lo siamo sempre stati. Ammirati entrambi fin da cuccioli, sia a scuola che a casa. Siamo arrivati fino al 2001 come due piccoli palloni aerostatici. Poi abbiamo iniziato a sviluppare i progetti insieme.
Ph.On, Super. Microstickers e vernice perlata specchiante, 2006, particolare dell’installazione
Poi l’arte diventa davvero qualcos’altro?
In effetti no, si tratta sempre di concludere qualcosa e di mostrarlo. E di vedere l’effetto che fa, come quando si correva a mostrare il disegnino a mamma. Il desiderio è di offrire il lavoro sempre a più persone. Sempre di più.

Un’immagine secca per sintetizzare il vostro lavoro?
Un centro IKEA totalmente carbonizzato.

Il vostro pantheon di riferimento?
Aphex Twin, David Lynch, Enzo Jannacci, Madonna, Mario Schifano, Raffaello Sanzio, Totò. Gente così.

Qualcuno da ringraziare?
Sicuramente Lorenzo Benedetti. È la persona che ha meglio compreso e saputo usare il nostro lavoro. Poi Mario Pieroni, Dora Stiefelmeier e la loro mitica Zerynthia.

Come dev’essere il rapporto artista-galleria?
La galleria deve assicurare visibilità e nel contempo stimolare la creatività a livello sia produttivo che qualitativo. L’Union ci permette di sviluppare i progetti in estrema libertà. Grazie all’intraprendenza di Sabrina Nucci e Giorgia Terrinoni. E all’intuito e all’ esperienza di Franco Nucci.
Ph.On, Camomillasong, veduta dell’installazione, 2007
Pronti ad essere vivisezionati dalla critica?
Certo. La critica deve fornire uno spettro interpretativo il più ampio possibile. Si parla tanto di opera aperta… Non saremo certo noi a chiuderla!

Com’è il vostro studio?
È un cubo di trenta metri quadri, a poche centinaia di metri da San Pietro, all’interno del parco Piccolomini. Un luogo particolare, vicino alla frenesia turistica ed al mormorio antico del Vaticano ma anche totalmente isolato. Ci sono solo botteghe artigianali. Il parco, verdissimo, ci fa sentire come in campagna. Ecco, questo quotidiano passaggio dalla geometria urbana al parco ci fa impazzire, ci rende tremendamente instabili.

Pregi e difetti di Dario D’Aronco e Roberto Gammone…
Il nostro peggior difetto è comprare le riviste d’arte e guardare solo le figure. Il pregio è di non affezionarci ai lavori. Anzi. Quando si smontano o partono per una mostra facciamo un respiro di sollievo. Tanto meglio quando passano nelle mani di un buon collezionista.

E a prescindere dall’arte?
Stiamo sempre a pensare. Pensiamo talmente tanto che non ci rendiamo conto di risultare un po’ misantropi. In compenso amiamo gli animali e la natura.

exibinterviste – la giovane arte è un progetto a cura di pericle guaglianone

bio: Dario D’Aronco (Latina, 1980) e Roberto Gammone (Roma, 1979) vivono a Roma. Personali: Super, L’Union, Roma (2006); WHO?, Caffe’ S. Lucia, Roma (2004). Tra le collettive: Spazi incorretti, Fondazione Pastificio Cerere, Roma; WAZZUP?, Fotogalerie Wien, Vienna; 6 in a room, Temple gallery, Temple university, Roma; Rome film festival, Fondazione pastificio Cerere, Roma (2006); micropaesaggi/mikrolandschaften, Istituto di Cultura Austriaca (2005); Frammenti 04, Villa Sciarra, Frascati (2004).

[exibart]



3 Commenti

  1. “Quando si smontano o partono per una mostra facciamo un respiro di sollievo”.
    Ma dove vanno questi lavori al MOma o al Guggenheim di N.Y.?

  2. seguo il vostro lavoro da un po’ di tempo, lo trovo estremamente interessante.
    Complimenti, complimenti, complimenti!

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