20 aprile 2005

fiere_resoconto Flash Art Show Milano, Ata Hotel Executive

 
Nelle intenzioni del direttore Politi doveva essere l’evento di apertura della primavera milanese. Invece ancora un po’ e uscivano gli zampognari. Poco male, in casa meneghina lo Show di Flash Art funziona meglio che a Bologna...

di

Pur nei limiti della location alberghiera, che per la verità ha un po’ stufato, la scelta della struttura è stata stavolta felice. Congestione degli ascensori e crisi di claustrofobia sono state infatti scongiurate concentrando la fiera su un solo piano e in stanze più luminose.
Se la qualità non cresce, qualche novità intrigante in più stavolta c’è. Forse il progetto itinerante di Flash Art potrebbe trovare una sua ragion d’essere se si dotasse di una mission chiara. Ad esempio paga l’idea di favorire gallerie ed artisti emergenti dall’estero. Magari intercedendo con gli artisti italici accasatisi extra moenia, che qualche obolo alla rivista lo devono, affinché coinvolgano i propri galleristi. Magari offrendo la partecipazione aggratis alle gallerie americane. Che se ne vantavano pure…
Un po’ di selezione rigorosa anche per l’Italia non guasterebbe, se non altro per sgravare l’evento dalla zavorra dei troppi caciottari disposti di buon grado a pagarsi la passerella a fianco di più blasonati colleghi.
Dunque gli stranieri. Bene le americane Boreas (Brooklyn, NY), con i lavori del nostro sfasciacarrozze Federico Solmi, e Luxe (NY) con il rocker Nicola Verlato. Qualche euro lo punteremo sulla carriera della videomaker norvegese Trine Nedraas: tra Just, Graham e Vezzoli, nei suoi video la tensione, la malinconia e il silenzio dell’incomunicabilità e della solitudine.
Flash Art Fair, Antonio De Pascale
Buoni gli storyboard di Martin McMurray da Jack the Pelican (NY), come pure i disegni surreali di John Jodzio, ma c’è anche la straziante lotta della moto incatenata del video Bull.
Tra Jonathan Monk e Wim Delvoye, da Moet Bekart si segnala anche una nota installazione dell’irish Caroline McCarthy, riflessione sul packaging e il design sullo stile sottrattivo di Thomas Demand.
Space Gallery Priestor di Bratislava si mostra con Marko Blazo, la praghese Display con i divertenti abiti Cat Killers di Vladimir Skrepl; e Cable Studios (UK) porta in trasferta il suo laboratorio per giovani writers, che si dilettano a creare sotto gli occhi del pubblico.
La bandiera milanese l’hanno tenuta alta, nell’ordine: Zero, con un unico ma ottimo video di Tue Greenfort che rinchiude i curatori e li costringe ad ingegnarsi per evadere; The Flat, che accoglie con il cagnotto di La Vaccara e l’Uomo Ragno di Mastrovito; Marella, con le raffinate foto del cinese di turno, Wang Ningde; Mudima, che annuncia la personale di Francesca Woodman nella filiale berlinese; infine il Gabriele Picco a tutto tondo da Curti & Gambuzzi, che però si svilisce nell’arredamento trash. C’è anche una new entry: la galleria Federico Luger inaugurerà sotto Miart (nella sezione ‘nuovi spazi’ del prossimo Exibart.onpaper la presentazione di rito) e punta ad agire fuori dagli schemi, con un occhio alla scena latino-americana.
Flash Art Fair, The Bull
Qui i disegni di Diango Hernandez (sarà in Biennale) e un ottimo progetto fotografico sul paesaggio di Luis Molina Pantin. Premiati da vendite soddisfacenti.
La torinese In Arco punta sui mignon di Arienti, Cingolani, Halley, Campanini, la concittadina Vitamin su Arzuffi, Marco Maggi e l’indiana Chitra Ganesh, che merita di essere rivista. Le due padovane fanno il loro lavorando sullo spazio. Lo fa Estro disseminando gerani e lavori sul tema di Elena Arzuffi e Roberta Iachini; lo fa Perugi, invadendo la stanza con gli shopper di Antonio De Pascale, che promuove viaggi tra le macerie, e spargendo divertenti Minerva dipinti di Laurina Paperina nel bagno.
A proposito di interventi dello spazio. Semplice ma efficace la coperta disegnata da Alex Pinna per la modenese San Salvatore (Insomnia), sguaiato il berlusca di Tossi, meglio le radiografie di Benedetta Bonichi, in qualche modo in linea con i raggi X che perlustrano le valigie di Luca Lumaca per Condotto 9.
Poco da segnalare tra i progetti curatoriali. Una nota la spendiamo per Refresh di Ivan Quaroni, che in hotel piazza solo una specie di bus stop per la Civica di Seregno dov’è allestita la mostra, ma la collettiva a quattro è bene assortita, con fiori transgenici di Carla Mattii e bestie mutanti per Daniele Girardi da un lato, l’arte domestica pay per view di Davide Coltro e le opere da spiare di Andrea Bianconi dall’altro. E magari contentiamo anche la discussa colazione coi biscotti di Adalberto Abbate di Alessandro Riva, per l’arte di Michelasso: mangiare, bere e andare a spasso.

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[exibart]

10 Commenti

  1. E’ un’indecenza, mandiamolo a casa!
    Basta evitare di comprare la rivista per qualche tempo e il gioco è fatto.

  2. Evviva Politi! Evviva il suo show!!
    se non ci fosse, non si avrebbe la possibilità di sfoderare tanta ironia creativa in una recensione…
    ahahahahahahahahhaah

  3. Sono assolutamente daccordo!!!!
    Basta! Ma leggete le lettere al direttore del suo giornale?
    E’ qualcosa di imbarazzante! Ma chi pensa di essere? Caro Politi, ma Lei è veramente contento della riuscita di queste simil fiere?
    Forse le sue tasche……si!
    Kapo

  4. Non è più il bel politone di una volta, adesso sembra un polipone, goffo e pappone.

    concordo con mario, per il suo bene è necessario tagliargli la paghetta: no all’acquisto di flash art!

  5. Vi trovo paradossali, tutti a scrivere on line su di una rivista come Exib Art che relega i suoi utenti in un forum che non diventa mai cartaceo, perché ON PAPER si fanno altri affari che non sono telematici.
    Tutti in coro a dare addosso a Politi che nella sua ingenuità ha però il pregio di confrontarsi con tutti, chi ha la capacità di confrontarsi in maniera sana e pulita va tutelato, anche se dall’altro lato della barricata con la sua curiosità può aiutare a cambiare il mondo, solo che delle volte si trova più comodo ragionare in maniera utilitaria seguendo le logiche del branco, il Direttore Politi sarà anche arrogante e pretestuoso (io sono il primo a contestarlo) ma ha il coraggio di confrontarsi e concedere spazi all’interno del quale discutere con lui, Tonelli farebbe lo stesso su Exib Art ON PAPER?

  6. Io mi sono divertito da matti nella stanza di Pantaleone, nel complesso la manifestazione era di una noia mostruosa, ma da Pantaleone ci si divertiva, anche le opere esposte non erano male cheap and chic!! Bravissimi i Saccardi ed Abbate, bello il lavoro del giovane Cesaria!

  7. pesce mi fai pena!
    vai cianciando di rivoluzioni e marce zapatiste e poi te la fai con politi solo perchè ti ha degnato di uno sguardo.
    contestarlo educatamente in parentesi (quando vai buttando veleno su ogni cosa si muova), è semplicemente patetico.
    papà dovrebbe darti meno soldini affinchè tu possa veramente capire quanto è sporco il gioco di flash art!

  8. Siamo veramente al paradosso. Pesce a Fore vuole per forza fare l’alternativo e invece si dimostra assolutamente organico ad un sistema vivacchiante su punti di riferimento che sarebbero semplicemente ridicoli nei sistemi adiacenti. Cosa dovrei fare io? Confrontarmi con i lettori? Dedicare pagine e pagine del giornale a battibeccare –magari ripetendo per anni uno stesso concetto, tipo particella di sodio- di politica artistica da supermercato?
    E per adeguarmi a chi? Forse su Vogue succede qualcosa del genere? Forse Calabrese su Panorama dedica pagine e pagine del settimanale a scambiarsi opinioni con i lettori oppure pensa a fare un giornale credibile? Lo fa per caso Paolo Mieli sul Corriere della Sera? Succede qualcosa del genere su Dove, su Gulliver, su Vanity Fair, su Marie Claire, su Capital o su qualsiasi altra rivista professionale?
    Per carità, l’istituto delle ‘lettere al direttore’ esiste ed è esistito. Ma ormai chi segue gli orizzonti dell’editoria sa che la storica rubrica ha subito viraggi e cambiamenti. Si è resa più specifica (l’amore –con Natalia Aspesi- sul Venerdi di Repubblica, altrove la salute o l’economia o questioni di vita allargata come su D) e soprattutto si è allontanata dalla figura del direttore. E noi, i lettori più attenti lo sanno benissimo, questo già lo facciamo. Il nostro veicolo faceto per parlare di cose spesso serie è l’oroscopo che, curato da quel fior di astrocritico di Angelo Capasso, ha la sua brava sezione di lettere. Dunque assolutamente allineati agli altri.
    Per cui secondo voi dovrei inserire le famose lettere al direttore per adeguarmi a FlashArt. E qui sta l’equivoco. Vorrei chiarire una volta per tutte –poiché continuo a leggere frasi che non mi piacciono in questo commentario “Exibart ha preso il posto di Flashart”, “Exibart non faccia come FlashArt” e via dicendo…- che questa testata nei suoi canali web, carta, wireless e mail (presto radio!) non ha e non ha alcuna intenzione di avere rapporti di concorrenza con FlashArt o con qualsiasi altra cosiddetta ‘rivistadarte’. Se non capite questo semplice concetto non capite l’incredibile lavoro editoriale che stiamo facendo e le caratteristiche basilari di questo progetto.
    Exibart reputa francamente desolante il panorama delle rivistedarte (con qualche eccezione, come Il Giornale dell’Arte, che ha un senso ed un ruolo) e si sforza quotidianamente per non farne parte. Marcando le sue differenze in temi di:
    >contenuti (lo spettro è ampio, dai saggi al gossip, dalla musica elettronica al teatro e decine di altre cose)
    >distribuzione (senza bisogno di spiegare perché, trattasi rivoluzione per un giornale di cultura)
    >prezzo di copertina
    >formato (come le freepress internazionali, come il Village Voice o Urban)
    >pubblico raggiunto (infinitamente maggiore rispetto alla nicchia delle riviste d’arte, dunque solo in piccola parte sovrapponibile)
    >approccio giornalistico
    >aggiornamento (24h24h grazie al sito)
    >impatto comunicativo (la rivista si pone anche come guida, ad esempio segnalando –fatta esclusione la rubrica dejavu, che si chiama cosi non a caso- solo eventi in corso)
    >collusione con gli inserzionisti
    >concentrazione editoriale (impieghiamo le nostre energie a migliorare il giornale, non ad organizzare mostre, viaggi e fiere)
    >gestione del personale e dei collaboratori

    Dunque diversi in tutto. Somiglianze ci sono, per carità, ad esempio alcuni contenuti sono simili e, come detto, una parte dei lettori sono i soliti. Ma non è abbastanza, nel modo più assoluto, per assimilarci ad un settore in cui non ci riconosciamo. E’ come dire che Sale&Pepe è in concorrenza con Panorama soltanto perché quest’ultimo, di tanto in tanto, dedica delle pagine alla gastronomia. Per finire, altro punto in cui il progetto Exibart collima con il settore delle riviste d’arte è quello della raccolta pubblicitaria. I clienti sono all’incirca gli stessi. Ma anche questo è fatto contingente. Infatti presto i costi delle inserzioni su Exibart.com e su Exibart.onpaper saranno –come succede per tutte le altre testate cui facciamo riferimento- troppo alte per il settore dell’arte. E così ci differenzieremo anche lì. Vendendo spazi pubblicitari a rasoi elettrici, griffe di moda, deodoranti e salumi confezionati. E magari solo qualche grande museo o iper galleria. Come tutte le testate professionali. E dunque ci differenzieremo anche li.
    Spero di avervi dato elementi affinché non fraintendiate più il nostro lavoro.

  9. finalmente è stato ammesso, indiscutibilmente.
    exibart è un’operazione editoriale, punto e basta.
    a prescindere dai contenuti! e che si parli di arti visive, forse, è solo un caso.

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