21 febbraio 2013

ILLUSTRATED SONGS La gloria ridicola e perfetta dell’anonimato

 
Nel videoclip del suo nuovo singolo, Doing My Time, l'artista londinese Pale scompare. E lega segni ed immagini ad una logica diversa di cui chi guarda deve rintracciare il senso

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Il senso di riconoscibilità da parte degli autori è sempre stato molto forte in campo artistico: talvolta, addirittura, la fama dell’autore è riuscita a sovrastare le sue opere. Se da un lato questo ha permesso un forte dibattito sul tema della “maschera e del volto”, arrivando all’estremizzazione dell’intera vita dell’artista come opera d’arte, i casi di autori anonimi sono moltiplicati notevolmente. Il fenomeno del graffitismo, con i “tag” ad indicare nomi, segni e firme senza mai conoscerne la paternità, ha dato vita ad un effetto in cui l’anonimato non diventa necessario, ma necessitato. Per attrarre.

Lo stesso fenomeno si è diffuso anche nel campo musicale, generando una serie di artisti di cui non si conosce molto, se non la loro musica. Pale è un artista londinese, quasi sicuramente un produttore, che si è da poco affacciato al panorama musicale in forma anonima. Gli unici messaggi che ha diffuso (via Internet) riguardano il suo progetto musicale. Pale è un progetto di intimità. Pale perchè “sono stato in casa per mesi con la persona che amo”. Pale perchè sei stufo di pensare a nessun altro che lei. Nella routine la tua mente è concentrata solo su una cosa, su una persona. Pale, ossia pallido.

L’artista per ora ha pubblicato solo due canzoni a suo nome. Entrambe non sarebbero esistite senza i The XX, la band più influente in Inghilterra per la sobrietà (musicale), l’uso della voce sommessa e le linee di chitarra inondate di riverbero. Tutte caratteristiche che rispecchiano il concetto di “intimità”. Un’intimità, va detto, che non è presa in prestito dai suoi predecessori. Pale è unico nel suo suono.

Per il videoclip del primo singolo, Too Much, Pale si era affidato al regista Jesse John Jenkins, che aveva diretto alcuni video per The Vaccines (rock band alternativa londinese) oltre a svariati spot commerciali. Jenkins ha realizzato una sequenza reverse in cui una donna viene ricoperta da una colata di pittura bianca. La dilatazione del tempo in un effetto “rallentato” crea l’illusione che sia il corpo a sciogliersi, piuttosto che la pittura a colare. Il corpo sembra quasi cera che si ricompone. È chiaro, in questo caso, il riferimento alla medesima sperimentazione che gli Hipgnosis avevano fatto con le copertine dei dischi di Peter Gabriel.

Il nuovo singolo, Doing My Time, è un brano semplice, melodico ma emozionalmente duro. Si arriva al punto in pochi secondi e il suo messaggio lascia uno strano sapore aspro. Il videoclip di questo brano è stato diretto da Joe Ridout e mostra un lavoro di gruppo nella composizione di un brano. Lo testimoniano la presenza di vari campionatori Roland e modelli di chitarra. I volti non sono riconoscibili e creano il dubbio che in realtà Pale non sia un artista, ma un duo o addirittura una band. L’elaborazione visiva si fa radicale con il risultato che le persone scompaiono virtualmente dal videoclip. Le immagini, sovraimposte da un effetto super8 vintage, si alternano a danze solitarie di ombre e a particolari dei corpi o degli oggetti presenti nella stanza.

Come per Pollock, questa danza dionisiaca celebra un potenziamento delle istanze vitali, ma anche un loro logoramento. Il lavoro sull’immagine, l’innesto del video sulla pellicola, la mescolanza di stili diversi creano uno stile onorico-comtemplativo, spezzato dall’aggressività delle riprese frenetiche e il montaggio vorticoso. L’accostamento, per quanto all’apparenza casuale, va interpretato secondo una logica “altra”, che lega i segni e le immagini: il video diventa un insieme di frammenti che lo spettatore collega e intercala con significazioni proprie. La “rappresentazione” di Rauschenberg rispetto al paesaggio urbano e la logica dei media si trasforma in un senso contemporaneo di sogno, in forma anonima. Pale progetta il perfetto suicidio, in cui uccide la propria identità. La annulla e trasmette, come scritto nella bandella di L’arte dell’inganno di Kevin Mitnick, una gloria ridicola e perfetta.

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 82. Te l’eri perso? Abbonati!

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