26 novembre 2012

Del piagnisteo istituzionale e altre storie

 
Del piagnisteo istituzionale e altre storie
di Marcello Carriero

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Nell’editoriale del numero 78 di Exibart on paper ricordo il legittimo dubbio di Adriana Polveroni riguardo l’interessamento interessato di chi ha potere nel promuovere (cito) «convegni di tono quasi movimentista come Cambia l’Italia». Innanzi alla gattopardesca riunione dei promotori del cambiamento dobbiamo fare i conti con due concezioni distanti e spesso inconciliabili del caso, che Adriana peraltro, citando Tullio de Mauro, pone a fianco del problema delle istituzioni. Le due concezioni sono quelle che vedono da un lato uno stato culturale alla Malraux e dall’altro la preoccupazione espressa dall’antropologo svedese Ulf Hannerz riguardo le intenzioni dello stato di proporre la cultura come categoria amministrativa, cambiando ciò che per natura è esperienza e interazione in formule e regole prescrivibili. Non curanti di questo problema non da poco, si continua a gestire la lista degli addetti culturali come se fosse l’unica certificazione di esistenza in vita della parola cultura, termine che diventa tragicomico quando si parla di contemporaneo.

Insomma, il sospetto che si vada verso un piagnisteo istituzionale è legittimo almeno quanto la certezza di essere stati rinchiusi nel ripostiglio dell’educazione civica, e gli effetti si vedono.

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